I modelli cinematografici incontrano la letteratura

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Il Gattopardo

Dal Gattopardo ai Malavoglia il cinema si eguaglia ai capolavori letterari

Il rapporto fra cinema e letteratura ha avuto sempre una proficua corrispondenza. Prendiamo due esempi “Il Gattopardo” film di Luchino Visconti, l’omonimo romanzo di Tomasi da Lampedusa e poi la tradizione letteraria verista e quella cinematografica.

Il Gattopardo

Emilio Cecchi nel capitolo del libro “Dal romanzo al film“, svolge una profonda riflessione su “Il Gattopardo” di Luchino Visconti. Il film ancora non era stato presentato nelle sale cinematografiche. Siamo in un periodo in cui predominava, e spesso a ragione, un purismo letterario che aveva forti pregiudizio nei confronti della realizzazione di film. Però, la prima osservazione di Cecchi tradotta in pittura nei secoli, fu ispirata da motivi testamentari dai poemi dell’ antichità classica e dai Vangeli. Insomma l’elemento verbale influiva su quello visivo.

Scrive Cecchi: “il caso del “Il Gattopardo” è significativo a tal riguardo, in quanto Visconti trasmise nel romanzo spunti e situazioni specificatamente pittorici; dall’armoniosa efficienza alla quale furono portati nel film, dove il tono di tutto il discorso visivo è in generale pacato, largo e senza nessuna sforzatura”. E questo è merito di Visconti intellettuale prima che regista, perché la sua produzione filmografia cominciando da “Ossessione”, per poi proseguire con “La terra trema” e ancora “Le notti bianche”, “Rocco e i suoi fratelli”, “Senso” film simbolo del Neorealismo italiano. Tutti esprimono uno stile viscontiano legato al tessuto narrativo, ma che diviene sempre più fluido e trasparente, perdendo quegli aspetti di immobilità e decadenza con forti propensioni decorativistiche, che irrigidivano il racconto.

Luoghi

I luoghi in cui letteratura e cinematografia furono obbligati ad adottare soluzioni particolari, in rapporto ai mezzi d’espressione di cui potevano disporre. La situazione storica già la conosciamo con lo sbarco garibaldino a Marsala nel maggio 1860, la struttura feudale del regime borbonico sta crollando, senza opporre resistenza. Il crollo parte sempre dall’interno di una casa, in seguito Visconti realizzò “Ritratto di famiglia da un interno”. In questo caso del principe Fabrizio Salina, latifondista, che non è l’autoritratto liricizzato di Giuseppe Tomasi di Lampedusa autore del romanzo omonimo. Intorno a lui vicende politico militari, la scelta del nipote Fabrizio e il suo amore per Angelica, fino al plebiscito per la riunione della Sicilia col Piemonte. Visconti estrae e sintetizza gli elementi essenziali alla presentazione sullo schermo de “Il Gattopardo”.

Addirittura la visione filmica risulta decisamente vitalizia e irrobustita. Se nel romanzo rimangono dubbi e incertezze sulla collocazione di alcune parti, il film prende come introduzione ex novo, alcuni quadri che descrivono la battaglia dei garibaldini e della popolazione contro i Borboni, nelle strade di Palermo, il che serve a immettere direttamente quei motivi rivoluzionari e guerreschi che nel romanzo circolano solo in accenni informativi, serpeggianti nei dialoghi, e non prendono corpo in situazioni e figure ben spiccate.

Aspetto innovativo

Ma è il ballo palermitano l’aspetto innovativo che Visconti trae dal sesto capitolo del romanzo. Il GattopardoNon solo quello, anche la musica di Verdi; con un valzer inedito, scaturiscono nuove suggestioni più patetiche e strazianti che sostituiscono la parola. Tornando al ballo esempio di sublimità dell’arte, che trova un paragone solo nei grandi ricevimenti proustiani, un altro autore amato da Visconti. Ma l’angoscia del principe e il suo senso di distacco si accrescono in mezzo alla fiumana della gente conosciuta e sconosciuta. I suoni si avvicinano e si allontanano e per il principe si avvicina la morte.

