Fondi Ue per la guerra di Hamas? Non proprio

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L’unico termine che potrebbe essere associato su questo particolare argomento all’Unione europea è “confusione”

Ovviamente è lecito aver pensato che in Ue stesse accadendo qualcosa date le varie e diverse dichiarazioni che sono emerse. Il fattore da rivedere per chi ha iniziato a polemizzare è l’importanza che si dà al singolo e non alla comunità nel suo insieme.

Non c’è dubbio che Olivér Várhelyi, commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di vicinato, abbia annunciato la sospensione di tutti i pagamenti in reazione all’attacco militare lanciato dal movimento che controlla la Striscia di Gaza. “In qualità di principale donatore per i palestinesi, la Commissione europea sta mettendo sotto esame l’intero portafoglio di sviluppo, per un valore totale di 691 milioni di euro”, ha scritto su X. Ma in realtà si tratta del post fatto da lui stesso sul suo profilo personale e non da quello della Commissione europea. Va inoltre precisato che l’annuncio di Várhelyi aveva fatto seguito a quello del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che sempre lunedì aveva affermato di voler porre la Striscia di Gaza sotto «assedio totale», bloccando anche l’arrivo di beni essenziali, acqua, elettricità e carburante.

Gli aiuti passano attraverso l’Onu

Bisogna anche ricordare che l’Unione europea è uno dei principali fornitori di aiuti umanitari e finanziari alla Cisgiordania, il territorio governato dall’Autorità nazionale palestinese del presidente Mahmoud Abbas e alla Striscia di Gaza. Il sostegno è destinato ai servizi essenziali, come la sanità, l’assistenza sociale, gli stipendi dei dipendenti pubblici e i progetti di sviluppo. Per quanto riguarda Gaza, il denaro viene raccolto e convogliato attraverso l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (Unrwa).

Várhelyi non faceva distinzioni tra finanziamenti economici e aiuti umanitari, che sono fondamentali soprattutto per la Striscia di Gaza, dipendente per l’80% dagli aiuti internazionali. Si parla di un territorio molto complesso, pieno di tensioni e descritto come una “prigione a cielo aperto”. Le condizioni di vita sono estremamente critiche e una sospensione degli aiuti umanitari (ma anche dei finanziamenti economici) porterebbe certamente a un aggravamento dello stato dei quasi 2 milioni di persone che ci vivono.

Rigidi controlli

Lo stesso Josep Borrell, Alto rappresentante per gli Affari esteri europei, ha subito precisato che nessun finanziamento al Governo palestinese sarà sospeso. Con un comunicato ufficiale anche la Commissione Ue ha specificato che ci sarebbe stata solo unaurgente revisione” di alcuni tipi di finanziamenti che servirà a garantire che nessun finanziamento europeo finisca nelle mani di Hamas, movimento considerato terroristico da una serie di Stati soprattutto occidentali e dall’Unione europea.

I destinatari dei finanziamenti comunitari sono sottoposti a rigidi controlli, in particolare se si tratta di zone di crisi. Tuttavia, non sono mancate le accuse dirette a Bruxelles di finanziare, inconsapevolmente, il terrorismo di Hamas. “Non lo abbiamo mai fatto, direttamente o indirettamente”, si è difesa con nettezza la Commissione. Nel comunicato si specifica anche che nel futuro immediato non c’erano pagamenti previsti, e che perciò non ci sarà alcuna sospensione. E ha infine precisato che la revisione dei finanziamenti non avrebbe incluso i fondi umanitari previsti dall’European Civil Protection and Humanitarian Aid Operations (ECHO).

Invece dovrebbe riguardare l’insieme di programmi destinati allo sviluppo dei UeTerritori palestinesi, che servono fra le altre cose a tenere in piedi la struttura amministrativa dell’Autorità palestinese e a stimolare la formazione e l’occupazione dei palestinesi sia in Cisgiordania sia nella Striscia di Gaza. Il principale, ma non l’unico, è il Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument (NDICI), che per il 2021-2024 prevede un finanziamento di quasi 1,2 miliardi di euro.

Una Ue facilmente attaccabile

Ciò che più dovrebbe far riflettere è la divisone tra gli Stati membri dell’Ue, resa chiara da questi eventi, sulla posizione da assumere sulla crisi in corso, che non ha preso completamente alla sprovvista solo l’intelligence e l’esercito israeliano, ma anche i Governi occidentali.

Nei giorni successivi all’attacco di Hamas, anche alcuni Paesi dell’Unione europea hanno deciso di riconsiderare il loro supporto umanitario ai territori palestinesi. L’Austria ha annunciato lo stop al trasferimento di 20 milioni di euro e la Germania una sospensione temporanea per effettuare una “revisione finanziaria“.

Oltre alle misure concrete, ci sono le prese di posizione. Il portavoce della Commissione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza Peter Stano ha ribadito che l’Unione appoggia «il diritto di Israele a difendersi», pur specificando che le operazioni vanno condotte «nel rispetto del diritto internazionale».

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e quella del Parlamento Roberta Metsola, avevano già condannato in maniera netta l’attacco, decidendo anche di proiettare la bandiera di Israele sulle facciate dei rispettivi edifici, in segno di solidarietà con il popolo israeliano.

Tirando le somme

Restano comunque alcune questioni non chiare su cosa intenda fare esattamente l’Ue coi finanziamenti e se l’eventuale decisione di sospenderli spetti alla Commissione o al Consiglio dell’Unione europea, che insieme al Parlamento detiene il potere legislativo e ha competenze anche sulla politica estera, l’economia e la sicurezza. Quali finanziamenti dovrebbero essere soggetti a revisione e quali no e con quali modalità dovrebbe essere chiarito con più precisione oggi (10 ottobre 2023), nel corso di una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri dell’Unione a Muscat, in Oman. La riunione è convocata appositamente per discutere della situazione in Israele.

 

Ginevra Larosa

Foto © Infoparlamento, Apiceuropa, Wired, X

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