Occorre ripartire per dare fiducia ai cittadini europei, serve il coraggio di abbandonare le piccole logiche e mettere al centro i valori comuni
Domani, sabato 25 marzo, i 27 capi di Stato o di Governo (il Regno Unito non sarà presente) firmeranno a Roma, nella Sala Orazi e Curiazi del Campidoglio, la dichiarazione congiunta per “rifondare” l’Unione europea e celebrare l’anniversario dei Trattati del 1957. Sarà usata, per l’occasione, la stessa penna utilizzata 60 anni fa dai “Padri Fondatori” per rinnovare il sogno comune di questa Ue così scossa dall’euroscetticismo e dalla Brexit.
Oggi pomeriggio i 27 leader con le loro delegazioni, il presidente della Commissione europea Juncker, il presidente del Consiglio Tusk e quello del Parlamento europeo Tajani, sono stati ricevuti da Papa Francesco in Vaticano. Accolti nella Sala Regia, le sedie sono state disposte a spina di pesce, a sinistra e a destra e in mezzo un corridoio centrale a simboleggiare l’idea di mancanza di ostacoli. Nel suo discorso il Santo Padre ha ricordato i Padri Fondatori dell’Europa che: «…apponendo la propria firma sui due Trattati hanno dato vita a quella realtà politica, economica e culturale ma soprattutto umana che oggi chiamiamo Unione europea».
«Dopo gli anni bui della Seconda guerra mondiale» – ha proseguito il Pontefice – «i leader europei hanno avuto fede in un avvenire migliore, non hanno mancato d’audacia. Il ricordo delle passate sventure e delle loro colpe, ha donato loro il coraggio per dimenticare le vecchie contese. I Padri Fondatori ci ricordano che l’Europa non è un insieme di regole da osservare, non un protocollo e procedure da seguire. All’origine dell’idea di Europa c’è la figura e la responsabilità della persona umana con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da una esperienza millenaria».
Il primo elemento della vitalità europea è la solidarietà. Affermava il primo ministro lussemburghese Bech (nel 1957) che «la Comunità economica europea vivrà e avrà successo solo se durante la sua esistenza resteremo fedeli allo spirito di solidarietà europea che l’ha creata e se la volontà comune sarà più potente delle volontà nazionali». Ha continuato, poi, Papa Francesco «dalla solidarietà nasce la capacità di aprirsi agli altri. Si è persa la consapevolezza del dramma di famiglie separate, della povertà e della miseria. Ora si discute di come lasciare “fuori” i pericoli del nostro tempo a partire dalla lunga colonna di uomini, donne e bambini in fuga da guerra e povertà».
Parole, immagini e sensazioni di un’ora in cui l’umanesimo del passato si è fuso con quello auspicato da Papa Francesco per una «nuova giovinezza dell’Unione». In precedenza il presidente Tajani, nel suo discorso di saluto al Santo Padre, aveva ricordato che il continente europeo è l’unico territorio ove non c’è la pena di morte, mentre il presidente del Consiglio italiano Gentiloni nel suo intervento ha aggiunto che «quando milioni di poveri interpellano la nostra capacità di governare, è nostro dovere individuare soluzioni comuni». Nel saluto finale Papa Francesco ha chiesto a tutti di scommettere sul futuro per questa «Europa sessantenne» che pur con gli «acciacchi» ha ancora tanti problemi da risolvere per andare avanti.
Giancarlo Cocco
Foto © Indipendent, Express