“33 false verità sull’Europa”: intervista a Lorenzo Bini Smaghi

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Alla vigilia delle elezioni abbiamo parlato di Europa con il noto economista

Le elezioni europee sono alle porte e da settimane siamo sopraffatti da dibattiti, confronti, polemiche, in cui ci si affronta a suon di slogan e il populismo dilaga. Tutti parlano di Europa: i politici, i media di ogni genere, e naturalmente i cittadini, che quei politici dovranno andarli a votare. Eppure l’impressione è che nessuno sappia veramente di cosa si stia parlando. Proprio in questo contesto si colloca l’ultimo libro di Lorenzo Bini Smaghi, economista, ex membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea, e autore di saggi che affrontano con particolare acume non solo tematiche monetarie e finanziarie, ma anche internazionali ed europee. Il suo ultimo libro, “33 false verità sull’Europa” (edito da Il Mulino) si presenta come un testo particolarmente interessante, soprattutto in questo periodo pre-elettorale.

Bini Smaghi affronta infatti proprio alcuni di quei temi sui quali tanto si dibatte nelle ultime ore, e lo fa per sfatare i luoghi comuni e smascherare, in modo chiaro e sintetico, alcune false verità che continuano a circolare riguardo l’Europa. Ad ognuna di esse (33 come suggerito dal titolo), è dedicato un breve capitolo, in cui, con un semplice meccanismo di domanda e risposta, Bini Smaghi affronta alcuni degli argomenti più scottanti: dalla presunta mancanza di legittimità democratica dell’Europa, all’ipotesi secondo la quale, fuori dall’euro, il nostro Paese crescerebbe di più. Fino ad arrivare, naturalmente, al ruolo della BCE.

Ciò che davvero stupisce, forse perché in contrasto con l’estrema confusione che regna attualmente nel dibattito sull’Europa, è la linearità con la quale Bini Smaghi conduce le sue argomentazioni. Ecco dunque che leggendo questo libro ci si accorge presto di come basti un’analisi più approfondita, uno sguardo ai numeri, una riflessione sugli esempi che provengono dagli altri Stati (ma anche sul passato), per avere un quadro chiaro di quella che è la situazione attuale in Europa. Proprio prendendo spunto dal suo saggio, abbiamo rivolto alcune domande all’autore.

 

Professor Bini Smaghi, nel nostro Paese si continua a parlare di Europa come di un’entità “altra”, lontana da noi. Allo stesso modo si giudicano i provvedimenti provenienti dall’Ue come imposti dall’alto senza considerare che il nostro Paese è parte dell’Europa e incide sui suoi processi decisionali. Secondo lei perché questo accade?
L’Italia si è chiusa molto negli ultimi dieci anni, non solo nei confronti dell’Europa ma del mondo globale e ha difficoltà ad adattarsi. Sembra che non capisca che deve fare grandi cambiamenti per poter essere competitiva, come hanno fatto gli altri peraltro. Si tende invece a scaricare la colpa di tutti i mali sugli altri, a cominciare dall’Europa.

Nel suo libro sottolinea come sia fondamentale, per uscire dalla crisi, ricorrere a riforme strutturali, anche a lungo termine. L’attuale governo sembra voler andare in questa direzione. Cosa pensa dell’operato di Renzi in questi primi mesi?
Non è facile riformare l’Italia, che da anni è immobile e ha forme di resistenza incrostate. Ci vuole coraggio ed energia, cosa che sicuramente Renzi ha, ma anche molta conoscenza dei processi decisionali e della struttura dello Stato che deve essere cambiata.

Parliamo di euroscettici. Gli ultimi sondaggi danno in crescita i partiti “anti-euro” e “anti-Europa”. Secondo lei ha senso parlare di un ritorno indietro dell’Europa? È un ipotesi realistica?
L’Europa non tornerà indietro. Semmai alcuni Paesi perderanno influenza o se ne distaccheranno. Questo è il caso del Regno Unito, che si sta interrogando sul suo futuro fuori dall’Europa. È anche il rischio per l’Italia, dove alcuni si illudono che fuori dall’euro si recupererebbe sovranità e si sarebbe in grado di risolvere meglio i problemi strutturali del nostro Paese. L’esperienza del periodo precedente all’euro dimostra che avere la propria moneta non aiuta necessariamente a fare le riforme, al contrario.

