Curriculum europeo e approccio pratico americano

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Intervista a Michèle Favorite, docente di Comunicazione aziendale alla John Cabot University di Roma, che considera l’Europass totalmente inutile ai fini lavorativi

Quante volte abbiamo sentito dire: «Ho spedito il curriculum a centinaia di aziende, enti, istituzioni, ma senza risultato, purtroppo. Nessuno mi chiama». Già, la prima cosa che fai, quando cerchi lavoro, è mettere nero su bianco l’elenco di esperienze, studi, attitudini, affidandoti al ciclostile europeo. Inserisci pure una bella foto. Non costa nulla. Tutti infatti hanno un cv. Ma il problema, perché c’è un problema, è scriverlo nella maniera giusta. L’Europass, per esempio, è inutile. Diversi e qualificati addetti ai lavori lo sostengono. Come Michèle Favorite, professoressa di Comunicazione aziendale presso la John Cabot University di Roma, fra i maggiori atenei Usa nella Ue.

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Michèle Favorite

Professoressa, perché l’Europass non è funzionale al suo scopo?

«Il cv europeo non è funzionale perché è un mero modulo da riempire, una specie di scatola, una gabbia vuota, che costringe tutti a presentarsi nello stesso modo. Il risultato è che i candidati appaiono uguali, omologati dal medesimo stampino, cloni l’uno dell’altro. È davvero impossibile personalizzare un cv europeo, far valere le proprie peculiarità. Differenziarsi, invece, è fondamentale per essere rintracciati dalle aziende, quando per un posto di lavoro vengono vagliati centinaia di curricula e quando c’è sempre meno tempo per esaminarli. Il candidato che spicca e si fa notare, sarà l’unico a poter sperare di essere considerato dal mondo del lavoro. Gli altri naufragheranno in un oceano di cv seriali».

È complicato approntare un curriculum efficace non-europeo?

«Scrivere un cv efficace è molto più difficile di quello che spesso pensiamo, perché in appena una pagina dobbiamo presentarci a un estraneo che non ha voglia o tempo da perdere. La considero una forma di comunicazione persuasiva di altissimo livello. Non a caso nel mio corso di comunicazione aziendale scrivere un curriculum è materia d’esame».

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Il cv è materia d’esame?

«Esattamente. Il nostro approccio, come quello di tutte le università americane, è molto pratico. Come fai a promuovere le tue competenze se non conosci le tecniche sintetiche ed efficaci di esposizione? Rischi di perdere solo tempo».

Quindi, come bisognerebbe scriverlo?

«Come sempre, nella comunicazione, dobbiamo metterci nei panni del nostro lettore: chi legge un curriculum? Si tratta di una persona che appartiene alle Risorse umane di un’azienda e che non dedica più di 15-30 secondi a ogni candidato. Il cv vincente è formattato e scritto in maniera da agevolare una lettura velocissima: grafica leggera, poche sezioni delineate chiaramente, periodi brevi, poche parole e molti dati. Il curriculum va cucito e tagliato su un job profile specifico, in modo che siano messe in risalto le competenze richieste da quella posizione. Non esiste un modello ideale, universale. Il cv deve dar risalto a 2-3 punti di forza prioritari, non 20, mostrando alcune competenze attraverso cifre e dettagli su ciò che abbiamo fatto. Dai numeri, ad esempio, è bene che emerga la tempistica di conseguimento della laurea».

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Michèle Favorite

È più importante laurearsi velocemente o andare fuori corso con la lode?

«È più importante laurearsi velocemente, perché prima si entra nel mondo reale, prima si riesce a mettersi in gioco. Le aziende non vogliono persone che pensino di sapere tutto; chiedono ragazzi con delle conoscenze di base e con delle competenze oggigiorno fondamentali, trasferibili a diverse situazioni. Poi sarà l’impresa stessa a formali».

Quando parla di competenze, si riferisce alle soft skills?

