La plenaria di Bruxelles ufficializza il recesso dall’Europa comunitaria. Il 31 gennaio il Consiglio voterà – a maggioranza qualificata – la conclusione dell’iter burocratico
L’Eurocamera dice addio ai britannici. Con un voto storico il Parlamento europeo, riunito nell’insolita plenaria di Bruxelles (di solito le decisioni si prendono a Strasburgo) ha concluso la lunga maratona che tra due giorni porterà all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea approvando a larghissima maggioranza l’accordo sul divorzio, con 621 sì, 49 contrari e 13 astenuti.
Dopo quasi tre anni e mezzo, da quando è stato indetto il referendum del 2016, gli eurodeputati di Sua Maestà lasciano l’Ue. Adesso si apre la porta alla seconda fase dei negoziati sulle relazioni future fra Londra e Bruxelles. A testimonianza di un momento anche simbolico, un vero e proprio rito di passaggio, Bruxelles si colora con bandiere europee e Union Jack britanniche e si emoziona nel dibattito che precede il voto.
Ad esultare, i britannici del Brexit Party, capeggiati dal loro leader Nigel Farage che in aula prima del voto si è augurato che la Brexit porti ad un «dibattito in tutta l’Europa». L’eurodeputato principale promotore del referendum in mattinata aveva paragonato il divorzio dall’Unione alla decisione di Enrico VIII di staccarsi dalla Chiesa di Roma.
Le altre famiglie politiche, a partire dal Ppe, Socialisti e democratici e Liberali che oltre a sottolineare il “momento triste” hanno indicato quale prospettiva seguire nei negoziati futuri. Toccanti gli interventi degli eurodeputati scozzesi che hanno deplorato questo momento sottolineando che la “Scozia è una nazione europea”. Dal commissario Paolo Gentiloni è giunto l’avvertimento a «lavorare per avere degli accordi che impediscano qualsiasi ripercussione economica negativa, consapevoli del fatto che, se ci saranno difficoltà, le ripercussioni negative saranno alla fine purtroppo più negative per il Regno Unito che per l’insieme dell’Ue».
Il presidente del Parlamento europeo David Sassoli (a sinistra) ha preferito la parola “arrivederci” rispetto all’addio per salutar. La presidente dell’esecutivo comunitario Ursula von der Leyen ha promesso ai deputati britannici che l’Ue non starà “mai lontana”. Intenso ed emozionate il momento subito dopo il voto quando gli eurodeputati si sono tenuti mano nella mano e hanno cantato una canzone tradizionale scozzese “Auld Lang Syne”, nota come il valzer delle candele.
Domani il Consiglio tramite procedura scritta darà il via libera al divorzio, con un voto a maggioranza qualificata, mentre nella notte tra venerdì 31 gennaio e il primo febbraio le bandiere dell’Union Jack non sventoleranno più davanti alle tre sedi istituzionali del Parlamento europeo. Sono 73 gli eurodeputati britannici che lasciano i loro seggi che saranno ripartiti fra i restanti Paesi, mentre una parte sarà congelata in vista di eventuali nuovi e futuri ingressi.
Si passerà dagli attuali 751 seggi a 705. Dei 27 seggi ridistribuiti tra diversi Paesi tre andranno all’Italia: a febbraio entrano nell’emiciclo Vincenzo Sofo (Lega), Sergio Berlato (Fratelli d’Italia) e Salvatore De Meo (Forza Italia). A Strasburgo è atteso anche l’ex sottosegretario Sandro Gozi, eletto in Francia con la lista Renaissance del presidente Emmanuel Macron.
Dibattito
Presieduto dalla segretaria di Stato croata per gli Affari europei Nikolina Brnjac, in rappresentanza della Presidenza di turno del Consiglio Ue, dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e dal capo negoziatore dell’Ue Michel Barnier, il Parlamento ha fatto il punto sul processo di ritiro e sulle future relazioni. Commentando l’importanza storica del voto, la maggior parte degli oratori che sono intervenuti in nome dei gruppi politici ha sottolineato che il recesso del Regno Unito non sancirà la fine delle relazioni UEe-Regno Unito e che i legami tra i popoli d’Europa sono forti e rimarranno intatti.
Prossime tappe
Il periodo di transizione inizia il 1° febbraio e scadrà alla fine di dicembre 2020. Qualsiasi accordo sulle relazioni future Ue-Regno Unito dovrà essere concluso prima di tale data affinché possa entrare in vigore il 1° gennaio 2021. Il periodo di transizione può essere prorogato una volta, per uno o due anni, ma tale decisione deve essere presa dalla commissione congiunta Ue-Regno Unito entro il 1° luglio. Il Parlamento dovrà approvare qualsiasi accordo sulle relazioni future e, se tale accordo fa riferimento a competenze che l’Unione europea condivide con gli Stati membri, anche i parlamenti nazionali dovranno ratificarlo.
Reazioni da Londra
Il primo ministro britannico Boris Johnson ha dichiarato che sarà “rispettoso” nelle sue celebrazioni di venerdì, quando il Regno Unito lascerà ufficialmente l’Unione europea, consapevole che la Brexit sta ancora dividendo il Paese. «Come tutti gli altri, farò una degna uscita dall’Unione europea», ha dichiarato durante una trasmissione su Facebook in cui ha risposto alle domande del pubblico.
“Will Brexit affect my holiday?”
PM @BorisJohnson answered some of your top searched questions about Brexit and what happens when we leave the EU on Friday. pic.twitter.com/LicZaugP7s
— UK Prime Minister (@10DowningStreet) January 29, 2020
Scozia chiede indipendenza e permanenza nell’Ue
Il parlamento scozzese ha approvato oggi la richiesta di un nuovo referendum sull’indipendenza, con 64 voti a favore e 54 contrari, e deciso di continuare a far sventolare la bandiera dell’Unione europea al suo ingresso. «L’indipendenza è il mezzo per poter plasmare il nostro futuro e costruire una Scozia migliore», ha detto la first minister (immagine a destra) Nicola Sturgeon, sottolineando che la Scozia è costretta ad uscire dall’Ue contro la sua volontà. La maggioranza degli scozzesi ha votato “No” al referendum sulla Brexit nel 2016, dopo aver bocciato due anni prima l’indipendenza dal Regno Unito. Ma nel 2014 aveva pesato molto sul voto il fatto che l’uscita dalla Gran Bretagna avrebbe comportato anche l’uscita dall’Ue e nuovi negoziati per rientrare. Il primo ministro britannico Boris Johnson ha già respinto la richiesta scozzese di un nuovo referendum sull’indipendenza, affermando che la questione è stata già risolta nel 2014. Sturgeon sostiene che il suo partito nazionalista scozzese Snp ha ricevuto un “inequivocabile” mandato per un nuovo referendum, avendo conquistato 48 dei 59 seggi scozzesi al parlamento di Westminster alle elezioni di dicembre.
Angie Hughes
Foto © Unione Europea, Eurocomunicazione