Uno dei problemi dell’Europa sembra essere la mancanza di una propria “sfera pubblica”. L’Europa continua a essere osservata partendo sempre dal punto di vista della propria nazione di appartenenza. Come si può, secondo lei, favorire un più forte senso di appartenenza all’Ue?
Ci vuole un rapporto più diretto tra le istituzioni europee e i cittadini. Queste elezioni possono rappresentare un punto di svolta, se ad esempio il capo della Commissione europea verrà scelto dal partito che avrà ottenuto

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più voti. Per questo motivo le elezioni di quest’anno sono importanti.

Le elezioni che si svolgeranno tra pochi giorni sono le prime dopo il trattato di Lisbona e sembrano voler stimolare una maggior partecipazione dei cittadini. L’impressione è che si voglia andare verso un modello più politico e meno tecnocratico di fare politica nell’Ue. Vede questo cambiamento come positivo?
Nella misura in cui queste elezioni non vengono percepite come un’occasione di uscire dall’Europa, o di rimetterla in discussione, ma di migliorarla e di farla progredire, la risposta è ottimistica. Ma in questo caso bisogna discutere seriamente sui contenuti e sulle politiche, non basarsi solo su slogan demagogici.

Negli ultimi giorni la BCE si è detta pronta ad utilizzare “misure non convenzionali” per far fronte ad un periodo troppo lungo di bassa inflazione. Come giudica questa decisione?
Mi sembra opportuna. Non ci sono rischi di inflazione e la crescita europea è debole. Il valore esterno dell’euro non riflette i fondamentali, e frena l’export. La BCE deve dunque rompere gli indugi e intervenire. Più aspetta e più incisive dovranno essere le misure che dovrà prendere.

Nel suo libro ha evidenziato la stretta connessione che esiste nei Paesi dell’Ue fra crescita economica e digitalizzazione. L’Italia si colloca agli ultimi posti come percentuale di accesso a Internet. Crede che il semestre italiano di presidenza del Consiglio europeo, potrà, come annunciato dal governo Renzi, porre finalmente il nostro Paese in prima linea sull’argomento?
Lo spero, ma per ora non mi sembra ci sia nulla di concreto. Tuttavia, il ritardo del nostro Paese si colma soprattutto intervenendo a casa nostra, piuttosto che sperare in qualche azione europea.

 

Lorenzo Bini Smaghi è stato membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea dal 2005 al 2011. In precendenza ha ricoperto il ruolo di direttore generale della Direzione rapporti finanziari internazionali del Ministero dell’Economia e delle Finanze (1998-2005), ed è stato capo della Divisione Analisi e Pianificazione dell’Istituto monetario europeo a Francoforte (1988). Dal 1988 al 1994 ha ricoperto il ruolo di capo dellUfficio cambi e commercio internazionale del Servizio Studi della Banca d’Italia. Attualmente è Presidente di Snam Spa e Visiting Scholar presso la Harvard Weatherhead Center for International Affairs.

 

Valentina Ferraro

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Valentina Ferraro
Laureata in letteratura contemporanea, ha lavorato per diversi anni come editor per una casa editrice romana, per poi avvicinarsi alla sua più grande passione: la scrittura, intesa come mezzo di comunicazione a 360 gradi. Ha iniziato scrivendo di cinema e cultura per diverse testate sia online che cartacee (fra queste, “Il quotidiano della Sera” e il settimanale “Il Punto”). Dopo il primo viaggio a Bruxelles, nel 2014, ha scoperto un forte interesse per l’Unione europea, iniziando così ad approfondire le tematiche relative all’Ue. La spiccata curiosità per l’universo della “comunicazione 2.0” l’ha portata a mettersi alla prova anche come blogger. Di recente la scrittura ha incontrato un’altra sua grande passione: l’enogastronomia.

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