Il granchio blu e le specie invasive aliene

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Granchio Blu

Se si inserisce un elemento estraneo, una pianta o un animale non previsto, può verificarsi uno squilibrio in grado di mettere a rischio la vita di tutto l’ecosistema

 

Gli individui di una specie competono tra loro per il cibo e il territorio. Predatori e prede si cacciano o si nascondono e i microbi possono vivere in simbiosi o essere parassiti di altri. Con il tempo queste interazioni determinano ecosistemi equilibrati, popolati da varie forme di vita, dove specie diverse coesistono in stabilità.

Le specie aliene

Se un invasore esterno, sia esso pianta, animale o agente patogeno, entra in quell’ecosistema equilibrato, esso ha facile gioco poiché nessuno possiede difese contro di lui. Priva di controllo, la popolazione degli invasori aumenta all’improvviso e l’ecosistema, che prima era bilanciato, si destabilizza, avviandosi verso la catastrofe. Il concetto di esseri invasori riporta forse alla mente la piaga biblica delle locuste o anche gli extraterrestri arrivati per distruggere sistematicamente gli umani ne “La guerra dei mondi” di Wells. Il caso più noto è quello del granchio blu che è originario delle coste occidentali dell’Oceano Atlantico, da quella statunitense fino all’Argentina e lungo l’intera costa del Golfo del Messico. Attualmente è considerato una della specie aliene più invasive nel Mediterraneo.

Il granchio blu non è il primo nè l’ultimo

Il granchio blu è arrivato accidentalmente, dopo essere stato caricato per sbaglio sulle navi cargo per il commercio internazionale. È stato riversato nel mediterraneo, dove ha iniziato a riprodursi velocemente. È almeno dal 2008, che è approdato dall’America al Mar Ionio e all’Adriatico, trovando un ambiente ideale ricco di cozze e vongole di cui si ciba voracemente. Ma oltre a lui, i nostri territori hanno dovuto già fare i conti con altri animali colonizzatori: nutrie, scoiattolo grigio, la rana toro, e, tra le piante, l’ailanto e la lantana. Senza contare le zanzare: Aedes albopictus e Aedes Egypti, che per altro possono trasmettere il virus Zika, e che sono ormai da molti anni di casa anche in Europa alle latitudini più elevate.

Globalizzazione, turismo e commercio

La diffusione di specie aliene è provocata, nella quasi totalità dei casi, dall’incuria dell’uomo che mette a contatto organismi che non si sarebbero mai dovuti incontrare. Questo è in parte un effetto collaterale della globalizzazione. A causa del turismo e del commercio le specie si spostano da un paese o da un continente all’altro sui bagagli e sui vestiti dei viaggiatori, sulle merci, nell’acqua di zavorra o della sentina delle navi. Piante e animali si attaccano ai fianchi delle imbarcazioni in un Paese e mesi dopo finiscono nei porti e nei corsi d’acqua di un altro, a migliaia di chilometri di distanza. Negli anni Novanta e Duemila si verificò una moria di pesci nel Mare del Nord e si scoprì che la causa era la fioritura di certe alghe, portate per caso nell’acqua di zavorra dai mari cinesi.

Notevoli danni alle economie e agli stili di vita

Inoltre, le piante invasive possono compromettere lo stile di vita delle persone. Per esempio, il giacinto d’acqua, nativo del bacino amazzonico, è stato portato in continenti come l’Africa per abbellire gli stagni ornamentali con i suoi fiori lilla. Purtroppo, la pianta ha avuto un grosso impatto sul lago Vittoria, dove si ritiene sia arrivato negli anni Novanta viaggiando lungo il fiume Kigera dal Ruanda e dal Burundi. I giacinti hanno formato dei tappeti galleggianti che hanno compromesso la navigazione, ridotto la pesca, ostacolato la produzione di elettricità e avuto effetti sulla salute dell’uomo. La pianta ha invaso più di cinquanta Nazioni nel Mondo e il costo annuale per l’economia ugandese raggiunge presumibilmente i 112 milioni di dollari.

Nell’Africa subsahariana la striga, una pianta infestante, danneggia le colture di mais con una perdita annuale di sette miliardi di dollari. Le perdite complessive delle otto principali colture africane dovute a specie aliene potrebbero ammontare a più di dodici miliardi di dollari. Secondo il primo rapporto globale sul tema curato dall’IPBES, la piattaforma intergovernativa sulla Biodiversità e i Servizi Ecosistemici, il danno planetario globale prodotto ammonta ad almeno 423 miliardi di dollari l’anno.

La perdita della biodiversità

Questo fenomeno è una delle principali cause riconosciute di perdita della biodiversità nel Mondo. Delle 174 specie europee considerate gravemente in pericolo, 65 sono a rischio in seguito all’introduzione di animali alieni. Tra questi vi è il visone europeo e il gobbo della Giamaica, una piccola anatra tuffatrice. A livello globale, le specie invasive sono state individuate come un fattore chiave nel 54% di tutte le estinzioni documentate dalla lista di quelle in pericolo, e l’unica causa nel 20% delle estinzioni. Sempre secondo i dati dell’IPBES, le specie invasive sono state un fattore importante nel 60% delle estinzioni globali di animali e piante considerate nel documento. E sono l’unico fattore determinante nel 16% dei casi. Per farci un’idea del fenomeno, basti dire che almeno 218 specie aliene invasive sono state responsabili, da sole, di oltre 1.200 estinzioni locali.

Rischi per la salute

Le specie invasive possono, inoltre, rappresentare un rischio per la salute umana. Gli scarafaggi, per esempio, possono trasmettere batteri patogeni al cibo e contaminarlo. Piante e animali invasivi possono distruggere la biodiversità locale e compromettere la catena alimentare, ma anche danneggiare i raccolti e i servizi eco-sistemici, quali l’impollinazione e il mantenimento di acque pulite, necessari per garantire la vita o ottenere introiti dalla terra. Nelle Filippine la lumaca della mela golden ha creato danni ai raccolti annuali di riso per un ammontare di 45 milioni di dollari. Arrivò in Asia dal Sud America negli anni Ottanta per essere usata come animale da acquario e specialità gastronomica. Non riuscendo a venderle, gli importatori le gettarono nei laghi del luogo e ora si sono diffuse in una decina di Paesi.

Prendere le necessarie contromisure

Alcune Nazioni hanno riconosciuto il potenziale pericolo delle specie invasive e imposto regole severe per l’importazione di piante e animali dall’estero. Tuttavia, non sono molti gli Stati che hanno compreso l’entità della minaccia. Si dovrebbero potenziare le misure di quarantena e l’attività degli istituti scientifici, affinché segnalino precocemente eventuali specie invasive, il che vale soprattutto per i Paesi in via di sviluppo.

 

Nicola Sparvieri

Foto © Carolina Sportsman, Pinterest, Luce, Kodami

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Laureato in Fisica, si è occupato di superconduttività e spazio. Ha insegnato Fisica Generale alla Sapienza ed è membro dell'Accademia Internazionale di Astronautica. Giornalista pubblicista, è titolare di un blog. Scrive di scienza, società, ambiente e sostenibilità. Cofondatore di RISE, associazione noprofit che promuove la nascita di startup sostenibili. Ama i suoi nove figli e i numerosi nipoti il cui numero è destinato ad aumentare.

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