11 ottobre 1962: apertura del Concilio Vaticano II, l’evento di grazia del XX secolo

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Concilio Vaticano II

Discorso profetico di apertura, nella serata discorso alla Luna (“Cari figlioli”). Roma al centro del Mondo dopo la memorabile XVII Olimpiade del 1960. Costo del Concilio: 4 miliardi e mezzo di lire

Li abbiamo vissuti quegli anni, quello in particolare, nella fase adolescenziale della vita. Anni di sviluppo, di studio, di crescita fisica e intellettuale insieme, della speranza di pace per il Mondo. Quel 1962 riportava Roma al centro dopo la memorabile XVII Olimpiade del 1960.

Giovedì 11 ottobre, 60 anni fa, 2.500 Vescovi giunsero nella Capitale da ogni angolo della Terra (tutte le maggiori compagnie aeree mondiali avevano effettuato voli speciali per l’aeroporto internazionale “Leonardo da Vinci” di Fiumicino che in quei giorni aveva incrementato il traffico del 20%), a testimoniare l’impegno di rinnovamento e l’unità della Chiesa cattolica per partecipare al Concilio Vaticano II. Nella bimillenaria storia della Chiesa e, soprattutto dei concili, mai si erano visti tanti Vescovi insieme!

Il Concilio è la pietra di paragone, quella data un momento storico per la Chiesa, uno spartiacque. Infatti si parla di una Chiesa prima e dopo, «l’evento di grazia del XX secolo» come ebbe a definirlo Papa Giovanni Paolo II.

La Chiesa si apriva al Mondo, spalancava le finestre per far entrare aria nuova, lo spirito del Concilio

Il ricordo di un giornalista

Svidercoschi a bordo di un aereo Alitalia in uno dei 66 viaggi internazionali con Paolo VI e Giovanni Paolo II

«Incredibile, ma ricordo tutto, fin nei minimi particolari, di quell’11 ottobre, ci spiega uno dei più autorevoli giornalisti vaticanisti e scrittori del mondo della Chiesa, Gian Franco Svidercoschi. «Da giovane cronista dell’Ansa, ebbi la grande opportunità (e fortuna) di vedere tutto, di raccontare tutto. Quella straordinaria teoria di vescovi, 2.500, che attraversavano piazza San Pietro, segno visibile di una Chiesa finalmente universale. Dentro la basilica, re e governanti ora semplici invitati, e non più, come gli imperatori del passato, “manovratoridi una Chiesa in balia del potere temporale. I rappresentanti delle altre Chiese, non più scismatici ma compagni di viaggio».

«E lo stupendo discorso di Giovanni XXIII: le critiche ai profeti di sventura; la medicina della misericordia, rispetto a un passato di condanne; la distinzione tra il deposito della fede e il suo rivestimento. Un discorso veramente coraggioso. E poi – appena lo ricordo, sento un brivido lungo la schiena – il discorso alla luna della sera, alla gente arrivata in piazza San Pietro. Una Chiesa che, attraverso il Papa, ricominciava a usare il linguaggio quotidiano del popolo».

Una giornata da ricordare quell’11 ottobre 1962 con il Papabuono” che entra nella Basilica sulla sedia gestatoria rivestito del manto prezioso e della mitra, preceduto da Vescovi e Arcivescovi, Primati e Patriarchi, Cardinali. Il Papa era visibilmente commosso per tanta partecipazione, per tanta condivisione, per tanto affetto verso la sua persona.

Giovanni XXIII

Concilio Vaticano II«Quanto all’origine e alla causa del grande avvenimento per il quale ci è piaciuto adunarvi, è sufficiente riportare ancora una volta la testimonianza, certamente umile, ma che Noi possiamo attestare come sperimentata: la prima volta abbiamo concepito questo Concilio nella mente quasi all’improvviso, e in seguito l’abbiamo comunicato con parole semplici davanti al Sacro Collegio dei Padri Cardinali in quel fausto 25 gennaio 1959, festa della Conversione di San Paolo, nella sua Patriarcale Basilica sulla via Ostiense», annuncia Giovanni XXIII nel suo discorso di apertura.

«Gli animi degli astanti furono subito repentinamente commossi, come se brillasse un raggio di luce soprannaturale, e tutti lo trasparirono soavemente sul volto e negli occhi. Nello stesso tempo si accese in tutto il Mondo un enorme interesse, e tutti gli uomini cominciarono ad attendere con impazienza la celebrazione del Concilio».

