Guerra ed economia, un binomio esplosivo

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Guerra

Gas, petrolio, oro e Borse già da questa mattina, 9 ottobre 2023, stanno subendo rincari notevoli. La speranza è che non si arrivi ai livelli del 24 febbraio 2022

Come già visto con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia la guerra si ripercuote a valanga anche su altre Nazioni sul piano economico. Infatti, il 24 febbraio 2022 è una data che verrà ricordata nel tempo soprattutto per l’Unione europea. La decisione di Mosca di effettuare “l’operazione speciale” nei territori ucraini ha impensierito molto le Istituzioni dell’Ue perché si pensava che potessero sospendere le forniture di gas a vari Stati membri. Ciò non è accaduto ma le ripercussioni si sono sentite. L’economia europea e mondiale ha subìto nuovi colpi: sanzioni, crisi energetica e alimentare, inflazione sono state solo alcune delle conseguenze della guerra.

Il prezzo del gas aumentò moltissimo. Le quotazioni avevano raggiunto i massimi storici, superando i 300 euro al megawattora (in tempi normali era intorno ai 20 euro). Il lato positivo della vicenda è stato il cambiamento in percentuale del gas che veniva importato dalla Russia. Prima della guerra forniva all’Unione europea il 40%, mentre ora si limita al 7,5. Il gas russo è stato sostituito potenziando gli accordi con la Norvegia e l’Algeria, e anche importando di più quello in forma liquida che arriva via mare dagli Stati Uniti e da altri Paesi.

Beni primari

Ma a far tremare le persone, che come sempre pagano il prezzo maggiore, sono stati Guerraanche il prezzo dell’energia e la crisi alimentare. Dopo solo qualche settimana dall’inizio della guerra il prezzo del grano tenero era aumentato di oltre il 30% e quello del mais del 41. E nei mesi i rincari si sono fatti sempre più consistenti. Il blocco dei porti di Odessa e di altri sul Mar Nero aveva causato un’improvvisa mancanza di cereali sui mercati globali, il che ha fatto salire notevolmente le quotazioni.

La situazione si era tuttavia stabilizzata dopo un po’ dato che, dopo mesi di negoziati, la Russia aveva deciso di garantire le esportazioni di cereali dall’Ucraina. Il prezzo del cibo, però, è aumentato in modo generalizzato perché scontava i notevoli rincari dell’energia, che serve per la produzione e anche per il trasporto del cibo stesso.

Infatti, a guadagnarci, non poco, sono state le grandi aziende energetiche che con gli enormi rincari hanno ottenuto grandi profitti nel 2022. Incrementi di cui ha giovato anche la Russia stessa che ha più che compensato il calo delle esportazioni verso l’Occidente. Nel 2022 petrolio e gas hanno comunque garantito alla Nazione oltre un terzo delle entrate statali, circa 9 mila miliardi di rubli (112 miliardi di euro), quasi un terzo in più rispetto al 2021. Le grandi multinazionali petrolifere occidentali, poi, hanno guadagnato molto di più che in passato, perché le loro spese (per l’estrazione, la raffinazione, la vendita) sono rimaste di fatto le stesse, mentre il prezzo del petrolio è aumentato notevolmente.

Altra guerra altri rincari

Il 7 ottobre 2023 Hamas ha iniziato a far piovere razzi su Israele. Inevitabile la ripercussione sulle Borse. Quelle europee questa mattina (lunedì 9 ottobre) hanno aperto con un avvio incerto, con gli investitori che temono una escalation dopo l’attacco. I future dei principali listini sono al momento contrastanti mentre quelli di Wall Street sono in netto calo. Sul fronte valutario il dollaro si rafforza sull’euro e sulla sterlina. Gli investitori sono alla ricerca di beni rifugio con l’oro che guadagna l’1,5% a 1.850 euro l’oncia.

Petrolio e gas

Come nel 2022 la situazione di forte tensione in Medioriente spinge verso l’alto le quotazioni del greggio nel timore di ripercussioni sull’andamento dell’approvvigionamento. Negli ultimi giorni i prezzi del petrolio erano scesi dai massimi della fascia media dei 90 dollari, per poi crollare bruscamente la scorsa settimana. Ma, oggi, il greggio di riferimento statunitense è salito di 2,70 dollari a 85,48 dollari al barile nel commercio elettronico sul New York Mercantile Exchange. Il greggio Brent, la base del prezzo per il commercio internazionale, è avanzato di 2,42 dollari al barile fino a raggiungere 87,00 dollari al barile.

L’attacco di Hamas e la reazione di Tel Aviv stanno avendo un’immediata ripercussione anche sul prezzo dell’energia. All’apertura del mercato di Amsterdam la quotazione del gas naturale è salita dell’8,3% a 41,40 euro al megawattora. Gli analisti ritengono che il conflitto in Israele possa durare, trascinando verso l’alto il prezzo al consumo dei carburanti e degli altri prodotti energetici, con ripercussioni negative su tutte le modalità di trasporto.

Inoltre, un eventuale coinvolgimento dell’Iran potrebbe influire sul traffico navale del Golfo Persico, dove transita una quota consistente del petrolio mondiale.

Shekel in forte ribasso

Ieri il principale benchmark azionario di Tel Aviv ha chiuso in ribasso del 6,5%. Oggi la Banca centrale israeliana ha dichiarato che venderà fino a 30 miliardi di dollari in valuta estera per sostenere lo shekel, che è caduto vicino al minimo di 8 anni all’inizio di oggi, scambiato a 3,9157 contro il dollaro.

Urso

Secondo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, l’attacco a Israele crea «una situazione di emergenza che rischia di far esplodere altre problematiche, per esempio per l’energia. Così come è accaduto per la guerra di Russia in Ucraina per il gas, così potrebbe accadere di nuovo perché da quei Paesi dal Nord Africa arrivano altre risorse. Dobbiamo capire anche se dobbiamo pensare all’autonomia energetica della nostra Nazione».

 

Ginevra Larosa

Foto © Fox News, Business24, FX Empire

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