Russia-Ucraina: qual è la situazione in atto?

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Eurocomunicazione incontra un collega ucraino di lingua russa per capire a che punto è la situazione nelle zone calde, ora che l’attenzione si è spostata altrove

Abbiamo incontrato un giornalista ucraino di lingua russa per cercare di acquisire qualche elemento in più riguardo un conflitto del quale si parla troppo poco, specialmente dopo che la minaccia dello Stato islamico ha dirottato quasi totalmente l’attenzione dei mass media. In seguito allo scoppio della guerra Sasha, questo il nome fittizio che useremo per celare la sua vera identità, è venuto a vivere in Italia, considerando che la situazione nel proprio Paese si sta facendo ogni giorno più difficile.

Come si è arrivati al conflitto che attualmente sta devastando il Donbass?
In primo luogo voglio sottolineare che quella in atto è una vera e propria guerra civile. Io respingo la teoria dell’aggressione russa. Personalmente non ho particolare simpatia per il presidente russo Vladimir Putin. Eppure farlo passare per l’unico “cattivo” della situazione è sbagliato. Gli Stati Uniti, per esplicita ammissione del sottosegretario di Stato per l’Europa Victoria Nuland, hanno appoggiato il cosiddetto processo di democratizzazione dell’Ucraina, investendo nell’operazione circa cinque miliardi di dollari in vent’anni. Alla luce di tutto questo non posso non pensare che l’attuale situazione sia stata pianificata e portata avanti dalla CIA, non nuova all’organizzazione di rivoluzioni atte a mutare gli equilibri mondiali in favore degli Stati Uniti. Era logico prevedere che, di fronte alla minaccia di un allargamento della Nato, la Russia non poteva stare a guardare.

P026068000403-838006Quali sono le condizioni di vita in Ucraina?
Il Paese sta precipitando nel caos. Il sistema legislativo fa acqua da tutte le parti, l’economia sta andando a picco e la produttività è crollata. Coloro i quali hanno voluto forzare la mano al cambiamento, non hanno compreso che questo doveva essere perlomeno graduale. All’improvviso non si possono tagliare i ponti che legano l’Ucraina alla Russia.

Eppure i territori dell’ovest dell’Ucraina da tempo sono interessati da enormi fenomeni migratori. Gran parte della popolazione cerca in Europa un lavoro che non trova nel proprio Paese. Non crede che molti, in assoluta buona fede, vogliano semplicemente migliorare la propria vita?
La popolazione è divisa fra chi aspira a una maggiore integrazione europea e chi vede come partner privilegiato la Russia. Forse la soluzione migliore sarebbe stata quella di creare uno stato federale ma, a questo punto, non sembra uno scenario praticabile.

Quale è la sua opinione riguardo l’annessione della Crimea alla Russia?
A mio avviso, se Putin non avesse annesso la Crimea, questa sarebbe ora nella stessa situazione del Donbass. Altissimo era il pericolo di un’esplosione di violenza. Del resto il territorio è abitato in prevalenza da persone di etnia russa, molte delle quali ansiose di rientrare nell’alveo moscovita. Il referendum, per quanto contestato dalla comunità internazionale, esprime probabilmente la volontà della maggioranza degli abitanti la penisola. L’annessione poi non rappresenta un unicum. Basti pensare a quanto è accaduto in Kossovo.

Ci può dire qualcosa riguardo il massacro di Odessa?
In primo luogo bisogna conoscere la realtà di Odessa, città multietnica e tollerante. Un luogo simbolico della resistenza contro il nazismo, una città che è stata offesa proprio in quanto antifascista. Si è trattato di un evento pianificato, più grave di quello che i mass media hanno voluto mostrare. I morti sono stati probabilmente più di duecento.

Dunque, a suo avviso, il pericolo in Ucraina è quello dell’estremismo nazionalista più violento?
Si. Ho percepito personalmente un’atmosfera di cieca brutalità. Per questo, seppur a malincuore, ho deciso di trasferirmi in Italia. Io sono contro ogni forma di nazionalismo, che conduce solo al fanatismo e alla violenza.

P029891001003-336540Come è cambiata l’informazione in Ucraina dopo l’avvio del conflitto?
L’informazione è a senso unico. Basti dire che Euronews non può più essere ricevuta, a meno che non si disponga di una parabolica, e che canali russi sono vietati.

Non crede che anche in Russia si assista a una medesima censura? Non a caso una recente statistica la collocava alla 152° posizione (su 180) nella classifica dei Paesi nei quali la libertà di stampa è più a rischio.
In Russia una legge approvata di recente ha posto limiti più severi alla proprietà della carta stampata da parte di società straniere, per arginare gli influssi occidentali. A mio avviso comunque la censura è più forte in Ucraina. I dibattiti in onda sulla televisione russa, ad esempio quelli condotti da Vladimir Solovyov, sono piuttosto aperti e presentano punti di vista diversi. La radio Ekho Moskvy (Eco di Mosca) poi, pur rappresentando sovente posizioni critiche nei confronti di Putin, non è stata chiusa, ma prosegue la sua attività.

Cosa pensa del caso Litvinenko e delle nuove rivelazioni emerse dall’inchiesta inglese? Un nuovo tentativo di mettere in cattiva luce il governo di Putin, o un intrigo internazionale che coinvolge i servizi segreti russi?
Siamo probabilmente di fronte a un omicidio di stato. Litvinenko sapeva i rischi che stava correndo. Tradire i servizi segreti significa porsi in una situazione molto scomoda ed estremamente pericolosa.

Recentemente, anche in Italia, si parla e si pubblica molto riguardo il cosiddetto golodomor, lo sterminio dei contadini ucraini portato avanti da Stalin negli anni 1932-33. Pensa che tutto questo interesse sia legato al conflitto in atto in Ucraina?
Io non penso che il golodomor sia stato un genocidio, come oggi sostengono alcuni studiosi. I massacri non hanno interessato solo l’Ucraina, ma anche il Caucaso. Semplicemente Stalin non tollerava alcuna opposizione al nuovo sistema produttivo introdotto nelle campagne. La sua era una lotta di classe, non una volontà di sterminare gli ucraini.

In tutto questo qual è la posizione dell’Europa?
L’Europa è debole, divisa e ha tutto da perdere. Indubbiamente gli Stati Uniti traggono vantaggio dalle sanzioni che stanno colpendo non solo l’avversario russo, ma anche la Ue.

La situazione sembra essere ad un punto morto. Come si esce dalla crisi?
Effettivamente la tregua è molto fragile. Il conflitto rischia di trascinarsi per un tempo molto lungo. Occorre calmare le ambizioni degli Stati Uniti, trovare un punto di equilibrio che avvicini le diverse posizioni.

Riccardo Cenci

Foto © European Union, 2016

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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