Vaticano, la missione umanitaria di Krajewski e di Zuppi

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I precedenti storici della Santa Sede per fermare la Prima Guerra Mondiale

Si trova a Kherson il cardinale elemosiniere di Sua Santità Konrad Krajewski, inviato per la sesta volta da Papa Francesco in missione umanitaria in Ucraina. Anche ieri, mercoledì, ci sono state vittime di attacchi russi. Dieci i morti accertati nelle prime ore del mattino tra cui tre bambini e 58 i feriti nella cittadina di Kramatorsk sotto controllo ucraino ma vicino a zone confinanti con la Russia. Per questo molti sperano nella missione del Vaticano.

La missione del cardinale elemosiniere è portare aiuti e conforto alla popolazione piegata dalla guerra. Krajeswki è giunto nella Città nel Sud dell’Ucraina dove nelle scorse settimane è stata distrutta la diga idroelettrica di Kakhovka, che ha determinato l’inondazione di oltre 80 villaggi e paesini e la devastazione di 20 mila ettari di terreni agricoli, nel contempo vi è stato il riversamento di 150 tonnellate di petrolio.

Il porporato è giunto in Ucraina partendo da Roma giovedì 22 giugno e ha guidato per oltre 3.125 chilometri un camion che porta con sé viveri provenienti dalla Corea e più di 100mila minestre liofilizzate. Dopo aver trascorso una notte a Odessa, lunedì è stato a Drohobyc, dove, in un centro umanitario greco-cattolico che fornisce accoglienza e assistenza ai bisognosi, ha visitato l’ospedale e il centro che accoglie bambini e rifugiati.

I prodotti donati dal Vaticano

Ad accompagnare l’elemosiniere c’è il vescovo Jan Sobilo, ausiliare di Kharkiv-Zaporizhzhia, qui sono stati scaricati oltre i viveri, farmaci di pronto soccorso, poi come riferisce Krajewski «è arrivato un medico che ha diviso i medicinali, sono poi giunte le ambulanze per distribuirli nei vari ospedali». Il programma ha previsto una tappa nel centro della Città. «È quasi deserta tutto è chiuso» – osserva il cardinale – «ogni tanto sentiamo sirene e quando siamo entrati in questa cittadina, era in corso un bombardamento. A un chilometro da noi si vedeva il fumo e il fuoco e anche stanotte la Città è stata attaccata. Nonostante tutto andiamo con il parroco a trovare la gente, chiusa nei rifugi, a parlare, a portare conforto e un aiuto concreto».

L’elemosiniere percorrerà nei prossimi giorni centinaia di km. A tutti porterà l’abbraccio di Papa Francesco, che non passa giorno che non inviti i fedeli a una preghiera per l’Ucraina e per quanto soffrono. Andrà a Kyiv (Kiev) poi a Leopoli. Non ci sono date per il suo rientro ma un solo obiettivo afferma il cardinale: «Stare con queste persone nel nome di Papa Francesco. Non è necessario dire molto, preghiamo per loro e per noi affinché non ci si abitui a questa guerra ma continuiamo ad aiutare le persone in difficoltà».

La missione del cardinale Zuppi a Mosca

Giunto martedì sera a Mosca il cardinale Zuppi per diretto invito di Papa Francesco, incontrerà l’arcivescovo di Mosca e patriarca greco ortodosso Kirill, al quale già nel recente passato si era rivolto il Pontefice per impetrare, presso il presidente Putin, la pace in Ucraina. Lo ha confermato il nunzio apostolico in Russia, monsignor Giovanni D’Aniello. «Oggi nel pomeriggio incontreremo Sua Santità il patriarca Kirill e poi questa sera ci sarà una celebrazione eucaristica in cattedrale nella quale il cardinale incontrerà la comunità cattolica, concelebrerà con i vescovi e i sacerdoti e lì certamente porterà il saluto, la vicinanza e la preghiera del Santo Padre per tutta la comunità cattolica. E soprattutto si pregherà per la pace», ha sottolineato l’arcivescovo. «Infine, domani, nel primo pomeriggio, Sua Eminenza farà ritorno a Roma».

