Gli Intillimani e la storia del Cile di Salvador Allende, ucciso nel golpe l’11 settembre 1973

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Quindici anni di esilio forzato in Italia per poi tornare in Sudamerica alla fine della dittatura

11 settembre 1973: in Cile il dittatore Augusto José Ramón Pinochet Ugarte manu militari effettuò un golpe contro il governo democraticamente eletto di Unidad Popular di Salvador Allende, che nello stesso giorno rimase ucciso. Da quel momento la storia di due Paesi, il Cile e l’Italia fu unita dal filo di un gruppo di sei giovani cileni, Max Berrù, José Miguel Camus, Jorge Coulon, Horacio Duran, Horacio Salinas, José Seve i quali girano l’Europa ma soprattutto l’Italia, dove cantano e suonano in nome della solidarietà politico-sociale, condividendo musica andina con testi rimasti scolpiti nell’inconscio collettivo che ancora oggi è forte in chi li ricorda, inneggiando all’unità del popolo unito: El pueblo unido jamàs serà vencido (Il popolo unito, non sarà mai vinto). Gli Intillimani, da quel momento resta il punto di riferimento “collettivo” di chi, in quel periodo era impegnato per affermare la giustizia, la pace e la solidarietà tra i popoli, ma soprattutto la dignità di ogni persona in questo pianeta a esprimersi in modo libero, e inseguire l’utopia.

Ma che cos’è Inti Illimani? «È un complesso musicale, appartenente alla Università Tecnica di Stato cilena di Santiago. È sorto nel 1967 sulle ali di un vasto movimento tendente a recuperare i valori della canzone e della musica latino-americana e a utilizzarle come strumenti di lotta a favore del movimento e della classe lavoratrice». Nel corso degli anni gli Intillimani hanno catalizzato insieme esperienze di vita, musicali, politiche e culturali, per produrre un ampio repertorio, rimasto impresso nelle coscienze di diverse generazioni. Il nome del gruppo proviene dall’antica lingua india, che vuol dire “il sole dell’Illimani”, che è il più grande vulcano della Bolivia.
Il motivo principale del golpe di Pinochet, risale all’affare del rame, che riguardava l’economia del Cile la quale si basava soprattutto sull’esportazione di questo minerale (per l’85% di quello prodotto). Dalla miniera di El Torriente – scrive Brigaglia – una delle più grandi del mondo, la compagnia statunitense Kennecott traeva profitti impensati: il 113 per cento nel 1968 e il 205% nel 1969.

Nel luglio 1971 il governo di Allende nazionalizzò le miniere: intanto veniva iniziata la riforma fondiaria, con l’attribuzione ai contadini del 45% delle terre irrigue. «Ma l’imperialismo, toccato nei suoi interessi vitali, non era disposto a starsene con le mani in mano». Alimentò quindi una reazione interna sia con il terrorismo che con gli assassini politici. Inoltre a livello internazionale, cominciarono i giochi speculativi per deprezzare il rame cileno, e questo fu il vulnus per impedire l’avvio delle riforme di ridistribuzione del reddito. «Le manovre della Cia» – continua il libro – «implicata direttamente insieme al governo di Washington (di allora), sono venute clamorosamente a galla nella vicenda della Itt, la compagnia telefonica americana che interferiva nella politica interna cilena anche mediante la violenza e il finanziamento della reazione fascista». Il colpo finale si giocò sui mercati internazionali: «In questi giorni» – scrive ancora Brigaglia – «il prezzo del rame, sulla borsa di Londra, ha ripreso a salire dopo che il boicottaggio statunitense, negli ultimi tre anni, lo aveva fatto scendere paurosamente, è una prova inconfutabile: non era il rame cileno ad essere in crisi, ma il rame dei cileni». Le parole «non vedo perché dobbiamo starcene qui a vedere come un Paese diventa comunista per colpa dell’irresponsabilità del suo popolo» furono quelle di Henry Kissinger, segretario di Stato del presidente degli Stati Uniti Richard Nixon.

Il collegamento tra gli Inti Illimani e la Sardegna inizia nel 1974 quando si tentò di “mescolare” i temi andini insieme ai tenores di Orgosolo, che cantavano a quei tempi la rivolta di Pratobello. Le similitudini dei gruppi erano visibili anche dai cognomi, infatti Horacio Solinas, cognome diffusissimo in Sardegna, beneficiò dello sconto residenti all’imbarco del porto di Civitavecchia verso l’isola. Ma la solidarietà concreta tra popoli “simili”, passa per atti ben più concreti, che semplici omonimie, subito dopo il golpe infatti, dal 1974 in poi, in Italia vi fu un operazione di “alta coscienza della classe operaia” che respinse indietro il rame di Pinochet, tramite i portuali di Civitavecchia, Livorno, La Spezia. L’iniziativa di raccogliere 5 milioni di firme in tutti i Paesi democratici per ottenere la liberazione delle detenute cilene, fece esternare la gratitudine di Marcelo Morales che nel suo discorso a Cagliari così concludeva: «Grazie a gente come voi, milioni e milioni di uomini e donne che in tutto il mondo si battono per la libertà e per un mondo migliore, la dittatura fascista sarà sconfitta in Cile».

Le torture di Pinochet sono ben descritte da alcune testimonianze del libroIntillimania”. Significativa quella di Simòn Morale 21 anni studente universitario: «Hanno fatto irruzione in casa nel cuore della notte…mi hanno tappato gli occhi con dei cerotti e mi hanno portato via su un camion. Quattro giorni e quattro notti incerottato, avrei preferito che mi torturassero subito, anche se…durante i giorni del golpe hanno strappato unghie, denti estratti a freddo con tenaglie rudimentali, scariche elettriche nei genitali…sono cose che danno i brividi solo a sentirle raccontare. La mia non è stata una tortura fisica ma al quinto giorno col morale a pezzi e stressato nel fisico volevano sapere i nomi i nascondigli e i posti dei compagni e dell’organizzazione clandestina, ma pur non avendoli fatti, mi aspettavo che mi uccidessero, mi hanno rimesso in libertà».

Finalmente liberi da Pinochet. «Nel 1988 Pinochet decide di indire un referendum, per modificare la norma costituzionale che limita i mandati presidenziali e poter rimanere presidente per altri otto anni. Ha pieni poteri, gli basterebbe un decreto. No, lui rispetta la legalità (!). E soprattutto vuole che sia il popolo a chiedergli plebiscitariamente di restare al potere. Ma si sbaglia: si aspetta una valanga di sì, e invece gli piove addosso una valanga di no. El Fortin, giornale che era stato chiuso perché contrario al regime, riprende le pubblicazioni con un’edizione straordinaria e un titolo a nove colonne: “Ha corso da solo ed è arrivato secondo”. Per il dittatore è l’inizio della fine, per il Cile il ritorno graduale alla democrazia. Quando cade Pinochet gli esuli cileni sparsi nel mondo cominciano finalmente a rientrare in patria. Anche gli Inti Illimani, dopo quindici anni di “esilio forzato” lasciano l’Italia per tornare in Cile».

 

Giorgio De Santis

Foto © Giorgio De Santis

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