Romanzo e film sono una risposta equilibrata e i personaggi della pellicola riscuotono di una più sottile e rigorosa verità. Una documentazione che diventa pittura e poesia e gli stessi paesaggi e campagne rappresentano una oggettività della realtà. Per Visconti il film non è una trascrizione in immagini del romanzo. Ne Verga, Pirandello e De Roberto avevano detto tutto del dramma risorgimentale. Tommasi di Lampedusa l’ha completato e Visconti ha ripreso dal romanzo anche la spinta di natura critico-ideologica presente ne “La terra trema” e in “Senso”.

Il vero problema del rapporto fra cinema e narrativa

È lo stesso Visconti a rispondere: “Io ho sentito che tutto ciò che nel romanzo si sviluppa oltre al nesso 1861-1862 potevo anticiparlo e bloccarlo grazie al linguaggio del cinema, esattamente in quell’arco di tempo, ricorrendo a una forzatura espressiva, o a una dilatazione iperbolica dei tempi del ballo in casa Pantaleone; non tanto nel senso di una loro modificazione rispetto al testo scritto, quanto nel senso della sottolineatura di tutto ciò che quelle mirabili pagine contengono di simbolico e di riassuntivo dei diversi conflitti, valori e diverse prospettive possibili della vicenda narrata”. Ne “Il Gattopardo” il regista trova un punto di sutura tra la visione del rapporto tra vita interiore e vita sociale e Verga che affronta i sensi della vita sociale. Dunque un parallelismo fra Tancredi e Angelica / Odette e Swann della ricerca proustiana. Don Calogero Sedara / Contadini. Notte del plebiscito / Mastro Don Gesualdo.

Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi“. È questo il punto centrale del “Il Gattopardo”. L’ immobilismo della terra siciliana rappresentata dal principe di Solina si scontra con i sentimenti di amore/odio, il senso della morte verso un mondo destinato a perire. Accanto al ballo vi è il momento più reazionario del film nel dialogo del principe con don Ciccio Tumeo, dove il Plebiscito e l’unità di Italia vengono viste con avversione.

Il saggio di Lino Miccichè su Visconti

“Il Gattopardo” sottolinea Miccichè “è un’opera di transizione, di grandiosa e commossa transizione del primo Visconti, in cui il mondo oggettivo riesce a prevalere, anche se non totalmente, sulla vena soggettiva tutta intenta e lo si percepisce in “Ossessione”, alla sconfitta, alla distruzione, al destino e alla morte, fino ad arrivare al secondo Visconti in cui prevalgono le tematiche del decadentismo e crepuscolarismo di un Mondo che si commuove per la propria agonia.

La critica letteraria

Il romanzo di Giuseppe Tommasi da Lampedusa è visto dalla critica in maniera dibattuta. Alicata liquida il romanzo come “caricatura del Risorgimento”. Trombadori lo leggerà Il Gattopardonella descrizione delle istanze risorgimentali, una analogia ai mortificati ideali della Resistenza. In Lampedusa all’antitesi estetica tra aristocrazia fondiaria e una nuova borghesia subentra l’alleanza di interesse e il tramonto di quell’alone romantico. La morte rappresentata dal quadro di Greuze nel salotto del Principe è il traguardo finale di una vita che la premonisce.

Scriveva su “Il Gattopardo” Alberto Moravia nell’Espresso nel 1963: “Soltanto Visconti, comunista e aristocratico, poteva con tante sottigliezze dosare il grado di scetticismo e di patetica nostalgia del principe di fronte alle questioni sociali e politiche dell’epoca, nonché le sfumature quasi proustiane della sua personalità mondana e familiare”

 

Paolo Montanari

Foto © Liberiamo, TPI, Alla ricerca di Visconti, Scaffale cinese, Aforismi

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