Addio all’ex segretario della Lega Nord, Roberto Maroni

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Lozza, Morto Roberto Maroni

Tutta la politica si stringe alla famiglia per il ricordo del politico, figura moderata del partito a cui diede vita insieme a Umberto Bossi

A Lozza, nel comune varesotto, si è spento nella notte Roberto Maroni uomo che aveva dedicato tutta la vita alla politica. Da due anni lottava con una malattia che lo ha portato a ritirarsi dalla politica attiva e a non candidarsi come sindaco di Varese.

La notizia

Ad annunciare la dipartita di Maroni è stato per primo il sindaco di Lozza, Giuseppe Licata, seguito dal messaggio diffuso dalla famiglia Maroni sulla sua pagina ufficiale: “Questa notte alle ore 4 il nostro caro Bobo ci ha lasciati. A chi gli chiedeva come stava, anche negli ultimi istanti, ha sempre risposto: “Bene”. Eri così Bobo, un inguaribile ottimista. Sei stato un grande marito, padre e amico. Chi è amato non conosce morte, perché l’amore è immortalità, o meglio, è sostanza divina. Ciao Bobo”.

La malattia

Il primo episodio avviene nel 2021, quando Roberto Maroni viene ricoverato d’urgenza presso l’ospedale di Varese a seguito di un malore improvviso mentre si trovava nella sua abitazione e che lo portò a svenire sbattendo la testa. Successivamente venne trasferito a Milano presso l’Istituto neurologico, dove si sottopose a un intervento chirurgico.

Riservatezza

Roberto MaroniPersonaggio riservato, non ha mai parlato apertamente della propria malattia, intervistato in merito alle condizioni di salute dal Corriere della Sera, affermò: «La mia malattia? È una cosa che non trascuro, facendo tutte le cure necessarie. Ho capito che tra le cose importanti non c’è la politica con la “p” minuscola». Nonostante il riserbo della stampa, come richiesto dalla famiglia, il quotidiano Libero ipotizzò che si trattasse di tumore al cervello.

Messaggi di cordoglio

Per l’accaduto tutta la politica ha lasciato da parte il proprio colore per stringersi intorno ai familiari. Emanuele Fiano, deputato Pd che lo aveva conosciuto personalmente lo ricorda come una persona dall’animo gentile e disponibile, sempre rispettoso delle opinioni diverse dalle sue “mi dispiace molto, riposi in pace, un abbraccio alla famiglia”. Per Antonio Tajani «un protagonista della politica italiana che ha ricoperto con grande senso dello Stato incarichi molto importanti. Difendendo sempre con coraggio le sue idee. Prego per la sua famiglia in questo momento di dolore. Riposi in pace».

Giorgia Meloni: «Un amico, un politico capace»

Il premier Giorgia Meloni lo ricorda come «Un amico, un politico intelligente e capace, un uomo che ha servito le istituzioni con buonsenso e concretezza. Il Governo esprime il suo cordoglio e la sua vicinanza alla famiglia e ai suoi cari in questo momento difficile. Una delle persone più capaci che abbia incontrato. Una persona che a questo Paese ha dato tanto».

L’ex presidente Berlusconi

Berlusconi affida a Instagram il ricordo di Roberto Maroni: “Un amico, più volte autorevole ministro dei miei Governi, già segretario della Lega Nord e valido governatore della Lombardia. Mancheranno la sua lucidità e la sua visione politica, il suo incommensurabile attaccamento alla Lombardia e alle Regioni del Nord produttivo. Mi stringo al dolore dei suoi cari e degli amici della Lega”.

Chi era Roberto Maroni

Nato a Varese il 15 marzo del 1955 frequenta il liceo classico Ernesto Cairoli dove conosce Emilia Macchi, figlia di uno dei fondatori dell’Aermacchi, sua futura moglie, ed entra in contatto con il professore marxista Cesare Revelli, che lo avvicinerà alla politica. Revelli non era solo un professore, ma anche un appassionato di politica, tra i fondatori della Cgil scuola nazionale e dirigente del Psiup (Partito socialista italiano di unità proletaria) varesino e successivamente di Rifondazione comunista. Questa conoscenza porterà il sedicenne Roberto Maroni a militare prima in un gruppo locale di stampo marxistaleninista e successivamente a entrare nella Democrazia Proletaria, partito di estrema sinistra.

La laurea e l’incontro con Bossi

Roberto MaroniConseguita la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano inizia a lavorare per diverse società, anche molto importanti come la Avon cosmetici, l’ufficio legale del Banco ambrosiano di Roberto Calvi. Nel 1979 farà un incontro che segnerà la svolta della sua carriera politica: conosce Umberto Bossi.

Comincia una solida collaborazione politica tra i due che fondano insieme la società editoriale Nord Ovest. Nel 1982 Bossi insieme a Pierangelo Brivio, Enrico Sogliano, Giuseppe Leoni, Manuela Marrone e Marino Moroni fonda il movimento politico Lega Lombarda e ne affida la gestione organizzativa a Maroni che entra nel Consiglio nazionale del movimento, dando un forte apporto alla causa tanto da diventare nel 1985 consigliere comunale a Varese. 

