Anche in Italia la salute è diventata un lusso

0
1072

Dall’ultima indagine della Fondazione Gimbe l’impatto delle spese sanitarie sulle famiglie è in notevole aumento

Per le famiglie italiane la spesa sanitaria sostenuta direttamente (definita spesa out-of-pocket), nel 2022, ammonta a quasi 37 miliardi di euro. In media hanno speso per la salute 1.362 euro, con un aumento, rispetto al 2021, di oltre 64 euro che salgono a 100 nel Centro Sud. Ciò per 25,2 milioni di famiglie. Invece 4,2 milioni hanno limitato le spese per la sanità e più di 1,9 milioni di persone hanno, addirittura, rinunciato alle prestazioni proprio per ragioni economiche. Questo si traduce in 2,1 milioni di famiglie a rischio. A rilevarlo è l’ultimo report della Fondazione Gimbe basata si dati Istat.

Il problema principale è la prenotazione di una visita o un esame che è diventata un’odissea e di conseguenza, chi ha un problema di salute e non può aspettare lunghe attese, è costretto a curarsi tramite visite private.

 

In futuro non si prospettano cambiamenti

«È evidente che l’aumento del numero di famiglie che vivono sotto la soglia della povertà assoluta avrà un impatto residuale sulla spesa out-of-pocket, ma aumenterà la rinuncia alle cure, condizionando il peggioramento della salute e la riduzione dell’aspettativa di vita delle persone più povere del Paese», sostiene Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.

Complessivamente, nel periodo 2012-2022 la spesa out-of-pocket è aumentata in media dell’1,6% annuo, per un totale di € 5.326 milioni in 10 anni. «Un dato» – spiega il presidente – «che documenta solo in parte l’impatto del progressivo indebolimento del Servizio sanitario nazionale (Ssn), perché non tiene conto di altri indicatori. Infatti, la limitazione delle spese per la salute, l’indisponibilità economica temporanea e, soprattutto, la rinuncia alle cure sono fenomeni che, pur non aumentando la spesa out-of-pocket, contribuiscono a peggiorare la salute delle persone».

Impatto sulle famiglie

La media nazionale delle spese per la salute è pari a 1.362,24 a famiglia, in aumento rispetto ai 1.298,04 del 2021. A eccezione del NordOvest, dove si registra una lieve riduzione, l’aumento delle spese per la salute nel 2022 riguarda tutte le macro-aree del Paese: «Al Centro e al Sud si registrano aumenti di oltre 100 euro a famiglia», rileva Cartabellotta. I dati regionali restituiscono, invece, un quadro molto eterogeneo. Nel periodo esaminato i maggiori incrementi si rilevano in Puglia con +26,1% (910,20€ vs 1.147,80€) e in Toscana con +19,3% (1.178,40 vs 1.405,92). Altre Regioni, invece, hanno registrato una diminuzione: la Valle d’Aosta del 24,3% (1.834,08 vs 1.387,56) e la Calabria -15,3% (€ 1.060,92 vs € 899,04).

Ad esempio, il fatto che per le famiglie calabresi e marchigiane rimanga al di sotto di 1.000 euro è verosimilmente imputabile a motivazioni differenti. Analogamente, nelle prime posizioni per spesa delle famiglie si collocano le Regioni più ricche e/o con più elevata qualità dei servizi sanitari, documentando, aggiunge il presidente «che la spesa out-of-pocket non è un indicatore affidabile per valutare la riduzione delle tutele pubbliche; di conseguenza, lasciare che il dibattito pubblico si concentri solo su questo dato restituisce un quadro distorto della realtà, sia perché alcune famiglie spendono per servizi e prestazioni inutili, sia perché altre non riescono a spendere per bisogni reali di salute a causa di difficoltà economiche».

