Aumenta il divario tra ricchi e poveri a livello globale

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Disuguaglianza

Le disuguaglianze sociali ed economiche sono drammaticamente aumentate negli ultimi decenni e le disparità di reddito sono addirittura tornate ai livelli di un secolo fa

Si sostiene spesso che la disuguaglianza è in gran parte la conseguenza di forze internazionali o globali che sono fuori dal controllo degli Stati nazionali. In effetti, un secolo fa, le cause del divario avevano le proprie radici all’interno delle economie nazionali, mentre oggi esse tendono a essere soprattutto espressione di processi globali: i grandi flussi internazionali di capitali, beni, lavoratori e conoscenza, l’espansione della finanza, i livelli salariali che sono condizionati dai bassi salari dei Paesi emergenti.

 

Industrializzazione e potere della finanza

La disuguaglianza del XX secolo ha avuto come principali motori la transizione dalla società agricola a quella industriale, la conseguente divisione in classi e i rapporti di forza che stabilivano la distribuzione del reddito tra capitale da un lato e lavoro dall’altro. Oggi la finanza è una forza dominante nella maggior parte delle economie e ridefinisce il processo di accumulazione di capitale e la dinamica della distribuzione di reddito e ricchezza. Un secolo fa la divisione in classi della società spiegava gran parte dei divari di reddito, status e opportunità. Chi nasceva in una famiglia benestante aveva più possibilità di alti redditi rispetto a quanti nascevano da famiglie contadine o operaie.

Il neoliberismo e la globalizzazione a partire dagli anni Ottanta del Novecento

Le vittorie elettorali di Margaret Thatcher in Gran Bretagna nel 1979 e di Ronald Reagan negli Stati Uniti nel 1980 hanno dato l’avvio all’età del neoliberismo. Nei Paesi avanzati il capitale ha provocato uno spostamento verso la finanza, con l’offerta di nuove possibilità di crescita dei valori finanziari e della speculazione di breve periodo. Un decennio dopo, nelle Nazioni avanzate, la globalizzazione e la rapida diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno trasformato i sistemi di produzione e i flussi d’investimento. Il nuovo potere del capitale sul lavoro ha portato negli ultimi 40 anni, uno spostamento di circa il 10% di Prodotto interno lordo dalla quota dei salari a quella del capitale, nei paesi avanzati. Questo spostamento ha causato l’aumento della disuguaglianza di ricchezza dovuta al crescente valore delle attività finanziarie e immobiliari e l’aumento senza precedenti dei redditi dei “super ricchi”.

Maggiore individualismo e minore collettività

Un altro meccanismo in grado di spiegare l’aumento della forbice tra ricchi e poveri è la mentalità individualista dei lavoratori. La tendenza di porli in concorrenza l’uno con l’altro per stipendi e carriera ha portato a una polarizzazione delle competenze e delle qualifiche. Ma non è solo una questione di redditi. Le identità sociali sono diventate più frammentate, le strutture di classe sono meno definite, e sono emerse nuove divisioni. L’enfasi neoliberale sull’individuo, le sue scelte e le sue opportunità, ha influenzato il comportamento sociale anche tra i lavoratori. I meccanismi tradizionali che creavano identità collettive e solidarietà, la sindacalizzazione dei dipendenti di un’impresa o di un settore, l’attivismo locale, le mobilitazioni sociali, sono stati indeboliti da un’individualizzazione che può essere vista come un ulteriore e più profondo segno del nuovo potere della finanza sul lavoro.

La politica e lo Stato

Per ultimo, ma non meno importante di altri, vi è poi il minor peso che ha assunto la politica e le forme rappresentative con le quali il cittadino e lo Stato possono partecipare alle governances sociali e aziendali. Fino agli anni Settanta nei Paesi avanzati, lo Stato, attraverso una vasta gamma di attività e politiche, ha svolto un ruolo fondamentale nella riduzione delle disuguaglianze. La distribuzione del reddito era governata da politiche complessive che riguardavano i redditi, la tassazione, il controllo degli affitti, la regolamentazione della finanza e dei flussi di capitale. Le disparità che emergevano dai meccanismi di mercato erano contenute da un sistema di tassazione fortemente progressivo, da imposte specifiche sui beni di lusso, da un’ampia fornitura di servizi pubblici fuori dal mercato, dal sostegno al reddito dei più poveri.

Favorire la libera iniziativa di impresa

Dagli anni Ottanta in poi quasi tutte queste politiche sono state indebolite. prendendo la strada della liberalizzazione dei mercati. L’impresa privata è stata incoraggiata, la finanza privata è stata favorita, la regolamentazione ridotta, molte attività pubbliche privatizzate. Quest’orizzonte neoliberale si è progressivamente affermato in tutte la Nazioni avanzate. Questo ha prodotto risultati positivi in termini di crescita economica. In molti Paesi europei l’intervento statale riguardava anche le attività economiche, con le imprese pubbliche che gestivano infrastrutture, acqua, energia, comunicazioni e operavano in una serie di settori chiave, dall’acciaio alla chimica e all’elettronica. Quando le attività economiche sono svolte da organizzazioni di proprietà pubblica i profitti o non esistono o costitui­scono entrate per lo Stato.

Equilibrio tra libera iniziativa e gestione centrale del welfare

La gestione da parte dello Stato deve puntare all’efficienza e all’efficacia, non al massimo profitto. Nel caso delle imprese pubbliche che operano accanto alle private nello stesso settore, questo ha un effetto anche sui salari e sulle condizioni di lavoro delle aziende private, nonché sulla possibilità di evitare aumenti dei prezzi. La causa più importante della deriva sociale ed economica che a sua volta è la responsabile principale delle ingiustizie nella distribuzione dei beni è la mancanza di controllo della politica. Il grande aumento della povertà nelle società economicamente evolute è in gran parte dovuta all’aver lasciato al privato la gestione dell’economia. La rinuncia a contenere le disuguaglianze ha avuto conseguenze molto gravi: l’aumento della povertà, il degrado sociale, fino alla riduzione dell’aspettativa di vita per i più poveri in molti Paesi del Mondo.

 

Nicola Sparvieri

Foto © greenMe, Famiglia Cristiana

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Laureato in Fisica, si è occupato di superconduttività e spazio. Ha insegnato Fisica Generale alla Sapienza ed è membro dell'Accademia Internazionale di Astronautica. Giornalista pubblicista, è titolare di un blog. Scrive di scienza, società, ambiente e sostenibilità. Cofondatore di RISE, associazione noprofit che promuove la nascita di startup sostenibili. Ama i suoi nove figli e i numerosi nipoti il cui numero è destinato ad aumentare.

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