La Settimana Santa al tempo del Coronavirus

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Il messaggio di Papa Francesco: «È un momento difficile, non perdiamo la speranza»

Neppure al tempo della Seconda Guerra Mondiale con Pio XII pontefice, si era veduta una Piazza San Pietro e l’interno della Basilica, Tempio della Cristianità, desolatamente vuote di fedeli in questa domenica delle Palme. Papa Francesco l’ha celebrata da solo. Non c’erano i cardinali, i vescovi, la curia, i canonici. Una coreografia spoglia con accanto all’altare il crocifisso miracoloso della Chiesa di San Marcello che fermò la pestilenza a Roma nel XVI secolo e la copia dell’icona della Salus Populi Romani. Per disposizione del pontefice non si terranno celebrazioni religiose in alcuna delle basiliche patriarcali. Anche nella Basilica del Laterano non vi saranno celebrazioni visto che il cardinale vicario Angelo De Donatis che doveva officiarle, è ricoverato al Policlinico Gemelli in terapia intensiva a curarsi per aver contratto il virus. Insieme a lui tutti i suoi collaboratori sono in auto isolamento poiché avevano partecipato ad una riunione qualche giorno prima del suo ricovero. Con la domenica delle Palme inizia la settimana santa che culmina con la Pasqua di Resurrezione.

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Anche a Gerusalemme la Basilica del Santo Sepolcro è stata chiusa dal governo israeliano per impedire la pandemia. Al momento in questo Paese i contagiati hanno superato le 8.000 unità, secondo quanto reso noto dal ministero della Sanità. Era dal 1349 quando la peste nera iniziò a diffondersi in Terra Santa, che il massiccio portone di legno del Santo Sepolcro non veniva sbarrato. Le autorità israeliane, su forte pressione delle comunità cristiane, cattolici, armeni, greco ortodossi, copti e siriaci hanno deciso eccezionalmente di consentire di celebrare i riti della Settimana Santa, suddivisi a scaglioni e in piccoli gruppi, senza ovviamente i fedeli. In questa domenica delle Palme è stato consentito l’ingresso a Padre Pierbattista Pizzaballa custode di Terra Santa, che con alcuni frati che erano all’interno, ha celebrato il rito. «Eravamo in tutto venti persone» – ha dichiarato Pizzaballa – «abbiamo letto il Vangelo, abbiamo indossato le mascherine ed eravamo distanziati ognuno di due tre metri e poi siamo tornati fuori». Dentro la Basilica vivono in una specie di convento 4 armeni, 15 greco ortodossi, 11 francescani.

A Torino l’Arcivescovo Nosiglia ha annunciato che: «migliaia di persone giovani e anziani mi hanno chiesto che in questo momento di grave difficoltà, si possa pregare nella settimana santa davanti la Sindone per impetrare davanti l’immagine del Cristo morto e risorto che il Sacro Telo ci presenta in modo concreto di chiedere a Lui la grazia di vincere il male confidando nella bontà e misericordia di Dio». Questa richiesta è stata accolta e ha assicurato che Sabato Santo (11 aprile, ndr) alle ore 17 presiederà una lunga preghiera davanti alla Sindone che sarà ripresa dalle televisioni e dai social. L’arcivescovo ha poi ricordato che Papa Francesco per l’ostensione televisiva del 2013 disse: «Quel volto parla al nostro cuore, ci comunica una grande pace ed è come se ci dicesse “abbi fiducia non perdere la speranza, la forza dell’amore di Dio e del Risorto vince tutto”».

Sulla Sindone sono stati scritti fiumi di inchiostro. Di questo telo si parla nei Vangeli di Matteo Marco e Luca scritti tra il 60 e l’80. Ricordano che il Cristo era stato sepolto “dentro una sindone di lino, un telo abbastanza ampio da poterci avvolgere la salma”. Il Vangelo di Giovanni narra che: «…più tardi (il  terzo giorno) alcune donne andate per farvi il lamento come era consuetudine lo trovarono vuotoarrivò anche Simone Pietro ed entrò nel sepolcro; vide le bende che giacevano distese e il sudario che era sopra il capo, esso non stava assieme alle bende ma a parte ripiegato in un angolo» Secondo quanto riferisce la storica Barbara Frale dell’Archivio Vaticano autrice di numerosi libri sulla autenticità della Sindone, il Sudario era a Edessa nel 544 d.C. e lì rimase fino 943 quando l’imperatore Romano I di Costantinopoli, in occasione della Festa dell’Ortodossia, decise di «rendere solenne quella ricorrenza portando nella Capitale la famosa e venerata immagine del Cristo custodita a Edessa».

La città era allora dominata dagli Arabi che cedettero il prezioso telo in cambio di duecento prigionieri islamici e del pagamento di dodicimila corone d’oro. Nel 1204, in occasione della quarta Crociata, i baroni francesi e i veneziani tra il 14 e il 16 aprile presero Costantinopoli e i crociati si abbandonarono al saccheggio “con ferocia inaudita” dicono le cronache. L’immenso tesoro di reliquie custodite a Costantinopoli furono inviate in Europa. I Templari sarebbero entrati in possesso del Sacro telo e vi è traccia di ciò, narra Barbara Frale, nei documenti del processo intentato dal re di Francia Filippo il Bello ai Cavalieri del Tempio. Ma come si sarebbe formato il segno del corpo del suppliziato sul lino? Secondo un gruppo di ricercatori del Politecnico di Torino, le onde di pressione di un terremoto di magnitudo 8,2 della scala Richter, avvenuto nel 33 d.C., avrebbero liberato particelle di neutroni e questi reagendo con i nuclei di azoto delle fibre di lino nel quale era avvolto il corpo avrebbero impresso l’immagine del corpo sul telo. Di questo terremoto si ha notizia anche da parte di uno storico greco di nome Thallos, vissuto nella prima metà del secolo dopo Cristo il quale ha lasciato menzione di alcuni avvenimenti accaduti proprio nel giorno della morte di Gesù Nazzareno e cioè: «l’oscurarsi del cielo e di un devastante terremoto che distrusse l’antica città di Nisaea e il porto di Megara (localizzato ad ovest dell’istmo di Corinto) che molti Giudei e di terre vicine morirono». Giuseppe d’Arimatea lasciò scritto: <<…e si fece buio su tutta la terra e avvenne un grande terremoto che abbatté le mura del tempio di Salomone>>.

Il Vaticano non si è mai espresso sulla autenticità dell’enigmatica immagine impressa sulla Sindone, un telo di colore giallo ocra lungo circa quattro metri.

 

Giancarlo Cocco

Foto © Vatican News, Terra Incognita

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Giancarlo Cocco
Laureato in Scienze Sociali ad indirizzo psicologico opera da oltre trenta anni come operatore della comunicazione. Ha iniziato la sua attività giornalistica presso l’area Comunicazione di Telecom Italia monitorando i summit europei, vanta collaborazioni con articoli sul mensile di Esperienza organo dell’associazione Seniores d’Azienda, è inserito nella redazione di News Continuare insieme dei Seniores di Telecom Italia ed è titolare della rubrica “Europa”, collabora con il mensile 50ePiù ed è accreditato per conto di questa rivista presso la Sala stampa Vaticana, l’ufficio stampa del Parlamento europeo e l’ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri. Dal 2010 è corrispondente da Roma del quotidiano on-line delle Marche Picusonline.

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