Chi taglia

Sempre secondo i dati Istat, il 16,7% delle famiglie dichiara di aver limitato la spesa per visite mediche e accertamenti periodici preventivi. Se il Nord-Est (10,6%), il Nord-Ovest (12,8%) e il Centro (14,6%) si trovano sotto la media nazionale, tutto il Mezzogiorno si colloca al di sopra: di poco le Isole (18,5%), di oltre 10 punti percentuali il Sud (28,7%), in pratica più di 1 famiglia su 4. Non stupisce che 4,2% delle famiglie dichiari di non disporre di soldi in alcuni periodi dell’anno per far fronte a spese relative alle malattie. Sono al di sotto della media nazionale il Nord-Est (2%), il Centro (3,1%) e il Nord-Ovest (3,2%).

Mentre ancora il Mezzogiorno si colloca al di sopra della media: rispettivamente le Isole al 5,3% e il Sud all’8%, un dato quasi doppio rispetto alla media nazionale. «Anche questo fenomeno contribuisce a contenere la spesa out-of-pocket: infatti, proiettando sulla popolazione i dati dell’indagine, oltre 1 milione di famiglie in alcuni periodi del 2022 non sono riuscite a fronteggiare le spese per la salute per indisponibilità economica», riflette il presidente.

Chi rinuncia

I dati Istat e Cnel documentano che la percentuale di persone che rinunciano a prestazioni sanitarie – dopo i dati drammatici del periodo pandemico (9,6% nel 2020 e 11,1% nel Salute2021) – nel 2022 si è attestata al 7%, percentuale comunque maggiore a quella pre-pandemica del 2019 (6,3%). Si tratta di oltre 4,13 milioni di persone che dichiarano di aver rinunciato nell’ultimo anno a visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno, per uno o più motivi: problemi economici (impossibilità di pagare, costo eccessivo), difficoltà di accesso (struttura lontana, mancanza di trasporti, orari scomodi), lunghi tempi di attesa.

In particolare, nel 2022 ha rinunciato alle cure per motivi economici il 3,2% della popolazione: quasi 1,9 milioni di persone. La distribuzione per aree geografiche non documenta grandi differenze rispetto alla media nazionale, dimostrando che si tratta di un problema diffuso: NordOvest 7,5%, NordEst 6,4%, Centro 7%, Sud 6,2%, Isole 8,5%. Anche a livello regionale le differenze sono modeste, fatta eccezione per i dati estremi non sempre di facile interpretazione: da un lato Sardegna (12,3%) e Piemonte (9,6%), dall’altro la Provincia Autonoma di Bolzano e la Campania (4,7%).

Povertà assoluta

«L’impatto sulla salute individuale e collettiva dell’indebolimento della sanità pubblica» – afferma il presidente della Fondazione – «non può limitarsi a valutare gli indicatori relativi alla spesa delle famiglie, ma deve anche considerare il livello di povertà assoluta della popolazione». Secondo le statistiche Istat sulla povertà, tra il 2021 e il 2022 l’incidenza in Italia – ovvero il rapporto tra le famiglie con spesa sotto la soglia di povertà e il totale delle famiglie residenti – è salita dal 7,7% al 8,3%, ovvero quasi 2,1 milioni di famiglie. Il Nord-Est ha registrato l’incremento più significativo, passando dal 7,1% al 7,9%, seguito dal Sud con un aumento dal 10,5% all’11,2% e dalle Isole dal 9,2% al 9,8%. Anche se il Nord-Ovest e il Centro hanno registrato un aumento più contenuto (0,4%), il fenomeno della povertà assoluta è diffuso su tutto il territorio nazionale.

E le stime preliminari per l’anno 2023 documentano un ulteriore incremento della povertà assoluta delle famiglie: dall’8,3% all’8,5%.

 

Ginevra Larosa

Foto © Insieme Salute, Manola Veterlani, Giornale La Voce

Articolo precedenteKatia Ricciarelli con la sua voce irradia il Vaticano
Articolo successivo«Se i greci entrano in guerra, saranno distrutti in tre ore»

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui