Lo sport per la pace

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Sport

La Giornata mondiale per lo sviluppo e la pace indetta dalle Nazioni Unite è un invito alla comunità internazionale a promuovere, durante i Giochi di Parigi, la tregua olimpica per fermare le guerre

 

A luglio si svolgeranno a Parigi i Giochi Olimpici che quest’anno coincidono con una delle fasi più drammatiche della storia dell’umanità attraversata da guerre che rischiano di mettere seriamente in pericolo la nostra stessa esistenza. Le Olimpiadi sono nate nell’antica Grecia come momento di coesione e di riappacificazione: per tutta la durata dei giochi infatti venivano interrotte le guerre promulgando la cosiddetta “tregua olimpica”. Progressivamente i Giochi persero di importanza e solo alla fine dell’800 il barone francese Pierre de Coubertin si fece promotore dei primi Giochi olimpici dell’era moderna che si sarebbero svolti nel 1896 ad Atene con il coinvolgimento del maggior numero di Paesi.

De Coubertin voleva in questo modo avvicinare le Nazioni e permettere ai giovani di tutte le nazionalità di confrontarsi in una competizione sportiva, piuttosto che in guerra. Come avviene dal 1992 il CIO, il Comitato olimpico, in occasione dell’Olimpiade, ha chiesto ufficialmente alla comunità internazionale (con il supporto dell’Onu) di mettere in atto una sospensione di tutti i conflitti nel nome dello sport come fattore unificante per favorire la convivenza civile. Purtroppo dobbiamo constatare che lo spirito olimpico che avrebbe dovuto ispirare le azioni dei Governi è stato spesso disatteso e anche per le prossime competizioni di Parigi le previsioni sono poco rassicuranti. A causa delle guerre molti giovani atleti non potranno partecipare o saranno costretti a competere senza la loro bandiera. Oltre naturalmente ai pericoli costituiti dalle crescenti minacce di possibili attentati terroristici.

Speranza e fiducia

Di fronte a questi allarmi le Nazioni Unite in concomitanza con la Giornata mondiale dello Sport che si celebra oggi 6 aprile, sollecitano con forza i governanti a promuovere la Sportpace attraverso i valori dello sport. «Lo sport ha il potere di allineare la nostra passione, la nostra energia e il nostro entusiasmo intorno a una causa collettiva», afferma il vice segretario generale delle Nazioni Unite Amina J. Mohammed «ed è proprio allora che si può alimentare la speranza e riconquistare la fiducia. È nell’interesse di tutta l’umanità sfruttare l’enorme potere dello sport per contribuire a costruire un futuro migliore e più sostenibile per tutti».

Il potere dei valori dello sport

L’acquisizione di valori etici di base è indispensabile per contribuire a uscire dalla crisi che attanaglia la nostra società. Se la analizziamo nelle sue diverse manifestazioni, ci accorgiamo che il denominatore comune è la grave carenza di etica. La violenza e la guerra sono la negazione di ogni principio etico, sono il male assoluto ma è grave anche la serie di emergenze planetarie che affliggono l’umanità, alle quali è necessario porre rimedio con urgenza. Emergenze che sono frutto di gravi disattenzioni nei confronti dei diritti-doveri fondamentali, di comportamenti sleali, ingannevoli, predatori, aggressivi e spesso violenti quindi privi di ogni morale.

Ed è proprio qui che dobbiamo essere consapevoli della grande importanza del ruolo socio culturale educativo e formativo delle attività sportive come palestra di vita e di corretta partecipazione sociale. Ma sotto questo aspetto anche il mondo dello sport deve farsi un profondo esame di coscienza perché c’è ancora tanto da fare.

La lotta al doping

In questi ultimi decenni si è detto che lo sport è malato: gli imbrogli, la violenza, fisica e verbale, lo sfruttamento, le discriminazioni, la commercializzazione eccessiva, la corruzione stanno minando le basi stesse della corretta pratica sportiva sia a livello agonistico che amatoriale. Ma il pericolo più grave e insidioso è quello del doping. Il ricorso all’assunzione di farmaci, che possono aumentare le prestazioni psico-fisiche o agonistiche in una competizione sportiva e al di là di ogni regola etica, era già stato vietato dalla Convenzione europea di Strasburgo contro il doping del 16 novembre 1989, recepita in Italia con la legge 29 novembre 1995 n.522, che ribadisce come l’attività sportiva sia diretta alla promozione della salute individuale e collettiva e debba essere informata al rispetto dei principi etici e dei valori educativi delle società civili.