La Padania

Insieme a Bossi guida la svolta secessionista della Padania, motivo per cui viene indagato dalla Magistratura per vilipendio dell’unità nazionale. Il concetto di Padania è idealizzato per la prima volta dal primo presidente della Regione Emilia Romagna Guido Fanti che promuove l’idea di decentramento fiscale e amministrativo (“progetto Padania”), pur essendo contrario alla secessione. Dopo la crisi del Governo Berlusconi I e il passaggio della Lega a una politica dichiaratamente secessionista il termine Padania diventa di uso comune per la Lega Nord, tanto da cambiare il nome del partito stesso aggiungendo “per l’indipendenza della Padania”. La dichiarazione di indipendenza è ufficializzata a Venezia il 15 settembre del 1996 dove è proposta come simbolo del partito e della bandiera, il sole delle Alpi. Gilberto Onet, ideologo leghista e promotore originario del simbolo, lo immagina rosso, in linea con la tradizione alpina.

Un moderato

Definito da alcuni appartenenti al partito “grigio” per alcune sue posizioni moderate e piuttosto in contrasto con il “pugno di ferro” di Bossi, dà vita alla corrente del “Barbari sognanti”. Nonostante questo ha sempre una posizione di chiusura in merito alla questione migranti: diffida i comuni lombardi ad accoglierli, propone di sospendere l’accordo di Schengen e di attivare i blocchi navali e campi profughi in Libia. Le sue posizioni dure non riguardano esclusivamente i migranti. Infatti, nel 2008, suggerisce di schedare tutti i Rom prendendone le impronte digitali, compresi i bambini.

Carriera politica

Nella sua carriera politica ha ricoperto numerosi incarichi, come quello di vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro dell’Interno sotto il Governo Berlusconi I e Berlusconi IV. Quindi, diventa il primo politico non appartenente alla Democrazia Cristiana nella storia della Repubblica a ricoprire questo incarico. È stato anche ministro del Lavoro e delle politiche sociali per i Governi Berlusconi II e Berlusconi III e, più recentemente, presidente della Regione Lombardia.

Il passaggio da Bossi a Salvini 

Dopo lo scandalo Belsito che colpirà il tesoriere del partito Francesco Belsito, esponenti della Lega Nord e alcuni membri della famiglia Bossi, per l’utilizzo di finanziamenti pubblici illeciti per fini personali, il senatore si dimette e Maroni diventa segretario federale della Lega. Guida la transizione dal 2012 al 2013.

Dimissioni

Divenuto presidente della Lombardia, come aveva già preannunciato, si ritira dalla segreteria del partito e passa il testimone a Matteo Salvini, con cui non sempre ha avuto buoni rapporti. La Lega di Salvini era troppo distante dall’ideologia bossiana e maroniana. In particolar modo dopo il 10% preso alle elezioni.

Critiche

La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo condannò l’Italia quando Maroni era ministro dell’Interno, per aver respinto fuggiaschi libici, somali ed eritrei verso la Libia. Secondo la Corte il Belpaese avrebbe di fatto violato per ben due volte, l’articolo 3 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo che proibisce trattamenti inumani e degradanti, “perché i ricorrenti sono stati esposti al rischio di maltrattamenti in Libia e di rimpatrio in Somalia ed Eritrea”. Ci sarebbe inoltre la violazione dell’articolo 4 del protocollo 4, in merito a delle espulsioni collettive. A esporre denuncia presso il tribunale europeo dei diritti umani furono 24 persone tra somali ed eritrei dopo che le autorità italiane intercettarono il barcone sulle quali viaggiavano (200 in totale, tra cui donne e bambini) e li ricondussero in Libia a bordo di un’imbarcazione italiana.

Decreto Biondi

Il decreto prevedeva l’abolizione della custodia cautelare, atto che acconsentì a molti dei coinvolti in Tangentopoli di uscire di prigione e di proteggere alcune categorie economiche privilegiate. Nonostante fosse stato firmato dallo stesso Maroni e dal ministro di Grazia e Giustizia Alfredo Biondi, si giustificherà dichiarando di non aver capito il provvedimento e di essere stato imbrogliato. L’episodio portò alla caduta nel ’96 del Governo Berlusconi.

I fatti di via Bellerio

Il procuratore della Repubblica di Verona Guido Papalia aveva avviato delle indagini sulla Guardia nazionale padana accusata di essere una organizzazione dalle caratteristiche paramilitari, atta ad attentare all’unità dello Stato. Maroni e altri esponenti di partito si opposero alla perquisizione di casa di Corinto Marchini, capo delle “camice verdi”. A seguito di una seconda perquisizione con risvolti violenti lo stesso Roberto Maroni finì in ospedale.

A 67 anni ci lascia un politico che ha fatto la storia dell’Italia, un “sognatore” come amava spesso auto definirsi.

 

Gianfranco Cannarozzo

Foto© VanityFair, Wikipedia, Corriere, LaProvinciadiVarese

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Gianfranco Cannarozzo
Lettore appassionato si avvicina al mondo del giornalismo mentre lavora presso uno studio legale che si occupa di ADR (Alternative dispute resolution). Nei suoi pezzi ama parlare di varie tematiche spaziando dall'attualità alla storia, alla politica.

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