Il Papa “buono”, uscito dal Conclave del 1958, aveva aperto il XXI Concilio. «Nel presente momento storico, la Provvidenza ci sta conducendo a un nuovo ordine di rapporti umani, che, per opera degli uomini e per lo più al di là delle loro stesse aspettative, si volgono verso il compimento di disegni superiori e inattesi».

Un enunciato rimasto nella memoria

Nel discorso di apertura sono evidenti i suggerimenti del Papa per le linee guida da adottare nel corso dell’Assise conciliare, del Santo Padre che da lì a pochi mesi ci avrebbe lasciati (3 giugno 1963), facendo mancare la sua voce chiara e vibrante e il suo pensiero autorevole agli anni avvenire per il Vaticano II. Nell’apertura del secondo periodo del Concilio, Paolo VI il 29 settembre 1963 ricordò «quel discorso, che parve alla Chiesa e al Mondo voce profetica per il nostro secolo. Esso ancora echeggia nella nostra memoria e nella nostra coscienza per tracciare al Concilio il sentiero da percorrere».

Quel giorno non è memorabile soltanto per l’apertura del Concilio ecumenico, ma è contrassegnato da un altro evento storico: il discorso alla Luna a chiusura della giornata. Giovanni XXIII dalla finestra del terzo piano del Palazzo apostolico pronuncia, di fronte a una Piazza affollata di fedeli che con le loro fiaccole formano una Croce, un discorso che rimarrà tra i più celebri nella storia e non soltanto della Chiesa, con echi francescani (Cantico delle creature).

Quell’inizio paterno e fraterno, con quella voce suadente diffusa attraverso i microfoni che riecheggia nella piazza affollata, raggiunge tutti cuori lì e nel Mondo. Quel “Cari figlioli” è il dono della semplicità e della grandezza di un Papa, il cui pontificato è ritenuto di transizione per l’età avanzata, che con il Concilio Vaticano II aveva «chiuso un’epoca in cui la Chiesa era rimasta ferma nella formula “extra Ecclesiam nulla salus” e ne aprì un’altra con una visione di antico profeta, indicando che il suo futuro era soltanto nel dialogo con tutti gli uomini di buona volontà», spiega Svidercoschi.

Il discorso della Luna

«Cari figliuoli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del Mondo intero; qui tutto il Mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata, stasera osservatela in alto! – a guardare a questo spettacolo».  

«Noi chiudiamo una grande giornata di pace: “Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà“. Ripetiamo spesso questo augurio e quando possiamo dire che veramente il raggio, la dolcezza della pace del Signore ci unisce e ci prende, noi diciamo: “Ecco qui un saggio di quello che dovrebbe essere la vita, sempre, di tutti i secoli, e della vita che ci attende per l’eternità”(…). La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato Padre per la volontà di Nostro Signore, ma tutt’insieme: paternità e fraternità e grazia di Dio, tutto, tutto

«Continuiamo, dunque, a volerci bene, a volerci bene così, guardandoci così nell’incontro, cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte quellose c’è qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà (…). Stamattina è stato uno spettacolo che neppure la Basilica di San Pietro, che ha quattro secoli di storia, non ha mai potuto contemplare».

«Apparteniamo quindi a un’epoca nella quale siamo sensibili alle voci dall’Alto. Vogliamo essere fedeli e stare secondo l’indirizzo che il Cristo benedetto ci ha fatto. Finisco, dandovi la benedizione. Accanto a me amo invitare la Madonna Santa e benedetta, di cui oggi ricordiamo il grande mistero (…) Ebbene, invocando Lei, alzando tutti insieme lo sguardo verso Gesù benedetto, il Figliol suo, ripensando a quello che è con voia quello che è nelle vostre famiglie, di gioia, di pace e anche, un poco, di tribolazione e di tristezza, la grande benedizione accoglietela di buon animo».

«Questa sera lo spettacolo offertomi è tale da restare ancora nella mia memoria, come resterà nella vostra. Facciamo onore alla impressione di questa sera. Che siano sempre i nostri sentimenti come ora li esprimiamo davanti al Cielo e davanti alla terra: fede, speranza, carità, amore di Dio, amore dei fratelli. E poi, tutti insieme, aiutati così nella santa pace del Signore, alle opere del bene

«Tornando a casa troverete i bambini; date una carezza ai vostri bambini e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete qualche lacrima da asciugare. Fate qualcosa, dite una parola buona. Il Papa è con noi specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezzaE poi, tutti insieme ci animiamo cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta. Continuare e riprendere il nostro cammino».

