Per la prima volta una mostra al Rijksmuseum di Amsterdam indaga l’ultima stagione creativa del grande genio olandese
Vi sono artisti in grado di trascendere il proprio tempo, di guardare avanti quasi fossero spinti da qualità preveggenti. Così come l’ultimo Tiziano adottò una maniera inquieta e aperta a nuove riflessioni coloristiche, allo stesso modo il Rembrandt più tardo è animato da una pensosità profondissima supportata da un cromatismo ridotto, veicolo di somma concentrazione emotiva.
Una mostra dal titolo Rembrandt: late works, proveniente dalla National Gallery di Londra e pronta ad aprire al Rijksmuseum di Amsterdam, intende approfondire l’ultimo periodo del pittore olandese attraverso oltre quaranta dipinti, affiancati a stampe e disegni che introducono il visitatore all’interno del suo personalissimo laboratorio, ponendolo a diretto contatto con il suo peculiare modus operandi. Un eclettismo che spicca in una esposizione ricca di prestiti, anche inediti, provenienti da tutto il mondo.
Desta semmai meraviglia il fatto che questa sia in assoluto la prima mostra interamente dedicata all’estrema stagione creativa di un artista capace di prefigurare come pochi gli sviluppi futuri dell’arte pittorica. Molte le esposizioni consacrate all’ultimo Tiziano, nessuna all’ultimo Rembrandt, il che accresce ancora di più l’interesse per questo appuntamento. Se seguitiamo a chiamare in causa il cadorino, le ragioni risiedono nell’influsso che questi esercitò sulla visione del collega olandese. Certamente Rembrandt possedeva un libro con incisioni da opere di Tiziano, preziosa fonte di ispirazione. Un dialogo che si manifesta nella maniera disegnativa, nella concezione paesaggistica e infine, come già accennavamo, nella riduzione della tavolozza cromatica e nella sobria concentrazione che caratterizza l’ultima stagione creativa dell’artista olandese.
La pittura diviene una indagine profonda dell’io. Non a caso Rembrandt è prodigo di autoritratti come pochi altri nella storia. Non ha paura di osservare la sua immagine allo specchio, invecchiata e solcata da rughe profonde. Un’autoanalisi ininterrotta che forse ha le proprie radici nei precetti della religione protestante, incline all’individuazione della responsabilità del singolo individuo. Significativo in quest’ottica l’autoritratto come l’Apostolo Paolo, una maniera singolare per umanizzare il personaggio sacro. L’artista, profondo conoscitore della Bibbia, sembra cercare un contatto più diretto con il divino, confrontandosi nel contempo con la propria individualità.
Rembrandt nasce a Leida nel 1606, da una famiglia benestante. Il suo talento precoce non tarda a guadagnarsi la stima della ricca committenza. Una gloria effimera destinata a dileguarsi nelle ristrettezze economiche e nei lutti familiari. La perdita di due figlie appena nate, rispettivamente nel 1638 e nel 1640, e quella della madre lo gettano in una profonda prostrazione. Il lieto evento della nascita del figlio Tito, in seguito alla quale l’artista pare lavorare con rinnovato vigore, si muta in tragedia. L’amata moglie Saskia, forse sfinita proprio dal parto, muore nel 1642.
Pur senza voler legare direttamente le vicende biografiche con l’evoluzione artistica, certo è che lo stile di Rembrandt si fa sempre più scarno e anticonvenzionale, tanto da sconcertare non poco la committenza. Si pensi al Ritratto di Tito che legge, intima confessione di affetto la quale, nella economicità della gamma cromatica e nelle ruvidezze del pennello, sembra prefigurare la morte del figlio a causa della peste bubbonica, estremo dramma della sua vita. Toccante poi la cosiddetta Sposa ebrea, opera ancora oggi controversa e oscura, il cui titolo imposto successivamente può risultare fuorviante per lo spettatore. Qualunque sia il significato della scena rappresentata, secondo alcuni addirittura una celebrazione del fidanzamento del figlio Tito, resta la tenerezza del gesto, lo straordinario trattamento della materia pittorica, testimone di una specifica ricerca poetica. Troppe volte la critica ha cercato spiegazioni nelle limitazioni fisiche conseguenti alla vecchiaia per personalità geniali come quelle di Tiziano, di Rembrandt o di Turner, senza accorgersi che la dissoluzione della forma è solo un ulteriore gradino evolutivo. Il genio, ad un certo punto della propria vicenda, rompe le pastoie della tradizione per immergere lo sguardo nel più distante futuro. E’ quello che fa Rembrandt, le cui estreme creazioni sono ora riunite in una mostra straordinaria e imperdibile per gli amanti dell’arte.
L’esposizione di Amsterdam presenta inoltre un valore aggiunto, ovverosia la possibilità di visitare i luoghi dove Rembrandt visse e operò fino alla morte, che lo coglie nel 1669. Una mappa acquistabile presso il museo guiderà tutti coloro i quali vorranno seguire le orme del Maestro, sperimentando un’esperienza il più possibile esaustiva della sua vicenda artistica. Completa l’evento la realizzazione di un documentario cinematografico, che verrà proiettato anche nelle sale italiane.
Riccardo Cenci
Rembrandt: le opere tarde (a cura di Betsy Wieseman)
Rijksmuseum – Amsterdam
Dal 12 febbraio al 17 maggio 2015
Orari: tutti i giorni dalle 9.00 alle 17.00
Biglietti: € 7,50
Catalogo: Late Rembrandt – Rijks Museum (disponibile in edizione olandese, inglese e francese) Copertina rigida € 40,00 – copertina morbida € 25,00
Immagini:
in alto
The conspiracy of the Batavians under Claudius Civilis
Rembrandt Harmensz. van Rijn, c. 1661-1662
Oil on canvas, 550 × 550 cm
Royal Swedish Academy of Fine Arts, Stockholm
al centro
Self portrait with two circles
Rembrandt Harmensz. van Rijn, c. 1665-1669
Oil on canvas, 116,3 × 97,2 cm
The Iveagh Bequest, Kenwood House, London
in basso
The Jewish bride
Rembrandt Harmensz. van Rijn, c. 1665-1669
Oil on canvas, 121,5 × 166,5 cm
Rijksmuseum, Amsterdam