Irlanda: Accordo del Venerdì Santo, ben più di una ricorrenza

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ACCORDO

Occasione per ricordare quale sciagura è la guerra e quale dovere ha l’Occidente

L’Accordo di Belfast, meglio noto come Accordo del Venerdì Santo, venne siglato 25 anni fa. Dopo la sua firma tornò la pace nell’Irlanda del Nord, e tuttavia oggi vi sono ancora molte ferite aperte. Occorre fare al più presto ulteriore chiarezza, così da non dover più vedere per le strade quanti vogliono farsi ancora giustizia. Non è poi da sottovalutare il valore della visita del presidente Biden, giunto in Irlanda del Nord su esplicito invito di Rishi Sunak, in un momento che vede minacciati gli accordi commerciali postBrexit e registra alta la tensione politica nel Paese a causa del puntiglio degli unionisti.

Mr e Mrs Biden

All’inizio del viaggio taluni si sono chiesti se Biden e consorte avrebbero fatto politica o solamente calcato la scena secondo il cliché del presidente cattolico di origini irlandesi che ritorna alle sue radici. D’altro canto 23 dei 46 presidenti americani condividono la provenienza dal Paese di San Patrizio, e molti attendono il pellegrinaggio. Ebbene sì, c’è anche tanta politica, come racconta la dichiarazione fatta a Sunak: «Credo che l’istituzione democratica stabilita nell’Accordo del Venerdì Santo rimanga fondamentale per il futuro dell’Irlanda del Nord». Sgombra poi a stretto giro il campo da dubbi attraverso un tweet. “A volte, specialmente con la distanza della storia, dimentichiamo quanto sia stata duramente guadagnata la pace dell’Accordo di Belfast/Venerdì Santo. Ha spostato la gravità politica del nostro Mondo. Voglio che la gente dell’Irlanda del Nord sappia: siamo stati con voi in ogni fase del percorso. E lo siamo ancora”.

Ricordiamo con ciò che gli Stati Uniti sono stati, dopotutto, un attore chiave nei negoziati del Venerdì Santo.

Disordini

Le vicende del conflitto nordirlandese – spesso denominato anche nella stampa italiana “The Troubles” – riemergono ora più che mai vivide. Secondo i dati ufficiali, i paramilitari repubblicani furono responsabili del 60% delle vittime, i lealisti del 30% e le forze di sicurezza britanniche del 10%. Recenti ricerche, sono molti gli storici interessati al tema, riportano alla luce la storia dei colloqui segreti svoltisi tra Governo britannico e IRA (Irish Republican Army) negli anni precedenti la fine delle ostilità.

Se non vi fosse stato un canale di comunicazione preferenziale tra un agente del MI5 (Military Intelligence Section 5, ndr) e un uomo d’affari con veci di intermediario della “Città vergine”, questo il nome con cui in tanti chiamavano Derry, forse il conflitto non sarebbe mai finito. Robert McLaren e Brendan Duddy, però, seppero mettere a fattore comune la volontà di portare tutte le parti coinvolte attorno a un unico tavolo.

Ci volle tempo, e la costruzione faticosa di una relazione di fiducia reciproca. Le numerose morti dovevano essere spiegate, e raggiunti i mandanti e gli assassini di quegli anni rosso sangue che l’Irlanda non potrà dimenticare. Ne sono testimonianza le azioni di guerriglia che in queste giornate a ridosso della Pasqua portano atti vandalici e violenza proprio a Derry. La genesi di questi episodi potrebbe stare proprio in uno dei passaggi chiave nel testo dell’accordo, secondo cui la vera riconciliazione è possibile solo se la sofferenza delle vittime è adeguatamente riconosciuta.

Un passo cruciale

L’Accordo del Venerdì Santo pose fine a un conflitto che ha provocato più di 3.500 vittime tra il 1968 e il 1998. Dopo tre anni di ostilità si contavano già quasi 400 morti, e da allora si cercò di iniziare a trattare, ma senza successo. Si stima che un terzo della popolazione adulta dell’Irlanda del Nord sia stata direttamente colpita da lutti, lesioni fisiche o traumi. Gli avvicinamenti iniziarono nel 1990, anche se la prospettiva di una fine negoziata della campagna dell’IRA era stata esplorata per la prima volta più di un quarto di secolo prima, nel 1972.

Nel ‘90, dopo oltre vent’anni di conflitto e nel bel mezzo dei “Troubles”, Martin Mc Guinness dello Sinn Féin invitò pubblicamente il Governo britannico a riaprire un back-channel/canale (segreto) secondario utilizzato durante le precedenti fasi di contatto con l’IRA già negli anni ’70. Sottolineando che non c’era ormai nulla da perdere e conveniva iniziare a trattare per la pace. L’obiettivo era un cessate il fuoco dell’IRA seguito da negoziati politici. Vi erano molte resistenze allora, che oggi si ritiene siano durate i 30 anni del conflitto. Il pensiero ortodosso sosteneva difatti che l’IRA e il partito politico a loro associato, lo Sinn Féin, non sarebbe mai scesi a compromessi e che qualsiasi accordo avrebbe dovuto escluderli.

