L’arte iperrealista e barocca di David LaChapelle in mostra a Roma

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Una grande antologica al Palazzo delle Esposizioni ospita le immagini dell’artista ispirato da Michelangelo e da Andy Warhol

Surrealista e pop al tempo stesso, iperrealista e astratta, soffusa di splendori barocchi e intrisa di pensiero rinascimentale, pervasa di un colorismo che, dietro il suo essere abbacinante, nasconde i fantasmi più cupi della contemporaneità; questo e molto altro ancora è l’universo di David LaChapelle, artista statunitense la cui opera fotografica è ora in mostra al Palazzo delle Esposizioni, in una antologica tanto variegata e proteiforme quanto eclettica e complessa è la sua ispirazione.

Il suo immaginario si forma alla scuola di Andy Warhol, peraltro esplicitamente omaggiato in Electric Chair del 2001, e nelle serie One dollar bills, profetica prefigurazione dei rovesci finanziari del nostro tempo, e Death and disaster, metaforica reinvenzione di una tematica prediletta dal padre della Pop Art.

Eppure il colorismo acceso delle sue composizioni, ad uno sguardo superficiale, sembra eludere i drammi del nostro tempo. Lo stesso LaChapelle spiega l’origine del suo splendente cromatismo. Negli anni ’80 era convinto di essere mortalmente malato. L’AIDS gli aveva portato via il suo primo compagno, e lui stesso pensava di dover seguire la medesima sorte. Vedeva il mondo in bianco e nero, privo di speranza. Scoprire di non essere affetto dal terribile morbo lo ha consegnato ad uno stato d’animo di fervente euforia, come in un famoso film in cui Woody Allen, appreso di non essere preda di una patologia incurabile, vive un momento di gioia irrefrenabile, salvo poi precipitare di nuovo nel suo insanabile pessimismo. Sapere di avere ancora del tempo a disposizione ha acceso il suo immaginario, come un palcoscenico improvvisamente illuminato da fari potentissimi. In effetti la sua ispirazione è smaccatamente teatrale. LaChapelle allestisce veri e propri set, scenari sorprendenti e onirici che giocano sul sottile confine fra realtà e sogno. Immagini che, contrariamente a quanto molti pensano, sfuggono la rielaborazione digitale per abbracciare una concezione artigianale del prodotto artistico.

2015_PDE_LACHAPELLE_02Ricco il percorso espositivo, diviso in otto diverse sezioni a rappresentare altrettanti momenti della sua intensa vicenda creativa. Dopo il diluvio recita il titolo della mostra, in riferimento al grande pannello che accoglie il visitatore. Da sempre affascinato dal dettato michelangiolesco, e in particolare dalla colossale impresa della Sistina, LaChapelle aspira attingere al concetto di sublime. In un mondo nel quale i simboli della ricchezza cadono a uno a uno, si pensi all’insegna infranta di Gucci, al Ceasar’s Palace crollato, emblema di un mondo falso che scimmiotta i fasti della classicità, resta solo il corpo umano, dimostrazione della bellezza che proviene da Dio. Un essere supremo che si manifesta anche nella sezione dal titolo Il mio Gesù privato, nella quale il Figlio di Dio appare inserito in scenari urbani e quotidiani. Un’ulteriore dimostrazione della necessità trascendente che ispira l’arte di LaChapelle. Ancora un’umanità colpita dal diluvio è protagonista di Cathedral. Dopo il dramma il cielo si squarcia e lascia passare un raggio di luce, simbolo di un’illuminazione metafisica colma di speranza.

2015_PDE_LACHAPELLE_13Eppure vi sono luoghi della sua arte molto più “oscuri”. Si pensi alla macabra e inquietante sezione dedicata ai ritratti di uomini famosi, in realtà frammenti di statue di cera vittime dell’assalto di un folle nel Museo di Dublino, fotografate come orrendi pezzi anatomici a dissacrare il mito della bellezza e del potere. Fra gli altri ci sono Bush, Di Caprio e Michael Jackson, quest’ultimo una vera e propria ossessione per l’artista statunitense, quasi emblema di un mondo basato sull’apparenza al quale guardare con animo colmo di compassione (e non è un caso che il cantante sostituisca la figura del Redentore in quella magnifica rilettura della Pietà intitolata appunto Cristo americano). Del resto lo snobismo e la vanità delle classi dominanti sono oggetto di aspra critica da parte di LaChapelle, come dimostrano le opere esposte nella sezione Aristocracy.

2015_PDE_LACHAPELLE_04La salvezza si può trovare solo a livello estetico, sembra dire l’artista, salvo poi mostrare la sala vuota di un museo allagato nell’opera After the Deluge: Museum. Dopo il disastro restano quadri che nessuno può più ammirare, immagini il cui riflesso nell’acqua indica il loro carattere effimero e transitorio.

2015_PDE_LACHAPELLE_12Ad un certo punto del suo percorso il corpo umano sparisce. Forse l’artista vuole rendere tangibile il silenzio di Dio, abdicando al velato ottimismo e alla speranza di redenzione che sembrano permeare parte del suo lavoro? Il visitatore si trova di fronte un mondo vuoto e artificiale, ancorché abbagliante. Stazioni di rifornimento simili a quelle che dipingeva Hopper, stavolta però abbandonate nelle profondità della foresta, perse in un contesto nel quale non possono più assolvere lo scopo per il quale sono state create. Complessi industriali che in realtà sono abili diorami, giocattoli senza alcuna utilità abbandonati in paesaggi immensi privi di qualsiasi presenza umana. Rappresentano il declino inevitabile della nostra civiltà. Uomini verranno, e scopriranno le vestigia del nostro mondo, come noi un tempo abbiamo scoperto i frammenti del mondo antico. Cercheranno di metterne insieme i pezzi, come LaChapelle stesso ha provato a ricomporre le statue di cera infrante, ma ci riusciranno solo in parte. Il resto, forse l’essenziale, rimarrà inconoscibile e oscuro, misterioso come la realtà nella quale, nostro malgrado, ci troviamo immersi.

Riccardo Cenci    

 

David LaChapelle, dopo il Diluvio

Palazzo delle Esposizioni

dal 30 aprile al 13 settembre 2015

Curatore: Gianni Mercurio

Orari: domenica, martedì, mercoledì e giovedì dalle 10.00 alle 20.00

venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30 – lunedì chiuso

Biglietti: intero € 12,50 ridotto € 10,00

Catalogo: Giunti Editore

Foto:

© David LaChapelle

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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