Emergenza suolo, un allarme planetario

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Terre

8 miliardi di persone nel Mondo devono nutrirsi mentre il 70% delle terre emerse rischia di diventare improduttiva

 

Ogni anno vengono perduti milioni di ettari di terra coltivabile per cause diverse, tra cui l’erosione, l’uso eccessivo e improprio di concimi chimici, l’espansione delle Città, l’abbandono della montagna. Si calcola che ad oggi si sia già perduto circa il 25% dei terreni fertili a livello mondiale. L’uso di prodotti chimici per rendere un terreno più produttivo tende, in pochi anni, a inaridirlo e, come in tante altre situazioni, in natura per distruggere ci vuole poco mentre per ricostruire ci vuole molta energia, molto tempo, molti costi e non sempre è possibile rigenerare.

Al ritmo attuale di desertificazione e di distruzione chimicoambientale del terreno la superficie pro capite ora coltivata nel Mondo rischia di ridursi ulteriormente. La desertificazione è quindi molto più che la sola formazione di deserti. Si riferisce anche al degrado dei suoli fertili a causa dell’eccessivo sfruttamento, in questo senso, ad oggi il 70% delle terre emerse è a rischio di diventare improduttiva o scarsamente produttiva. Abbiamo già superato gli otto miliardi di persone che hanno bisogno di mangiare mentre il terreno coltivabile sta diminuendo.

Il land grabbing

Tanto che è in atto il cosiddetto “land grabbing” o accaparramento dei terreni coltivabili da parte dei Paesi più abbienti. Alcuni, infatti, utilizzano i propri fondi sovrani per acquistarne, in particolare dove costano meno e cioè nelle Nazioni più povere del Pianeta, al fine di realizzare un investimento redditizio a medio e lungo termine e nel frattempo garantire l’alimentazione alla propria popolazione interferendo però sulla sovranità alimentare del Paese povero nel quale si è effettuato l’investimento. Si calcola che negli ultimi decenni, nelle operazioni commerciali per accaparramento delle terre sia trasferita una superficie di territorio pari circa alla metà dell’Europa continentale.

Nel settembre del 2016, il land grabbing è stato inserito tra i reati ambientali più gravi secondo la Corte penale internazionale con sede all’Aia. L’area dove maggiormente si è Terreindirizzata la corsa alla terra è l’Africa SubSahariana, in cui sono localizzati i due terzi dei suoli acquisiti. Il fenomeno, che si sta trasformando in una specie di vera e propria corsa all’oro, viene infatti definito anche come “land rush” ed è un chiaro segnale di ciò che già è in atto e che ancor più avverrà nei prossimi decenni per l’accaparramento di ciò che resta delle risorse vitali del pianeta. I metalli e le terre rare (17 elementi chimici) particolarmente utili per le nuove tecnologie sono molto ricercate e contese. Chi le controllerà avrà un grande potere. La Cina ne produce oltre il 30% seguita da India, Brasile, Russia, Sudafrica, Vietnam, Usa.

Le distorsioni del mercato agroalimentare globale

La cosiddetta “rivolta dei trattori” ha posto all’attenzione dell’opinione pubblica le contraddizioni e le difficoltà del sistema agroalimentare attuale che sono particolarmente preoccupanti. Infatti la formazione di monopoli e oligopoli in settori di importanza vitale quali il mercato delle sementi, degli alimenti di base e il sistema di distribuzione dei prodotti alimentari va a disturbare gravemente gli equilibri di quello che dovrebbe essere un libero e fondamentale mercato. Questa distorsione del mercato va a vantaggio della grande finanza che in questi ultimi decenni è andata all’assalto anche del sistema agroalimentare.

L’industrializzazione su vasta scala dell’agricoltura ha comportato, da un verso la trasformazione su scala industriale degli alimenti e, dall’altro, l’espropriazione e l’allontanamento delle popolazioni contadine dai terreni e dalle fattorie acquistati in grande quantità dalle corporation. Una minima parte di tali popolazioni (5%) è occupata nell’agroindustria e un’altra modesta quota ha trovato occupazione emigrando. La massa purtroppo è andata a ingrossare le fila dei poveri, dell’economia sommersa, degli abitanti dei bassifondi.

Il capitalismo finanziario ha compromesso larga parte dell’agricoltura tradizionale fondata sulla piccola azienda pluri-colturale sostituendola con vastissime monocolture estensive riducendo anche drasticamente la biodiversità delle piante alimentari e mettendo in difficoltà i mercati locali dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia in seguito ai sussidi che Usa e Ue erogano alle loro agricolture. Il sistema agroalimentare industrializzato e finanziarizzato, nonostante le corporation abbiano investito svariati milioni di dollari e convertito milioni di ettari a produzioni estensive, lavorate con sistemi tecnologicamente avanzati, ha di fatto aggravato la situazione alimentare del Pianeta.

