Assedio all’Occidente, presentato il nuovo libro di Maurizio Molinari

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Una nuova Guerra Fredda è in atto in un mondo multipolare, dove le democrazie liberali sono sotto attacco di potenze che portano avanti i loro disegni di grandezza

C’è una seconda Guerra Fredda in atto, frutto degli errori nella transizione dopo il crollo del comunismo e quindi del mondo bipolare. Europa e Stati Uniti sono minacciati da super e medie potenze quali Russia, Cina, Turchia e, forse in misura minore, Iran e Corea del Nord. Questa tesi forte è portata avanti, con una ricca documentazione, dal direttore de La Stampa Maurizio Molinari nel suo nuovo libro (il ventunesimo) “Assedio all’Occidente. Leader, strategie e pericoli della seconda Guerra Fredda, presentato il 7 novembre alla Camera di Commercio di Roma. Ospiti dell’evento, tra gli altri, Antonio Tajani, ex vicepresidente della Commissione europea, presidente uscente del Parlamento europeo e cofondatore di Forza Italia, e Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio e segretario del Partito Democratico.

E in questo assedio, ora come durante la Guerra Fredda storica, l’Europa è uno dei principali teatri di battaglia, con l’Italia in prima fila o, per usare le parole di Molinari, «in trincea». Siamo spiazzati dai grandi cambiamenti in atto, politici e tecnologici, ed è difficile gestire la situazione tra fake news, troll, manipolazioni dell’informazione, infiltrazioni commerciali e governi autoritari che puntano a minare le tradizionali istituzioni delle democrazie liberali, svuotandole di contenuto.

«Paesi rivali sono in grado di sviluppare le nuove tecnologie con più efficacia e aggressività», spiega Molinari nel corso della presentazione del libro: la Russia con scopi politici, la Cina per una raccolta dati ancora più efficiente – vedi gli studi sul cosiddetto 5G. Ingerenze disgreganti, proprio quando bisogna più che mai fare fronte comune per rafforzare le difese cibernetiche, nell’alveo dell’Unione europea o della NATO, «rafforzando il ruolo dei singoli Stati in una cornice più ampia e forte».

Il mosaico di partiti sovranisti, le battaglie fra hacker, «descrivono i contorni della sfida più temibile e pericolosa che le democrazie si trovano ad affrontare dalla caduta del Muro di Berlino», scrive Molinari. La gioia di trent’anni fa, le speranze di una globalizzazione che mettesse tutti sullo stesso piano con uno scambio di culture e risorse, sono state disattese e anzi lo scenario roseo si è completamente ribaltato.

Dittatori o comunque personaggi e personalità molto forti hanno conquistato spazio in una fase di riorganizzazione. Il multipolarismo, di per sé fattore positivo, ha invece portato alla ribalta attori tutt’altro che disinteressati. Vladimir Putin, Xi Jinping, Recep Erdoğan, vogliono restaurare i vecchi sfarzi dei loro Paesi o far risorgere una “via della seta” che trasformi il Vecchio Continente in uno sbocco mercantile cinese. Mentre Iran e Corea del Nord rimangono ancorate all’idea tradizionali di potenza regionale, misurata dall’arsenale bellico e nucleare.

In questo quadro la realtà turca è quella più particolare, dato che gli anatolici sono anche membri della NATO e storici alleati dell’Occidente. Ma Erdoğan ha gradualmente abbandonato i dettami kemalisti e amplia sempre di più la sfera di influenza turca in quelli che furono già territori ottomani, stringendo alleanze con Russia, Cina, Iran sugli interventi in Siria o investendo fortemente nel sistema creditizio dei Balcani. Senza dimenticare le recenti minacce del “Sultano”, dove i migranti vengono usati come deterrente – dopo gli ingenti finanziamenti Ue per bloccare i richiedenti asilo in Turchia.

L’Occidente è ormai a un bivio: «reagire alla sfida o far passare gli avversari». E l’Italia è il Paese più esposto in tal senso, per via della posizione geografica e per un’atavica instabilità politica che rende i tentativi di penetrazione da parte di questi attori più facile. Il governogialloverde” è stato il primo esperimento sovranista/populista, da una parte pesano le ombre di pesanti ingerenze da Mosca (fronte Lega), dall’altra gli accordi con la Cina sulla nuova via della seta (MoVimento 5 Stelle).

Il vecchio governo ha rischiato di isolare l’Italia, per le posizioni sfumatamente antieuropeiste, per l’appoggio alle violente proteste dei gilet gialli in Francia e il mancato riconoscimento del governo di Guaidó in Venezuela, a differenza da quanto fatto quasi all’unanimità dalla comunità internazionale.

La risposta che dobbiamo dare, conclude Molinari con una certa dose di ottimismo di fronte a un quadro generale inquietante, sta nel rafforzamento dei diritti, del sistema democratico, del legame fra cittadini e istituzioni. Nel 2018 si sono celebrati i 70 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, risposta alle atrocità della Seconda Guerra Mondiale. Ora ci sono nuove esigenze che richiedono rinnovati standard, per far fronte a situazioni che quasi un secolo fa non erano certo immaginabili: su tutte «le diseguaglianze economiche e la realtà digitale», ridefinendo i diritti economici e sociali per adattarli al XXI secolo.

Ma i singoli Stati sono in difficoltà, per risorse a disposizione, contro questi cambiamenti epocali, ed ecco che la necessità di entità sovranazionali si scontra con le ondate nazionaliste. Senza dimenticare, anzi, andrebbe messo in primo piano, che non è più possibile portare avanti un modello di sviluppo che non sia sostenibile a livello ambientale.

Non ultimo, è inevitabile ascoltare le richieste di diritti civili. Lo scandalo me too ha portato all’attenzione internazionale un grave problema sistematico nei rapporti di genere. Donne di spettacolo hanno avuto e hanno tuttora maggiore visibilità per denunciare, ma la tematica coinvolge qualsiasi ambiente lavorativo. E data la presa di posizione conservativa di molti esponenti dell’opinione pubblica, è bene ricordare che «gli avversari da battere non sono gli uomini come categoria, ma quei singoli che danneggiano il prossimo e indeboliscono i diritti di tutti».

«L’Occidente è debole e le nuove potenze, anche per antiamericanismo, vedono un’area dove infilarsi», ammonisce a margine della presentazione Antonio Tajani. «Abbiamo perso i nostri ideali, i nostri valori e le forze estremiste ne stanno prendendo il posto».

«È un libro utile per capire», commenta infine Nicola Zingaretti. «Intellettuali e masse stanno dando risposte sbagliate, non comprendendo la natura dei cambiamenti in atto che sovvertono la geopolitica» così come la conoscevamo. «Tutto questo ragionamento deve spingerci verso un’Europa più unita e completa. La democrazia liberale deve ancora essere strumento di emancipazione e inclusione».

 

Raisa Ambros

Foto © Luigi Scaffidi, Responsabile Ufficio Stampa

 

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Raisa Ambros
Giornalista pubblicista specializzata in geopolitica, migrazioni, intercultura e politiche sociali. Vive tra l’Italia e l’Inghilterra. Sceneggiatrice, autrice televisiva e conduttrice di programmi TV con un’esperienza decennale in televisione, Raisa è stata parte del team di docenti nel corso di giornalismo “Infomigranti” a Piuculture, il settimanale dove ha pubblicato e svolto volontariato di traduzione. Parla cinque lingue e viene spesso invitata nelle conferenze come relatrice sulle politiche di integrazione.

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