Zuppi sarà anche ricevuto dal consigliere per gli Affari esteri Ushikov. Non si conoscono gli argomenti che saranno trattati ma è chiaro a tutti che Papa Francesco è massimamente impegnato, a livello internazionale, nella costruzione di “un canale di confidenza tra Nazioni in guerra”. Prioritaria per Zuppi sarà la richiesta formulata al Pontefice da Zelensky di riportare a casa le decine di migliaia di bambini sottratti alle famiglie in Ucraina e deportati in Russia. Una impresa difficile ma che andava fatta.

I precedenti storici del Vaticano per fermare la guerra

Nel passato il Vaticano ha sempre cercato, non appena vi fosse stato accenno a un conflitto tra Nazioni, di intervenire per evitarli. Come nel caso della Prima Guerra Mondiale che fece milioni di morti. Il 28 luglio del 1914 l’AustriaUngheria dichiarò guerra alla Serbia. Ufficialmente in quella data inizia il primo conflitto mondiale. In successione per il gioco delle alleanze vi furono dichiarazioni di guerra a catena. Nel 1914 la triplice Intesa era costituita da Impero britannico, franco e russo alle quali si aggiunsero l’Italia nel 1915 e gli Stati Uniti d’America nel 1917. Contro questa coalizione c’erano gli Imperi centrali, il tedesco e l’austro ungarico.

Alla fine del 1917 la Russia, stremata dalla guerra e dalla rivoluzione bolscevica d’ottobre, che di fatto determinò la disgregazione dell’impero zarista, abbandonò l’alleanza. Dal 1914 in poi, Ucrainavari furono i tentativi del Vaticano per giungere a una pace, fino a quando non entrò in scena una alta personalità, mons. Eugenio Pacelli. Il 20 maggio del 1917 partì da Roma per recarsi a Monaco passando per la Svizzera. Papa Benedetto XV lo aveva appena nominato nunzio della Capitale bavarese. Mons. Pacelli aveva solo quaranta anni. La sua competenza nel campo della diplomazia vaticana e in particolare la sua conoscenza dei problemi europei gli permisero di intraprendere la missione segreta che il Papa gli aveva affidato. Pacelli, qualche anno prima quando era sottosegretario di Stato durante il pontificato di Pio X era stato inviato a Vienna per importanti missioni. In particolare per un incontro con un rappresentante del kaiser.

L’incarico a Monaco nel 1917

Preso possesso del suo nuovo incarico a Monaco, il 26 giugno 1917 il nunzio Pacelli andò a Berlino. Il 29 fu ricevuto dal kaiser Guglielmo II. L’incontro si svolse senza tensioni e il monsignore consegnò all’imperatore la lettera scritta da Benedetto XV. Nella quale si esprimeva il desiderio di raggiungere una pace stabile e duratura, per allontanare i disastrosi effetti della guerra che già mieteva milioni di morti. Pacelli cercò di convincere Guglielmo II a mediare con i Paesi dell’Intesa. Al termine della riunione l’inviato del Papa ricevette dalla Germania solo la promessa di valutare l’ipotesi di mediazione pontificia. Il 30 giugno Pacelli incontrò l’imperatore austro-ungarico Carlo I e tutto si concluse con generiche disponibilità.

Purtroppo in quel momento storico gli “interessamenti” del Vaticano per risolvere il conflitto non ebbero successo. Sia Londra, che Parigi, che Roma videro la Santa Sede troppo vicina agli Imperi centrali. Tra l’altro quando furono avviati colloqui per la cessazione delle ostilità, con Austria e Germania, gli Alleati esclusero il Vaticano da qualsiasi conferenza di pace.

 

Giancarlo Cocco

Foto © Vatican News, Roma sette, Terrasanta

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Giancarlo Cocco
Laureato in Scienze Sociali ad indirizzo psicologico opera da oltre trenta anni come operatore della comunicazione. Ha iniziato la sua attività giornalistica presso l’area Comunicazione di Telecom Italia monitorando i summit europei, vanta collaborazioni con articoli sul mensile di Esperienza organo dell’associazione Seniores d’Azienda, è inserito nella redazione di News Continuare insieme dei Seniores di Telecom Italia ed è titolare della rubrica “Europa”, collabora con il mensile 50ePiù ed è accreditato per conto di questa rivista presso la Sala stampa Vaticana, l’ufficio stampa del Parlamento europeo e l’ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri. Dal 2010 è corrispondente da Roma del quotidiano on-line delle Marche Picusonline.

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