Dall’economia circolare alla rivoluzione verde

Per un riequilibrio del sistema agroalimentare sta finalmente emergendo a tutti livelli la necessità di rispettare i principi dell’eco sostenibilità in particolare attraverso il sistema definito “economia circolare” che diversamente dal sistema di economia lineare che si dimostra essere inefficiente, costoso e non più sostenibile, è basato sul principio delle 3R”: Ridurre (sprechi di materie prime, imballaggi); Riusare (beni prodotti per durare, essere riparati); Riciclare (trasformare e riutilizzare i beni come nuove risorse per altri prodotti). Una maggiore diffusione della circolarità produttiva potrebbe avere ricadute positive per la salvaguardia della fertilità dei terreni, partendo da un concetto fondamentale e cioè che un pezzo di terreno coltivabile è qualcosa di vivo.

Si deve cioè imparare a produrre cibo senzauccidereil terreno. Per questo ci vuole Terreun impegno culturale nuovo che si sta già manifestando, ad esempio attraverso le colture biologiche che dovrebbero essere estese a tutte le produzioni alimentari, con la cosiddetta “rivoluzione verde”. Molto innovativa e redditizia è, in questo campo, l’agricoltura verticale (vertical farming) che si sviluppa su nuove applicazioni scientifico-tecnologiche dell’idroponica e dell’aeroponica, utilizzando meno acqua, terra ed energia dell’agricoltura tradizionale e riducendo le emissioni di gas serra.

Gli Ogm

Un problema molto serio da definire è quello dell’uso degli Ogm (Organismi geneticamente modificati); esso infatti non trova concordi gli scienziati, per molti di essi il loro utilizzo è ritenuto indispensabile per il futuro dell’umanità e privo di pericoli, mentre altri studiosi ritengono che troppo poco si sappia ancora sugli effetti sulla salute, esistendo numerosi studi che starebbero a dimostrare l’insorgenza, in alcuni casi, di importanti disturbi. Particolarmente grave comunque è il fatto che i semi degli Ogm siano brevettati dalle multinazionali e che debbano quindi essere acquistati ogni anno dai coltivatori in quanto i semi stessi sono appositamente resi sterili.

Un grande business per le multinazionali del settore, un grande costo, a volte insopportabile, per gli agricoltori. Non si può accettare che si possa esercitare il controllo sui semi perché sono alla base della catena alimentare, sono una fonte primaria di vita. Quando un’azienda li controlla, controlla la vita, specialmente quella dei contadini. Rendere i semi sterili è una violenza inaccettabile, contro natura ed esercitata solo per i forti guadagni che procura. Basti pensare che il 95% dei semi di cotone in India è ora in mano ad aziende private.

La deforestazione

Anche la distruzione delle foreste primarie (13 milioni di ettari l’anno) è una questione grave che va al di là dei limiti delle Nazioni direttamente interessate, ma riguarda tutti perché ha conseguenze negative sulle dinamiche ecologiche dell’intero Pianeta e in particolare sull’equilibrio ossigenoanidride carbonica.

Tutte le straordinarie varietà animali e vegetali che convivono nelle foreste sono a rischio, mentre gli indigeni che le abitano sono pressoché impotenti nel difendere i loro territori e i loro sacrosanti diritti dall’aggressione delle grandi holding internazionali attratte dalle ricchezze del suolo e del sottosuolo, che hanno sempre offerto fondamentali risorse per la vita, ma si sa che le risorse naturali sono in via di esaurimento a causa del predatorio intervento umano che va ben al di là della capacità di rigenerazione della natura e non tiene conto dei bisogni futuri di una popolazione mondiale in continuo aumento. Se non si avvierà un processo di collaborazione internazionale, attraverso organismi sovranazionali gestiti democraticamente, in grado di imporre e far rispettare delle regole in tutto il Pianeta, come si potranno evitare guerre tra gli Stati per l’accaparramento e la gestione delle risorse residue?

 

Orazio Parisotto

Foto © UNDP Ciad/ Jean Damascene Hakuzimana, Wadaa Abdul Kareem Faleh, Alex Cao, Matchplat, LifeGate, Europarl

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Orazio Parisotto
Studioso di scienze umane e dei diritti fondamentali, è fondatore e presidente di Unipax, Ngo associata all’UN/Dgc Department of Global Communications delle Nazioni Unite e all’ASviS, l’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile - Agenda 2030 dell’Onu. Già consigliere-administrateur al Parlamento europeo è autore di numerosi saggi e pubblicazioni sull’Ue, i diritti dell’uomo e la pace. Su questi temi ha realizzato progetti educativi multimediali su piattaforme digitali (web giornali radio, web tv e strumenti didattici in e-learning), in collaborazione con l’Unione europea e ha promosso il “Progetto pilota di Educazione Civica per un Nuovo Umanesimo” per le scuole superiori. Scrive come editorialista su varie testate specializzate in relazioni internazionali e ha un Blog su geopolitica e diritti umani. È coordinatore del Comitato Promotore del Progetto United Peacers - The World Community for a New Humanism ed è membro del Comitato Scientifico dell'Università della Pace dell'Onu

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