In una Europa sempre più frammentata, gli autonomisti di Barcellona forse sono vicini a ottenere la tanto agognata secessione. Ma nel futuro, sarà un vantaggio?
La situazione non è netta: alle elezioni regionali i separatisti hanno conquistato 72 seggi su 135, seggi presi dai partiti Junts pel si (62) e Candidatura d’Unitat popular (Cup, 10). Maggioranza si, ma non totalità. Il 52,26% dei votanti più gli astenuti, circa il 22,56% degli aventi diritto al voto, non stanno con i separatisti.
Ma il presidente riconfermato, Artur Mas, è sempre stato uno dei leader dell’indipendenza catalana e alla notizia della vittoria ha subito esclamato: «Abbiamo vinto, ha vinto il si». Mentre Antonio Baños, leader dei secessionisti ha scritto su Twitter «Dedicato allo stato Spagnolo. Senza rancore, adios» aggiungendo una canzone dal titolo “Adios papà”.
Non sarà così semplice per la Catalunya ottenere la tanto agognata indipendenza. Vi sono molti ostacoli:
–le promesse elettorali: il Cup aveva promesso, in campagna elettorale, che avrebbero spinto per la secessione solo se avessero ottenuto più del 50%+1 dei voti, cosa non avvenuta;
–i problemi interni: quand’anche la Catalunya proclamasse la propria indipendenza, Madrid ha già fatto sapere che impugnerà l’atto davanti al Tribunale costituzionale; il governo spagnolo non ha nessuna intenzione di lasciar andare i catalani e Rajoy, il premier, ha già promesso che si impegnerà durante le contrattazioni per maggiori concessioni all’autonomia ma la separazione non è pensabile. Madrid potrebbe anche ricorrere alla forza nel caso in cui Mas non si dimostrasse incline a trattare, avendo la facoltà persino di togliere qualsiasi autonomia alla regione.
–i problemi interni: vi è una divisione netta in seno agli indipendentisti, il Cup non ha intenzione di appoggiare Mas, leader della coalizione Junts Pel Si, come futuro presidente; inoltre alcuni scandali di corruzione legati a personalità vicino a Mas hanno polarizzato ancora di più le posizioni.
Nel caso in cui, superando tutti gli ostacoli i separatisti riuscissero a spuntarla, il nuovo stato dovrebbe in brevissimo tempo costituire un Ministero del Tesoro, un sistema fiscale e un proprio esercito, almeno per cominciare. Tutto ciò richiederebbe miliardi di euro. La Catalunya è comunque una ragione molto ricca e il movimento non sembra per nulla sfiduciato dalle ingenti somme richieste dal processo di disunione.
E l’Unione europea, è pronta per una Catalunya indipendente? L’Ue non ha commentato il risultato della votazione, perché si tratta di una questione interna come dichiarato dal portavoce della Commissione Margaritis Schinas. Naturalmente se separazione sarà, tutti i contratti internazionali verranno azzerati e la Catalunya dovrà decidere ad esempio se entrare o no nell’Onu o nella Nato. E nell’Unione europea…
I tedeschi corrono ai ripari affermando «Siamo convinti sia importante che, con tutto quello che sta accadendo ora, sia mantenuto il rispetto della legge, sia rispetto ai trattati europei sia alla legge nazionale, vale a dire la Costituzione spagnola» chiedendo insomma ai catalani di rimandare la questione secessione ad un momento più propizio, ma a giudicare dallo slancio dei separatisti in questi giorni, festanti per le piazze, il monito non verrà tenuto in gran considerazione.
L’unico precedente europeo è quello del Kosovo, Paese non membro dell’Unione europea. Ma Pristina è stata resa indipendente dopo una guerra complicata come quella dei Balcani in cui l’Europa comunque era stata coinvolta, dopo uno status incerto durato anni e ancora oggi precario: non tutti gli Stati hanno riconosciuto il Kosovo come stato indipendente. Gli altri Stati europei riconoscerebbero la Catalunya? La Spagna, no di certo. Gli altri farebbero le loro considerazioni del caso, nel timore di innescare un effetto domino; sono molti quelli che hanno al loro interno movimenti separatisti: si pensi all’Irlanda del Nord e la Gran Bretagna, alla Galizia in Spagna, il Veneto in Italia.
La situazione, come detto in apertura, non è netta e molti sono gli scenari possibili. Non possiamo che rimanere in attesa e vedere come sarà gestita la questione tra Madrid e Barcellona.
Ilenia Maria Calafiore
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