Come ci ha cambiato la pandemia, il libro di Giacomo Zucchelli

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Una ricerca sociologica su quanto il virus ci sta cambiando, sulle nostre paure e sulle nostre speranze

Il sociologo Giacomo Zucchelli, durante il primo lockdown italiano del 2020, chiuso in casa, impossibilitato a svolgere le altre attività di cui si occupata (formazione e orientamento), si è posto delle domande sugli effetti che questa pandemia avrebbe portato.

Come nasce l’idea

Erano i primi mesi, era aprile 2020, quando si è posto la domanda: e domani? cosa accadrà quando usciremo di casa?

Ha deciso di proporre la domanda ai suoi conoscenti sul web e ai conoscenti dei suoi conoscenti. Ne è uscita una ricerca sociologica qualitativa che indaga sui bisogni, i punti di riferimento le speranze e le paure degli italiani e non solo.

Alla ricerca hanno risposto più di 200 persone, dai 18 anni in su, di tutti gli strati della società, per zona geografica, per titolo di studio e per occupazione.

Dove si trova

Zucchelli, ha riportato la sua ricerca nel libro: E Domani? che ha pubblicato in proprio su Amazon. sia in versione cartacea (€ 5,20) che in formato elettronico (€ 0,99).

Come dice lui stesso, la ricerca nasce dalla voglia di reagire, dallo stare chiuso in casa e dalla voglia di capire che mondo si sarebbe trovato una volta che sarebbe finito il lockdown.

Che immagine della società italiana esce

L’immagine che questa ricerca ha scattato sulla società italiana è diversa da quella che l’autore si immaginava: non un Paese in movimento, in fermento, piuttosto un Paese fermo, una comunità preoccupata.

Ma non è preoccupata per la malattia in quanto minaccia personale, ma della malattia in quanto minaccia per altri e per l’economica.

Affacciati ma interessati ad altro

«La comunità italiana assomiglia», commenta Zucchelli, «molto ad una piazza su cui si affaccia un condominio. E ognuno sta alla finestra, a vedere cosa accade in piazza, pronta a criticare, a commentare con il vicino di casa».

Ma la preoccupazione non è per quel che accade nella piazza, a meno che non siano parenti, persone care quelle a cui facciamo riferimento, ma anche quelle per le quali temiamo di più.

Ognun per sè

Inoltre ne esce, come era prevedibile, una società frammentata, con bisogni diversi, paure diverse, speranza diverse.

Secondo l’autore chi ha sofferto di più in quel frangente sono stati i ragazzi e le ragazze. Privati delle loro relazioni sociali hanno persino riscoperto la bellezza dell’andare a scuola come luogo di incontro.

Le paure

E se tutti rispettano le regole, per paura del contagio, nello stesso tempo hanno paura di una crisi economica: chi ha un lavoro precario (autonomi, partite IVA, occasionali) ha paura di una crisi propria, chi invece ha un lavoro sicuro, un tempo indeterminato, ha paura di una crisi economica.

La ricerca si conclude sulle speranze in cui si confida: il ritorno alla normalità, ma anche in un cambiamento più collettivo che non delle istituzioni o di noi stessi. Speriamo in una società migliore e in un modello economico diverso.

Le conclusioni

Nelle conclusioni finali, Zucchelli, analizza le diverse tipologie di paure che possono sorgere, come la paura del nemico, nata dalla metafora della guerra a cui viene paragonata la pandemia; la paura del dopo, inteso come la paura di quello che non si conosce.

Sebbene tutti vorrebbero un ritorno al passato, sicuramente le cose cambieranno, ma non per certo in peggio.

Giacomo Zucchelli, classe 1973, lavora come formatore e orientatore nel settore della formazione privata nella provincia di Massa Carrara. Ha avviato una start up che si occupa di benessere organizzativo. Da queste esperienze lavorative nasce la passione verso il mondo delle nuove generazioni e la ricerca della felicità come aspirazione personale, professionale e collettiva.

 

Matteo Vinci

 

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