Come garantire la crescita salvaguardando il nostro pianeta

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L’obiettivo finale del “Quadro per l’energia e il clima” è il taglio delle emissioni di anidride carbonica del 85% rispetto al 1990 e la fine della dipendenza energetica. Per centrare l’obiettivo, ecco le strategie 2020 e 2030

Rispettare il nostro pianeta, mantenendo la crescita stabile: una dicotomia possibile. I leader dell’Unione europea nell’ottica della prevenzione, della salvaguardia del pianeta e per far fronte alla domanda in crescita dei consumi, hanno elaborato il “Quadro per l’energia e il clima”. Le misure varate sia a livello regionale che per i singoli stati puntano sull’ammodernamento di reti energetiche e industrie, sul sostegno alle rinnovabili e sulla riduzione significativa dell’emissione dei gas serra.

L’Unione europea affianca la propria strategia a quella internazionale: il recente accordo di Parigi vede l’Ue in prima linea nel rispetto degli obblighi internazionali per la riduzione dei gas serra.

L’impegno dell’Europa

La strategia dell’Unione europea, iniziata già nel lontano 1990, prevede obiettivi per il 2020, 2030 e 2050.

Il “Piano 20 20 20”, formulato dai leader europei nel 2007 e da attuare entro il 2020, prevede tre obiettivi principali:

  1. Ridurre del 20% le emissioni dei gas serra rispetto ai livello del 1990;
  2. aumentare del 20% le quote delle energie rinnovabili nel consumo energetico dell’Unione,
  3. migliorare l’efficienza energetica per ridurre il consumo di energia primaria del 20%.

Lo strumento chiave per l’attuazione del piano è lo “scambio di quote di emissione” che prevede che le industrie acquistino alle aste o al mercato dell’anidride carbone le quote di CO2 previste per il loro funzionamento. In questo modo saranno incentivate a produrne sempre meno.

Per la realizzazione degli obiettivi 1 e 2, nel 2009 è stato approvato un pacchetto di norme “clima ed energia”; tali norme fissano degli obiettivi nazionali obbligatori, individuati dopo un attento studio della situazione iniziale di ogni paese e della loro  capacità potenziale.

La strategia è stata implementata nel 2014 e nuovi obiettivi sono stati fissati per il 2030. Gli elementi chiave rispecchiano quelli del precedente piano; ancora una volta dunque si dà enfasi alle rinnovabili, puntando alla realizzazione del 27% delle energie totali dell’Unione. A differenza del precedente piano non sono però stati imposti vincoli, sono gli Stati membri a decidere come trasformare il proprio piano energetico nazionale al fine di uniformarsi all’imperativo comunitario. La riduzione del livello di anidride carbonica raggiungerà il 40% rispetto ai livelli del 1990, e infine si punta ad un miglioramento dell’efficienza energetica del 27%.

Un nuovo processo di governance fra gli Stati concerterà gli sforzi nazionali per riuscire a centrare gli obiettivi.

Lo scopo ultimo della nuova strategia non è soltanto la lotta al cambiamento climatico, ma anche la crescita green-oriented, un più sicuro approvvigionamento energetico e la riduzione dell’importazione di energia dai paesi extra comunitari.

L’obiettivo a lungo termine per il 2050 rimane quello di tagliare le emissioni del 80%-95% rispetto ai livelli del 1990.

L’investimento

Per il periodo 2011-2030 gli investimenti medi annui ammonteranno a circa 38 miliardi di euro per tutta l’Unione, spesa che sarà compensata dalla diminuzione dei costi per il combustibile. Per i Paesi meno ricchi la spesa graverà maggiormente, in relazione con il PIL interno; tuttavia per supportare questi Paesi sono state previste delle misure di solidarietà. I costi del sistema energetico rimarranno sostanzialmente gli stessi, con una migrazione dei flussi dalle spese per l’acquisto del combustibile agli investimenti per il rinnovamento del sistema stesso.

Le sfide della politica energetica

I macro obiettivi di politica energetica sono quelli di diminuzione della dipendenza dai paesi extra comunitari per il combustibile e la garanzia per la sicurezza energetica dell’Unione, la crescita della competitività e la sostenibilità ambientale.

Sopperire al fabbisogno energetico dell’Unione costa circa 350 miliardi l’anno. In sinergia con gli stati, l’Ue non mira soltanto a diversificare le proprie fonti di energia ma anche a rinnovare ed efficientare le reti energetiche già presenti.

La chiave per riuscire a realizzare tutti gli obiettivi sta nel porsi come voce unica all’esterno dell’Unione: come unico grande organismo, l’Europa può far valere i propri interessi sulla scena internazionale e sui produttori di energia.

Alcune norme sono state introdotte a tutela dei cittadini, come ad esempio l’indicazione dei consumi energetici su ogni apparecchio elettrico e la scomparsa dei monopoli nei mercati nazionali di gas ed energia elettrica.

Energie rinnovabili, ammodernamento delle industrie, edifici a consumo zero, riduzione del prezzo dell’energia, attrazione degli investimenti per la costruzione di nuovi impianti per la produzione di energia non inquinanti: la strategia europea attua a 360 gradi.

Lo stato attuale: a che punto siamo?

L’Unione europea continua la sua corsa per raggiungere gli obiettivi del 2020. Attualmente le emissioni di gas serra sono state ridotte del 18%, le quote delle energie rinnovabili si attestano al 14%, mentre le previsioni per l’efficientamento sono attorno al 18-19%. Con l’impegno costante dei membri dell’Unione, gli obiettivi posso essere raggiunti.

Ilenia Maria Calafiore

Foto: rmstudio.it; eunews.it; studioquality.it

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Ilenia Maria Calafiore
Nata nel 1989, è laureata in Comunicazione Internazionale presso l’Università di Palermo con una tesi in filosofia politica dal titolo “Teorie e pratiche per la Giustizia Globale“. Nel suo percorso universitario ha approfondito le tematiche storiche ma anche linguistiche relative alla Russia e ai popoli slavi. Ha partecipato ad alcuni progetti internazionali come il Model United Nation a New York ed il Finance Literature of Youth a Togliatti, Russia. A fine 2014 si laurea con il massimo dei voti in Studi Internazionali presso l'Università di Pisa con la tesi “Spunti per uno studio delle politiche della Federazione Russa nel bacino del Mar Nero”.

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