L’impossibilità dell’amore nel nuovo film di Zvyagintsev

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Distribuita in Italia con il titolo “Loveless”, la pellicola indaga non solo la realtà della Russia contemporanea, ma anche la crisi dei sentimenti che investe il mondo intero

All’inizio del film lo sguardo scorre lentamente su un paesaggio innevato, gli alberi riflessi nell’acqua gelida, i rami spogli a graffiare l’orizzonte. La macchina da presa si muove con circospezione evidenziando i dettagli, memore della lezione di Tarkovsky, cercando un qualcosa che non riesce a trovare. Un bambino esce da scuola, strappa uno di quei nastri che la polizia usa per delimitare le zone inaccessibili e lo lancia in alto, lasciandolo impigliato fra i rami. Nel finale lo stesso nastro sventola nel cielo immoto, muto testimone di una terribile sconfitta.

Nel mezzo si muove la trama del nuovo film di Zvyagintsev. Un baratro di risentimento divide Zhenya e Boris. Capro espiatorio il figlioletto Alyosha, frutto non desiderato di un’unione senza amore. Il regista russo sembra guardare alle scene da un matrimonio di bergmaniana memoria, declinate nel panorama desolante del nostro tempo, e in particolare della Russia sconvolta dall’indifferenza e dall’odio generato dal conflitto ucraino.

Entrambi i coniugi hanno intrecciato nuove relazioni. Boris ha già messo incinta la sua nuova compagna. Alla fine del film lo vedremo mettere con violenza il secondo figlio nel box, già annoiato e stanco del nuovo ménage familiare. Zhenya ama un uomo ricco e di successo, che sembra in grado di darle la felicità che il marito le aveva saputo solo promettere. I protagonisti si muovono nel contesto di una Russia gelida, non solo dal punto di vista climatico. Le persone fissano i propri cellulari come personaggi usciti da un quadro di Munch, scattano selfie postandoli subito sui social network, aspettando come automi i tanto desiderati like.

Boris è un uomo passivo, debole, incapace di veri sentimenti. Teme che il divorzio gli faccia perdere il lavoro, in quanto il suo capo è un integralista religioso. Zhenya vorrebbe ricostruirsi una vita dimenticando il passato. L’orrore della tragedia che la colpisce la costringerà a fare i conti con la drammatica assenza di un figlio non voluto.

Entrambi restano prigionieri dei propri egoismi. Nessuno dei due dimostra un vero amore nei confronti di Alyosha. Il bambino li sente discutere riguardo il proprio futuro, che probabilmente sarà in un collegio. Nessuno dei due vuole occuparsene, e allora Alyosha scappa di casa, facendo perdere le proprie tracce.

Vane saranno le ricerche. Il sopralluogo in un palazzo abbandonato usato come rifugio dal ragazzo, simbolo di una Russia desolata ancora una volta memore delle immagini partorite dalla fantasia di Tarkovsky, non darà i risultati sperati. La progressiva presa di coscienza degli eventi costringerà i genitori a un viaggio terribile all’interno di se stessi e della propria anima. Zvyagintsev è un maestro dell’elusione. Già ne Il ritorno, Leone d’Oro alla sessantesima Mostra del Cinema di Venezia, aveva narrato la storia di un padre dimenticato, materializzatosi all’improvviso e di nuovo scomparso. I fatti restano volutamente criptici. Ciò che conta è il percorso che avviene all’interno dei personaggi.

Alla fine non conosceremo il destino, certamente tragico, di Alyosha. Forse è stato rapito, seviziato e ucciso da qualche male intenzionato, o semplicemente è morto assiderato nel tentativo di fuga. Forse il corpo che i genitori sono chiamati a riconoscere nelle sale orribili dell’obitorio appartiene veramente a lui, solo che Boris e Zhenya si rifiutano di guardare in faccia la realtà, venendo a patti con il proprio comportamento disumano. Comunque stiano le cose, Zvyagintsev ci sbatte in faccia un mondo privo di sentimenti, senza amore appunto, come recita il titolo (Nelyubov in russo, Loveless nella traduzione inglese usata per la distribuzione nel nostro Paese), una realtà totalmente priva di speranza che deve far riflettere riguardo la società nella quale viviamo e il futuro che ci attende.

 

Riccardo Cenci

 

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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