La Romagna di Marino Moretti e l’amicizia con Aldo Palazzeschi

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Palazzeschi

Il primo è il poeta di una terra solare e malinconica, il secondo risente dei vari movimenti contemporanei in particolare di quello futurista

 

Marino Moretti è stato un punto di riferimento della letteratura domestica e romagnola. Una sensibilità provinciale e schiva che ha saputo cogliere l’essenza della realtà in tutte le sue sfaccettature. Una caratteristica questa che ritroviamo nella sua composizione poetica “A Cesena“. Il poeta si reca in quella Città tanto amata per lo sposalizio della sorella e fa rivivere un triste sentimentalismo, legato al grigiore ambientale. Due elementi fondamentali della corrente letteraria del Crepuscolarismo.

Marino Moretti nasce a Cesenatico nel 1885, in una Romagna sospesa tra terra e mare, dove l’ironia cerca di dominare sulla malinconia. Saranno i temi anche dei poeti di Sant’Arcangelo, soprattutto di Nino Pedretti e Tonino Guerra. Quest’ultimo porterà quest’animus vivendi nel silenzio e incomunicabilità del cinema di Antonioni.

Moretti studia tra Ravenna e Firenze e qui conosce Aldo Palazzeschi, di cui quest’anno ricorrono i 50 anni dalla morte. Fra i due scrittori poeti e intellettuali nasce una profonda amicizia dettata anche dai valori e dalla poetica che condiziona la narrazione e la visione della vita. Con “Poesie scritte col lapis” del 1910 e “Poesie di tutti i giorni” del 1911, evidenzia una costante attenzione sulle situazioni quotidiane, sugli aspetti umili. Schizzi esistenziali come disegni a matita fugaci ma profondi nell’animo popolare romagnolo. In realtà quegli schizzi che Federico Fellini riprenderà per realizzare, in una cronistoria, il film da lui concepito, sono nella poetica di Moretti legate alle tematiche del verismo e del simbolismo. Un raffronto fra Moretti e il grande Giovanni Pascoli, poeta delle piccole cose.

Il legame

Anche in Palazzeschi vi è il tentativo di recuperare i valori quotidiani e domestici. Ma in lui, poeta e scrittore fiorentino, vi è un passaggio dallo stile crepuscolare delle prime liriche “I Cavalli bianchi” a uno sperimentalismo dettato dalla pubblicazione di diverse raccolte liriche e il suo primo romanzo “Riflessi“, una composizione poetica imperniata sull’uso del metro ternario (tre sillabe metriche), che fatti salvi ad alcuni debiti poetici nei confronti di D’Annunzio e Govoni, e il confronto stilistico con Corazzini, trova una stabile originalità nella raccolta “Poemi” del 1909.

Se Marino Moretti è il poeta di una terra solare e malinconica, Aldo Palazzeschi, risente dei vari movimenti contemporanei in particolare del movimento futurista, non tralasciando i temi crepuscolari. Da qui la sua originalità. Da una parte i rumori e i manifesti artistici del futurismo di Marinetti, che lo lega soprattutto nel 1910 con la pubblicazione de “Incendiario”, una raccolta poetica futurista. Ma sarà con il romanzo “Il codice di Perela“, miglior opera in prosa del futurismo italiano, che Palazzeschi assumerà un ruolo fondamentale nel panorama avanguardistico europeo.

La rottura

Palazzeschi si dissocia dal movimento di Marinetti perché si dichiara contrario all’entrata dell’Italia nel conflitto della Prima guerra mondale. Un gesto che lo allontana dal movimento futurista e dalla politica estera del neo fascismo italiano. Nel 1920 Palazzeschi scrive “Due Imperi… mancanti”, una specie di diario in cui fa delle considerazioni amare sul conflitto mondiale appena concluso. Durante il ventennio si tiene lontano dalla cultura del regime ma continua la sua attività letteraria e collabora con il Corriere della Sera.

La narrativa

“Il Codice Perelà”, il suo primo romanzo del 1911, scritto in clima futurista, racconta la Palazzeschistoria di Perelà, uomo di fumo nato dal camino della casa di tre anziane signore. Un personaggio fantasioso che si libera da questa posizione atavica, per dirigersi nella vicina città governativa, accolto con simpatia dal re. Ma un servitore invidioso di Perelà si dà fuoco per divenire fumo come il protagonista. Ma la simbiosi non avviene e Perelà viene condannato in prigione, ma riesce a uscirne e a infilarsi in un camino. Questo romanzo è stato rivalutato dalla critica negli anni ’50 per lo sperimentalismo dell’autore. Il secondo romanzo “Le sorelle Materassi” del 1934 è l’altro importante romanzo di Palazzeschi descrive una borghesia vecchia, incapace di innovarsi e attaccata al feticcio di una giovinezza che è una immagine una immagine vacua.

 

Paolo Montanari

Foto © Oubliette magazine, Ravenna Today, ‘900 letteraio

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