Strage di via Georgofili, 30 anni fa l’esplosione

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Strage di via Georgofili

Oltre alla grave perdita di un’intera famiglia ad essere irrimediabilmente danneggiato fu il patrimonio artistico-culturale di Firenze

27 maggio 1993, una forte esplosione sconvolge il centro di Firenze. In via dei Georgofili, all’una del mattino, persero la vita Angela Fiume e Fabrizio Nencioni, le figlie Nadia (9 anni) e Caterina (50 giorni). Morirono sotto le macerie causate dal crollo della Torre dei Pulci, sede dell’Accademia dei Georgofili, di cui erano custodi. Anche Dario Capolicchio fu colpito dalla stessa sorte, lo studente di 22 anni si trovava nel palazzo di fronte che andò a fuoco. 38 persone rimasero ferite. A determinare l’esplosione fu una miscela ad alto potenziale collocata all’interno di una vettura.

Nella zona subirono gravi danni numerosi edifici circostanti: la Chiesa dei Santi Stefano e Cecilia e il complesso artistico monumentale della Galleria degli Uffizi. 200 dipinti di grande valore furono distrutti mentre il 25% delle opere presenti in Galleria subì danni.

La mafia

I mandanti accertati dai successivi processi risultarono esponenti della mafia e le motivazioni si adducono all’avvenuta formale deliberazione di “una sorta di stato di guerra contro l’Italia”. Prevedevano l’attuazioni di precise strategie di tipo terroristico ed eversivo, che andava oltre i consueti metodi e le consuete finalità delle varie forme di criminalità organizzata. Con essa si intendeva “costringere lo Stato italiano praticamente alla resa davanti alla criminalità mafiosa“.

Le sentenze hanno ricordato che dopo i fatti del 1992, che avevano determinato la morte dei magistrati Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e delle persone della scorta – lo Stato aveva reagito elaborando normative penitenziarie di rigore a carico degli esponenti di mafia (il noto art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario) e normative di favore per quegli esponenti della criminalità organizzata che decidevano di collaborare con gli organi di polizia o giudiziari. Si trattò, come si legge nelle sentenze, “di una svolta nell’atteggiamento statale, che servì a intaccare la presunzione di onnipotenza e di libertà” dei capi di mafia. Da qui, la scelta di tentare di “ammorbidire” lo Stato minacciando i suoi organi che, “perseverando nella linea dura intrapresa, avrebbero provocato al Paese lutti e distruzioni a non finire”.

Ucciso un giudice questi viene sostituito, ucciso un poliziotto avviene la stessa cosa, ma distrutta la Torre di Pisa veniva distrutta una cosa insostituibile con incalcolabili danni per lo Stato“. Queste erano le motivazioni che indussero la mafia agli attentati che non si fermarono alla Strage di via Georgofili: Padiglione di Arte contemporanea di via Palestro a Milano, il 27 luglio 1993, e, il giorno successivo, 28 luglio, a distanza di cinque minuti tra loro, gli attentati ai danni della Basilica di San Giovanni in Laterano e della chiesa di San Giorgio al Velabro a Roma. Gli ultimi due non provocarono morti ma 20 persone rimasero ferite, e gli edifici e luoghi di culto furono danneggiati.

Il ricordo

Dall’Arengario di Palazzo Vecchio, ieri notte, un corteo silenzioso si è diretto alla volta di via dei Georgofili. Alla testa i gonfaloni del Comune, della Regione e della Città metropolitana che, assieme ai labari delle associazioni di volontariato, hanno scortato una corona d’alloro deposta sul luogo dell’attentato alle 1.04.

Da giovedì 25 sul piazzale degli Uffizi, campeggia una teca con i resti dellaQuarto Savona Quindici” di Giovanni Falcone in memoria delle stragi di mafia. Nel pomeriggio l’auditorium del Palazzo di giustizia di Firenze ospiterà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nella cerimonia di commemorazione della Strage di via dei Georgofili. Atteso anche l’intervento della presidente della Corte costituzionale Silvana Sciarra. Del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Fabio Pinelli Edil. Della prima presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano.

Niente potrà mai colmare le perdite

«Il 16 gennaio abbiamo assicurato alla giustizia l’ultimo dei latitanti stragisti corleonesi (Matteo Messina Denaro, ndr). Quindi abbiamo in parte saldato il debito che avevamo nei confronti della collettività, delle vittime e dei familiari che continuano ancora oggi a soffrire», ha affermato il colonnello dei Ros dei Carabinieri Lucio Arcidiacono.

Ma per i familiari non sarà mai così. «Per quanto siano stati perseguiti e condannati i mafiosi, noi riteniamo che ci sia ancora da approfondire la verità».

«Né il tempo trascorso da allora, né la verità giudiziaria sono riusciti minimamente a lenire il nostro dolore» Strage di via Georgofiliha dichiarato Luigi Dainelli, che presiede l’associazione dei familiari delle vittime di via dei Georgofili. «C’è ben poco da festeggiare su Messina denaro. Preso dopo trent’anni di latitanza e non ha rivelato niente di quello che sa sui mandanti esterni e sull’archivio segreto di Riina. Viene il dubbio di un arresto concordato e l’abbiano preso proprio perché ha promesso di non parlare. Messina Denaro non merita alcun sentimento da parte nostra, neanche l’odio. Soltanto indifferenza».

«Secondo la Cassazione la trattativa Stato-mafia non c’è stata ma ci sono altre cinque sentenze che affermano il contrario. È un fatto che senza quella trattativa non ci sarebbero state neanche le stragi di Firenze e di Milano. E in fondo furono i magistrati dell’epoca a dire che dietro quegli attentati c’erano “menti raffinatissime”», sottolinea Dainelli

Un luogo della memoria

L’area della strage, oggi, è un luogo per ricordare. All’angolo tra via Lambertesca e via dei Georgofili, di fronte all’ingresso dell’Accademia, è collocato “L’albero della pace”. Si tratta di una grande scultura in bronzo che raffigura una pianta di olivo. I fiorentini che ogni giorno ci passano si soffermano con rispetto, in ricordo delle vittime.

Ad essere colpita fu un’area di dodici ettari e molti edifici, fra cui Palazzo Vecchio e il Museo diocesano di Santo Stefano al Ponte. I danni al complesso artistico-monumentale degli Uffizi furono gravissimi. Rimasero danneggiate le strutture murarie della Galleria, i collegamenti verticali, le scale, i lucernari, i soffitti e i tetti. Completamente distrutti due dipinti del pittore caravaggesco Bartolomeo Manfredi e uno di Gherardo delle Notti. Ma ne rimasero danneggiati altri duecento, oltre a decine di pezzi archeologici e statue di grandi dimensioni.

I restauri

Alla strage è seguita una campagna di restauri durata venticinque anni. L’ultimo quadro recuperato, “Il giocatore di carte” di Bartolomeo Manfredi, presentato cinque anni fa dall’attuale direttore Eike Schmidt come simbolo della rinascita del museo. In questi giorni, in alcune sale appositamente inaugurate al piano terra, gli Uffizi ripropongono la mostra Risarcimento. Una sessantina di opere contemporanee donate da decine di artisti di fama internazionale al fine dirisarcire il patrimonio artistico.

 

Ginevra Larosa

Foto © Toscana notizie, ministero degli Interni, Controradio, Comune di Firenze

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