Occorre però riscontrare, in base alle ultime statistiche dell’Istituto superiore di sanità, che la percentuale di sportivi che fa regolarmente uso di sostanze vietate è in costante aumento. E dai dati contenuti nei report annuali pubblicati dalla World Anti-doping Agency (WADA), risulta che l’Italia si colloca ai primi posti al Mondo per consumo di sostanze dopanti.

Il fatto di essere in cima alla classifica mondiale per maggior numero di positività al doping comunque, si può leggere anche in chiave positiva; significa cioè che siamo un Paese che controlla con efficacia, serietà e metodicità il fenomeno, che lo controlla più e meglio di ciò che avviene in altre Nazioni, in un contesto socio sportivo internazionale che purtroppo fa largo uso di sostanze dopanti. Il Comitato olimpico internazionale e la WADA hanno più volte attestato il particolare impegno dell’Italia nella lotta al doping, ora rafforzata dalla nascita della NadoItalia (National Antidoping Organization) quale organo indipendente dal Coni.

La Carta del Fair Play

Già nel 1992 i ministri europei responsabili dello sport dei Paesi aderenti al Consiglio d’Europa, consapevoli delle degenerazioni del sistema, per tentare di introdurre regole di condotta uguali per tutti hanno adottato il Codice europeo di etica sportiva e la Carta del Fair Play che valorizza i principi del gioco leale ritenendoli essenziali in ogni attività sportiva. Il Codice è stato presentato con lo slogan: “Chi gioca lealmente è sempre vincitore, partendo dal principio fondamentale che le considerazioni etiche ispiratrici del fair play devono trovare applicazione in ogni fase della politica e della gestione del settore sportivo, a tutti i livelli di abilità e impegno, dallo sport ricreativo a quello agonistico”.

In Italia il Coni ha introdotto un Codice di comportamento sportivo la cui trasgressione comporta sanzioni disciplinari ed è attivo il Cnifp, Comitato nazionale italiano Fair Play, presieduto da Ruggero Alcanterini, che fa parte dell’ EFPM (European Fair Play Movement).

Questi importanti obiettivi dovrebbero essere coordinati a livello internazionale innanzitutto con quelli dei milioni di operatori di pace attivi nelle varie espressioni della società civile, del mondo produttivo e dei cittadini consumatori e ancora con i giovani che, in tutti i Continenti, si sono mobilitati per la salvaguardia del Pianeta. Il riconoscimento delle regole del FairPlay può diventare allora un punto di riferimento per tutti gli operatori di pace, trattandosi di regole semplici e riconosciute universalmente. Fair Play significa molto di più che giocare nel rispetto delle regole. Esso incorpora i concetti di amicizia, di rispetto degli altri e di spirito sportivo. Il Fair Play è un modo di pensare, non solo un modo di comportarsi. Il codice riconosce lo sport quale attività socio-culturale a carattere collettivo che arricchisce la società e aumenta l’amicizia tra le Nazioni, a condizione di essere praticato lealmente.

Fair Play for Peace

Lo sport viene anche riconosciuto quale attività individuale che offre l’opportunità di conoscere se stessi, di esprimersi, di raggiungere obiettivi personali, acquisire capacità tecniche e dimostrare abilità, di interagire socialmente, divertirsi, favorire un buono stato di salute. Lo sport, nel rispetto delle regole del Fair Play, è portatore di educazione civica interculturale e predispone alla cittadinanza attiva, consapevole e impegnata eticamente, da “Fair Play for sport” diventa allora “Fair Play for life” e siccome le sue semplici regole applicate nella vita di tutti i giorni favoriscono la civile convivenza che è elemento fondamentale per la costruzione della pace interna agli Stati e internazionale, il “Fair Play for Peace” ne è la logica conseguenza.

 

Orazio Parisotto

Foto © Africa Rivista, United Nations, Digiresearch, Unicusano, CNIFP

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Orazio Parisotto
Studioso di scienze umane e dei diritti fondamentali, è fondatore e presidente di Unipax, Ngo associata all’UN/Dgc Department of Global Communications delle Nazioni Unite e all’ASviS, l’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile - Agenda 2030 dell’Onu. Già consigliere-administrateur al Parlamento europeo è autore di numerosi saggi e pubblicazioni sull’Ue, i diritti dell’uomo e la pace. Su questi temi ha realizzato progetti educativi multimediali su piattaforme digitali (web giornali radio, web tv e strumenti didattici in e-learning), in collaborazione con l’Unione europea e ha promosso il “Progetto pilota di Educazione Civica per un Nuovo Umanesimo” per le scuole superiori. Scrive come editorialista su varie testate specializzate in relazioni internazionali e ha un Blog su geopolitica e diritti umani. È coordinatore del Comitato Promotore del Progetto United Peacers - The World Community for a New Humanism ed è membro del Comitato Scientifico dell'Università della Pace dell'Onu

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