Consiglio d’Europa: violato diritto parità retribuzione, anche in Italia

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Il Ceds riscontra infrazioni in 14 Paesi su 15 che hanno accettato di applicare la procedura dei reclami collettivi della Carta sociale europea

Il Comitato europeo dei diritti sociali (Ceds) ha riscontrato violazioni del diritto alla parità di retribuzione e alle pari opportunità sul luogo di lavoro in 14 dei 15 Paesi che hanno accettato di applicare la procedura dei reclami collettivi della Carta sociale europea: oltre all’Italia sono stati esaminati dal comitato Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica ceca, Slovenia e Svezia. Quest’ultima, la Svezia è l’unico Paese per cui il Ceds non ha trovato violazioni, e uno dei tre, insieme a Belgio e Cipro, per cui ha constatato progressi misurabili nella promozione della parità di retribuzione.

«Il divario retributivo tra donne e uomini è inaccettabile, eppure continua a rappresentare uno dei principali ostacoli al conseguimento di una reale uguaglianza nelle società moderne. I governi europei devono intensificare urgentemente gli sforzi per garantire le pari opportunità professionali. E un numero maggiore di Paesi dovrebbe utilizzare la Carta sociale europea come mezzo per raggiungere tale obiettivo», ha dichiarato Marija Pejcinovic Buric (nella foto), segretaria generale del Consiglio d’Europa.

I reclami presentati al Ceds, l’organismo incaricato di monitorare l’applicazione delle disposizioni della Carta, sono stati introdotti dalla Ong internazionale University Women Europe (UWE). Il Ceds, pur avendo concluso che la legislazione di tutti i 15 Paesi interessati risulta soddisfacente per assicurare il riconoscimento del diritto alla parità di retribuzione per uno stesso lavoro, ha riscontrato un certo numero di violazioni (ad eccezione del reclamo nei confronti della Svezia), dovute innanzitutto ai progressi insufficienti registrati nella riduzione del divario retributivo di genere, ma in alcuni casi motivate ugualmente dalla mancata trasparenza salariale nel mercato del lavoro, dall’assenza di vie di ricorso efficaci e dall’insufficienza dei poteri e mezzi conferiti agli organismi nazionali per la promozione della parità di genere.

Inoltre, malgrado gli accordi sull’applicazione di sistemi di quote e l’adozione di altre misure, le donne continuano ad essere sottorappresentate nelle posizioni decisionali all’interno delle aziende private. Il Ceds verifica il rispetto degli impegni assunti dagli Stati per garantire l’applicazione dei diritti riconosciuti dalla Carta sociale europea tramite due meccanismi complementari: i reclami collettivi, che possono essere presentati da associazioni sindacali e datoriali, nonché da altre organizzazioni non governative (procedura dei reclami collettivi), e i rapporti nazionali periodici sottoposti dai Governi delle Parti contraenti (procedura dei rapporti).

Ai sensi della Carta, il diritto alla parità di retribuzione deve essere garantito per legge. In particolare, il Ceds ha individuato i seguenti obblighi spettanti agli Stati contraenti: riconoscere nella loro legislazione il diritto alla parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore; garantire l’accesso a vie di ricorso efficaci per le vittime di discriminazione salariale; assicurare la trasparenza salariale e rendere possibile un confronto delle retribuzioni; mantenere attivi organismi efficaci per la promozione della parità e istituzioni competenti per garantire nella pratica la parità di retribuzione.

 

Sophia Ballarin

Foto © Consiglio d’Europa

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