Nessun altro Concilio ha avuto così ampie proporzioni, tanta varietà di temi, tanta attenzione nel Mondo. Nel periodo 11 ottobre 1962 – 8 dicembre 1965 si sono svolte 168 Congregazioni generali e 10 sezioni pubbliche. Sono stati promulgati 16 documenti: 4 costituzionali, 9 decreti e 3 dichiarazioni.

Quanto è costato il Concilio?

A rispondere alla domanda è stato monsignor Luigi Sposito, del segretariato amministrativo del Concilio, che in un articolo pubblicato sul numero speciale dell’Osservatore della Domenica dedicato al Vaticano II (1966) ha scritto che il costo complessivo – comprese le fasi di preparazione – è stato di circa quattro miliardi e mezzo di lire.

Il Concilio Vaticano II ha preparato la Chiesa al passaggio dal secondo al terzo millennio dopo la nascita di Cristo.

I Papi del post Vaticano II che ruolo hanno svolto nell’applicazione dei dettami del Concilio? «Giovanni Paolo II, ancora oggi, viene accusato di aver affossato il Concilio, spiega Svidercoschi. «E invece non si tiene conto di ciò che lui ha fatto per attuarlo. Le encicliche sulla nuova immagine di Chiese, una Chiesa trinitaria, unita e molteplice. I mea culpa, per purificare la memoria di un millennio pieno di tradimenti del Vangelo da parte dei cristiani. Le prime volte in una sinagoga, in una moschea, per sottolineare il nuovo rapporto di Roma con le altre religioni. E, soprattutto, lo sviluppo delle tematiche della Gaudium et spes”: famiglia, giustizia, lavoro, guerra e pace».

«Benedetto XVI, chiaramente poco favorevole ai risultati del Concilio, ha comunque tentato di risolvere alcuni dei problemi insorti dopo le assise ecumeniche. Ma con il risultatosenza volerlodi acuire quei problemi. Come il discorso sulla continuità-discontinuità del Concilio rispetto al magistero precedente; oppure, per favorire la riconciliazione con i lefebvriani, la concessione della celebrazione della Messa di San Pio V, la Messa preconciliare».

«Francesco, anche con l’indizione del prossimo Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, sta compiendo sforzi immani per recuperare e rilanciare il progetto rinnovatore del Concilio. Come l’insistenza sulla Chiesa vista anzitutto nella dimensione di popolo di Dio, e non più monarchica, non più solo collegiale. Ma, proprio quest’opera di recupero del Vaticano II, sta scatenando la reazione dei gruppi conservatori, specialmente negli Stati Uniti. Quelli che il Papa chiama restaurazionisti”, e che hanno fatto del ritorno alla Messa in latino (benché annullata ora da Francesco) il loro cavallo di battaglia».

La Costituzione pastorale Gaudium et Spes del 7 dicembre 1965 è ancora attuale oppure ha bisogno di un aggiornamento?

«Evidente che, il Mondo di oggi, non è più quello di sessant’anni fa. E quindi, le tematiche della Gaudium et spes vanno riprese e aggiornate. Ma questo già si sta facendo, per fortuna. Come per la famiglia, con gli sviluppi che ci sono stati sia per la sessualità sia per le coppie divorziate e risposate. O come per la guerra, superando ormai definitivamente le distinzioni della Scolastica tra guerra giusta e ingiusta. Lo si è visto per l’invasione dell’Ucraina».

«Lo si è visto con un Papa che, forse anche modificando il suo pensiero rispetto all’inizio del conflitto, sostiene oggi con forza come ogni guerra sia ingiusta». Conclude con saggezza l’ottuagenario Gian Franco Svidercoschi, che il giorno del Concilio Vaticano II era un giovane ventiseienne redattore dell’Ansa. E nel prosieguo della sua attività di vaticanista avrebbe effettuato 66 viaggi apostolici nel Mondo: 9 con Paolo VI e 57 con Giovanni Paolo II.

 

Enzo Di Giacomo

Foto © L’Osservatore Romano, Svidercoschi

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Enzo Di Giacomo
Svolge attività giornalistica da molti anni. Ha lavorato presso Ufficio Stampa Alitalia e si è occupato anche di turismo. Collabora a diverse testate italiane di settore. E’ iscritto al GIST (Gruppo Italiano Stampa Turistica) ed è specializzato in turismo, enogastronomia, cultura, trasporto aereo. E’ stato Consigliere dell’Ordine Giornalisti Lazio e Consigliere Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Revisore dei Conti Ordine Giornalisti Lazio, Consiglio Disciplina Ordine Giornalisti Lazio

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