Da parte britannica solo il primo ministro John Major e una manciata di alti funzionari erano a conoscenza dell’iniziativa, vi era massima segretezza per non mandare a monte la difficile trattativa. Vi era però un vincolo, posto dai repubblicani: il Governo britannico doveva riconoscere il diritto del popolo irlandese a determinare il proprio futuro senza ostacoli o impedimenti“. Ma come poteva ciò essere in linea con il principio secondo cui l’Irlanda si sarebbe potuta riunificare solo se la maggioranza dell’Irlanda del Nord fosse stata d’accordo?

La storia nella storia

Il Governo britannico, agendo in condizioni di massima segretezza, accettò l’offerta di Mc Guinness l’anno successivo. All’inizio del 1993 i contatti segreti iniziati poco prima culminarono in un’offerta di cessate il fuoco dell’IRA giunta ai britannici attraverso il già citato canale secondario. Questi non accettarono di incontrarsi per i colloqui di pace, come atteso dai repubblicani e, dopo un periodo di accese recriminazioni, il quotidiano Observer fece uno scoop sulla vicenda.
Si pensò al peggio, certi che, da quel momento in poi, la situazione sarebbe drasticamente peggiorata. Invece, incredibilmente, l’immensa esposizione data alla notizia contribuì ad accelerare il movimento verso il dialogo.

John Chilcot, sottosegretario permanente presso l’Ufficio dell’Irlanda del Nord negli anni ’90 – ritenuto oggi il maggiore fautore del processo di pace da parte britannica – raccontò nel 2000 il grande senso di incertezza provocato dalla rivelazione del canale segreto, e quale il conseguente sollievo. Negli archivi si leggono le sue parole. “L’intera faccenda è giunta al culmine, credo, il lunedì successivo alle rivelazioni dell’Observer (…) non si sapeva se la Camera dei Comuni avrebbe chiesto la testa [del segretario di stato Patrick Mayhew] su un vassoio e forse anche quella di John Major, invece è successo il contrario”. Sembra di percepire una pausa, poi la ripresa. “L’intera Camera dei Comuni, o tutto ciò che contava, si alzò per dire «grazie a Dio». Questa è la cosa giusta da fare“.

Dopo poche settimane, nel 1993, i due Governi firmarono la Dichiarazione di Downing Street. Questa vedeva tra l’altro, e per la prima volta, il riconoscimento britannico del diritto all’autodeterminazione irlandese, sebbene soggetto all’accordo della maggioranza in Irlanda del Nord.

Basta conflitti

Nell’agosto 1994, l’IRA annunciò finalmente la fine della sua campagna. Ulteriori colpi di scena guastarono il clima prima dell’Accordo del Venerdì Santo, tanto da registrare un ritorno alla violenza nel 1996 prima che, finalmente, terminasse nel luglio 1997.

Accordo del Venerdì SantoNove mesi dopo, il 10 aprile 1998, l’Accordo di Belfast ottenne, dopo numerosi colloqui presieduti dall’inviato speciale degli Stati Uniti, George Mitchell, l’agognata firma. Il sigillo garantiva un posto al Governo a tutti i partiti che godevano di un significativo sostegno elettorale. Ivi compreso lo Sinn Féin. Aprì anche la strada a misure di risoluzione del conflitto volte a stabilizzare la pace, tra cui la riforma della polizia, la rimozione delle truppe dalle strade e il rilascio anticipato dei prigionieri paramilitari. Ancora adesso, però, le vittime devono affrontare l’eredità del conflitto. I diritti e le esigenze delle vittime, infatti, non sono poste al centro dei negoziati sull’Accordo del Venerdì Santo. Per questo è nell’accordo politico l’opportunità unica per affrontare gli orrori dei conflitti e delle violenze del passato.

E se oggi rappresenta la conquista dei Governi britannico e irlandese, di tutti i partiti politici dell’Irlanda del Nord, fatta eccezione per il DUP, e di attori esterni come l’allora presidente Usa, Bill Clinton, non sono però ancora sanate alcune questioni rilevanti, come i diritti e le esigenze delle vittime, che cercano ancora di poter un giorno trovare verità, giustizia, responsabilità e riconciliazione.

 

Chiara Francesca Caraffa

Foto © The Washington Post, AP News, Reuters

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Chiara Francesca Caraffa
Impegnata da sempre nel sociale, è Manager del Terzo Settore in Italia, ove ricopre ruoli istituzionali in differenti Organizzazioni Non Profit. Collabora con ETS in Europa e negli Stati Uniti, dove promuove iniziative per la diffusione della consapevolezza dei diritti della persona, con particolare attenzione all'ambito socio-sanitario. Insegna all'International School of Europe (Milan), dove cura il modulo di Educazione alla salute. Cultrice di Storia della Medicina e della Croce Rossa Internazionale ed esperta di antiquariato, ha pubblicato diversi volumi per Silvana Editoriale e per FrancoAngeli.

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