«Sì, aver acquisito le soft skills, ovvero le competenze trasversali, è attualmente condizione imprescindibile per accedere al mercato del lavoro. Cito le principali e più richieste: problem-solving, lavoro in squadra, orientamento al risultato, time-management, capacità di negoziazione e di adattamento, public speaking. Rappresentano gli elementi basilari di un buon curriculum».

Dove si apprendono, all’università?

«Le competenze trasversali non si imparano sui libri, ma in situazioni dove si viene messi alla prova. Se l’università crea queste condizioni, sicuramente è un luogo utile per imparare le soft skills. Ma lo sono anche la scuola elementare, la scuola media, il liceo, il gruppo teatrale. L’istruzione superiore ha il dovere di creare opportunità concrete di confronto, come team di lavoro e di ricerca, dove i ragazzi possano interagire in situazioni complesse, ma anche favorire stage ed esperienze lavorative durante il percorso di laurea, affinché i giovani imparino soprattutto a gestire il loro tempo. È molto importante, inoltre, viaggiare e apprendere all’estero, in contesti nuovi e imprevedibili. Alla John Cabot il 61% degli studenti lo fa: il doppio rispetto alla media europea. E poi i risultati si vedono».

Il modello anglosassone porta a conseguire il diploma di istruzione superiore molto in fretta, infatti il termine “fuori corso” non esiste in inglese. Ma una giovane matricola può anche non sapere a quale carriera ambire.

«Il ragazzo fresco di liceo spesso non sa ciò che desidera per se stesso, è vero. Ma questo è positivo, perché sarà curioso verso tutto, e la curiosità oggi è vitale. Il modello americano non spinge un diciottenne a iscriversi a una facoltà in particolare; gli studenti possono frequentare l’università come undecided e poi, man mano che seguono le varie materie, scegliere un percorso. Negli Usa la specializzazione si ottiene dopo la triennale proprio per questa ragione. Inoltre le università permettono di seguire stage in continuazione. Questo aiuta moltissimo: gli studenti possono approcciare diverse realtà lavorative ancor prima della laurea, e farsi un’idea di come funzionano aziende, enti, istituzioni, ecc. In questo modo il giovane ha maggiore possibilità di comprendere cosa sia meglio per lui. E tutto ciò avviene prima dei 22 anni… ».

 

Leonida Valeri

Foto © European Community 2015 and Leonida Valeri

Nell’immagine di apertura la conferenza stampa dell’ex commissaria Viviane Reding, all’epoca responsabile dell’istruzione e della cultura, su Europass: un nuovo strumento per un migliore riconoscimento delle qualifiche e delle competenze nell’Europa allargata.

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Leonida Valeri
Giornalista professionista e architetto, scrive su “Eurocomunicazione” e si occupa da oltre vent’anni di comunicazione istituzionale presso enti pubblici e privati. Ha iniziato come cronista al “Momento Sera” e all’“Indipendente”. È stato inviato per le pagine della Cultura e dei Motori del “Tempo” e autore di inchieste pubblicate dal “Giornale”. Ha scritto per il settimanale “Il Borghese” e ha curato la rubrica scientifica “La Mela di Isacco” per il mensile “Area”. S’è occupato di cronaca nazionale per “News Mediaset”. Ha scritto un format televisivo e un monologo teatrale sulla sicurezza stradale, “Strada Maestra” e “Testacoda”, un format per un giornale radio di news curiose, “Questa è Grossa”, ed è coautore di un format Tv sull’orientamento al lavoro, “Get the Job!”. Ha pubblicato un romanzo, intitolato “Missione Cocomero enoissiM oremocoC”, prendendo spunto da alcune notizie strane, ma vere, apparse negli anni sui media. È un pittore Effettista. Il suo dipinto “Sogno durante il lockdown” ha ricevuto la menzione della critica alla 43ª edizione del concorso “Medusa Aurea” dell’Accademia internazionale d’arte moderna

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