L’arte inquieta della Repubblica di Weimar in mostra a Venezia

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Ciò che successe è quasi un monito per l’Europa di oggi, preda di sempre maggiori disparità sociali e di nuovi estremismi

Sovente i germi che disgregano le basi della società si insinuano nell’opera degli artisti contemporanei, in particolare di coloro i quali in maniera più lucida e lungimirante riescono a cogliere i nebulosi segnali della crisi imminente. E’ quello che accade ai pittori della Repubblica di Weimar. Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale la Germania è preda di una instabilità crescente. La disoccupazione alle stelle e una inflazione paurosa, conseguenza delle pesanti condizioni imposte dai Paesi vincitori, minano il tessuto sociale. Il miglioramento che si registra negli anni seguenti si rivela effimero. La crisi del ’29 scrive la parola fine sugli ideali nascenti, aprendo il sipario alle follie dell’ideologia nazista.

Una grande mostra allestita a Palazzo Correr dal titolo Nuova oggettività. Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar, 1919-1933 aspira ricostruire il clima di un’intera epoca attraverso cinque diverse aree tematiche e un’ampia scelta di opere. Si inizia con i ciechi ideali di una generazione gettata nel grande mattatoio delle trincee. Fra i volontari c’è anche Otto Dix, il quale diviene uno degli interpreti più graffianti degli orrori del conflitto e delle sue conseguenze. Il volto del reduce raffigurato nella Guerra (1924) è esposto in tutta la sua sfigurata oscenità. Un’umanità grottesca brulica nelle città spettrali, abitate da criminali e prostitute e infestate da un’aria mortifera. Anche Georg Grosz, sconvolto dall’esperienza della guerra, dipinge una realtà sull’orlo dello sfacelo e un’umanità intimamente corrotta. I personaggi raffigurati in Scena di strada (1935) appaiono isolati e privi di qualsiasi emozione, completamente separati dalla realtà che li circonda. Nel Sognatore (1919) Heinrich Maria Dravinghausen mostra un uomo perso nel proprio delirio, il quale ha appena compiuto un delitto a sfondo sessuale. Come in un dramma di Georg Kaiser, l’assassino è totalmente preda di un sogno di felicità e di ricchezza irraggiungibile, che inevitabilmente sfocia nell’atto criminale.

uppx2URRirDNtDKdsXav80Ym5zc1fKfYxM0OpDwdMAsLa terza sezione pone l’attenzione sul genere del ritratto, ormai spogliato di ogni intento celebrativo e completamente rivolto alla rappresentazione dei nuovi tipi umani emersi dalle macerie del conflitto. Christian Schad si raffigura insieme all’amante, il corpo femminile nudo e investito da una luce algida, il profilo aquilino, il viso solcato da una profonda cicatrice. In Agosta e Rasha (1929) presenta due emarginati giunti a Berlino per una fiera. La ballerina del Madagascar e l’uomo deforme paiono anticipare  tante figure che negli anni settanta popoleranno il cinema di Rainer W. Fassbinder e specialmente di Werner Herzog.

La furia classificatrice investe anche la fotografia. August Sander mira indagare con scientifica precisione la società contemporanea. Dietro i suoi volti si intravedono storie di dolore e solitudine affini a quelle che gli scrittori contemporanei, uno su tutti Alfred Döblin, narravano nelle loro opere. La sua immagine del Muratore è divenuta emblematica di un’umanità gravata da un peso che non riesce a sopportare. Un concetto non in linea con l’ideale dell’uomo voluto dall’ideologia nazista, che infatti non tarderà a perseguitarlo e a distruggerne le opere. Immancabile una sezione dedicata alla tirannia che la macchina, strumento di progresso e di oppressione al tempo stesso, esercita sull’uomo (si pensi alle fabbriche raffigurate da Grossberg). Anche il genere della natura morta, al quale è dedicata l’ultima parte del percorso espositivo, subisce un mutamento sostanziale. I moderni beni di consumo, resi con minuzia iperrealista, appaiono freddi strumenti al servizio di un’umanità emozionalmente vuota. La civiltà dei consumi impone la propria legge, ma il prezzo da pagare è altissimo.

Opere che scuotono le coscienze e spingono a interrogarsi riguardo la situazione attuale e il futuro dell’Europa. La disoccupazione alle stelle, il divario sociale sempre più ampio e la mancanza di una politica solidaristica rischiano di minare il processo di democratizzazione intrapreso dopo il secondo conflitto mondiale, aprendo la strada a nuovi estremismi. Anche il meccanismo di prestiti e restituzioni, rivelatosi insostenibile per i beneficiari, deve essere forzatamente ripensato. Finché non si rimetterà al centro l’uomo, con i propri bisogni e le proprie necessità, sarà difficile costruire qualcosa di veramente duraturo. Le analogie con il passato devono spingere i governi ad attuare profondi ripensamenti. In questo senso anche l’arte può svolgere il proprio ruolo, risvegliando la società civile dal torpore del quale troppo spesso è preda.

Riccardo Cenci

 

NUOVA OGGETTIVITA’

Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar 1919-1933

1 maggio – 30 agosto 2015

Venezia, Museo Correr

Orari: tutti i giorni 10.00 – 19.00

Biglietti: intero € 12,00 ridotto € 10,00

Catalogo: Prestel editore € 38,00

http://www.nuovaoggettivitacorrer.it/

foto:

in alto

Christian Schad

Selfportrait with a model (Selbstbildnis mit Modell), 1927

Olio su legno, cm 76 x 61.5

Private Collection, Loan by Courtesy of Tate Gallery London

© Bettina Schad, Archiv U. Nachlab & Christian Schad, by SIAE 2015

al centro

Christian Schad

Agosta the winged one and Rasha the black dove, 1929

Olio su tela, 120×80 cm

© Bettina Schad, Archiv U. Nachlab & Christian Schad, by SIAE 2015

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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