Germania: sì al salario minimo

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La legge, proposta dall’Spd, sarà avviata già nel 2015

Approvato in Germania il disegno di legge per l’introduzione del salario minimo nazionale (mindestlohn). La cifra stabilita è di 8,50 euro lordi l’ora e verrà applicata gradualmente a tutte le categorie di lavoratori. Dopo l’approvazione da parte del consiglio dei ministri tedesco, la legge dovrà passare per il Bundestag (Camera bassa del parlamento tedesco) e il Bundesrat (Camera alta): è tuttavia molto probabile che non si verifichino problemi nel corso di questi due passaggi.
La legge sul “mindestlohn dovrebbe dunque essere varata entro l’estate ed entrare in vigore il primo gennaio del prossimo anno, fino a trovare piena applicazione a partire dal 2017.
Si tratta di un passo importante per un Paese come la Germania in cui, fino ad oggi, i salari venivano negoziati dalle parti sociali. Su questo terreno, del resto, si giocava il terzo mandato della cancelliera Merkel. La legge sul salario minimo era infatti fra i temi cari alla Spd, il partito dei socialdemocratici appartenente alla Grosse Koalition. Spd e Cdu, sotto la guida della Merkel, sono dunque riusciti a trovare un accordo sul “mindestlohn“, escludendo da quest’ultimo i disoccupati cosiddetti “di lungo corso”, ovvero inattivi da oltre un anno, durante i primi sei mesi del loro reimpiego. La legge è stata invece estesa anche ai diciottenni e ai praticanti che stanno svolgendo formazione. Si tratta di un provvedimento molto popolare, con un consenso pari quasi all’80% fra i cittadini tedeschi. Non sono tuttavia mancate le contestazioni e le critiche: in primo luogo da parte della Bda (la Confindustria tedesca) che ha sottolineato con forza come la legge sul “mindestlohn” vada a svantaggio delle figure “più deboli” fra i lavoratori: ovvero occupati di lungo termine, e tutti coloro che non sono mai entrati nel mercato del lavoro. La Bda ha inoltre evidenziato la presunta iniquità del provvedimento a livello nazionale, in considerazione della diversità tuttora esistente fra i salari dell’ex Ddr e quelli più alti della Germania dell’ovest.
La questione si colloca all’interno di un più ampio dibattito che da anni si svolge, a livello europeo, intorno a questo tema. Attualmente in 21 dei 28 Stati membri dell’Ue esiste infatti una legge sul salario minimo garantito, che naturalmente assume caratteristiche e tariffe diverse a seconda del singolo Paese. La cifra più bassa si registra in Bulgaria, con 1,04 euro all’ora, mentre la più alta è stata adottata dal Lussemburgo con 11,10 euro orari. Diversi da Paese a Paese anche i limiti d’età al di sotto dei quali il salario minimo entra in vigore.
L’Italia resta dunque uno dei pochi Stati dell’Ue a non aver adottato questo tipo di provvedimento, anche se una retribuzione minima oraria è in realtà garantita dai contratti stessi, che tuttavi negli ultimi anni si trovano ad essere in balìa di un mercato del lavoro in continua trasformazione.

Valentina Ferraro

Foto © European Community, 2014

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Valentina Ferraro
Laureata in letteratura contemporanea, ha lavorato per diversi anni come editor per una casa editrice romana, per poi avvicinarsi alla sua più grande passione: la scrittura, intesa come mezzo di comunicazione a 360 gradi. Ha iniziato scrivendo di cinema e cultura per diverse testate sia online che cartacee (fra queste, “Il quotidiano della Sera” e il settimanale “Il Punto”). Dopo il primo viaggio a Bruxelles, nel 2014, ha scoperto un forte interesse per l’Unione europea, iniziando così ad approfondire le tematiche relative all’Ue. La spiccata curiosità per l’universo della “comunicazione 2.0” l’ha portata a mettersi alla prova anche come blogger. Di recente la scrittura ha incontrato un’altra sua grande passione: l’enogastronomia.

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