L’Unione europea ne ha chiesto la “liberazione immediata”
La polizia cinese ha confermato che il 6 gennaio sono state trattenute 53 persone per sovversione. Tra loro anche un avvocato americano. L’operazione ha mobilitato un migliaio di agenti. I singoli arrestati a Hong Kong, definiti “forze e individui esterni” che minano la stabilità del territorio autonomo e della Cina.
Parlando con la stampa, la portavoce del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying ha assicurato che la libertà dei cittadini di Hong Kong non ne risentirà. «È solo la libertà di alcune forze e individui esterni a Hong Kong, che si stanno unendo per cercare di minare la stabilità e la sicurezza della Cina», ha dichiarato la portavoce.
Da ex colonia britannica alla Repubblica Popolare Cinese
Nel 2020 le autorità cinesi hanno intrapreso un’aggressiva acquisizione dell’ex colonia britannica, che nel 2019 aveva visto una mobilitazione popolare senza precedenti dopo il passaggio di consegne del 1997. Infatti il 1º luglio 1997 vi fu il trasferimento della sovranità di Hong Kong dal Regno Unito alla Repubblica Popolare Cinese, che concluse ufficialmente i 156 anni di dominio coloniale britannico. Questi ultimi arresti a Hong Kong sono un nuovo esempio di controllo del dissenso.
Tanto più che la maggior parte delle persone arrestate è legata alle elezioni primarie che proprio l’opposizione filodemocratica aveva organizzato l’estate scorsa. Nel tentativo di conquistare la maggioranza nelle elezioni legislative di settembre. Rinviate, poi, di un anno.
La reazione dell’Unione europea
L’Unione europea ha chiesto, lo stesso 6 gennaio, la “liberazione immediata” dei 53 esponenti dell’opposizione filodemocratica arrestati per “sovversione” a Hong Kong.
Il portavoce del capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha annunciato: «L’Ue sta valutando nuove sanzioni contro le autorità del territorio».
Peter Stano, portavoce degli affari esteri della Commissione europea in un comunicato: «Chiediamo l’immediato rilascio delle persone arrestate. (…) Reagiremo contro l’uso del “Security Act” per soffocare le libertà politiche a Hong Kong ricorrendo a sanzioni, se questo sarà accettato dagli Stati membri. L’Unione europea ricorda che il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali è un elemento chiave della legge fondamentale e del principio di “un Paese, due sistemi”».
L’opzione sanzionatoria già discussa
L’opzione delle sanzioni, discussa nell’ultima riunione dei ministri degli Esteri del 7 dicembre, non ha avuto epilogo nell’adozione di misure. A luglio l’Ue ha deciso di limitare le esportazioni di attrezzature da utilizzare per la sorveglianza e l’applicazione della legge a Hong Kong.
Da parte sua, la Commissione europea, mercoledì 5 gennaio, si è difesa contro le critiche alla firma di un accordo di protezione degli investimenti con la Cina di fine dicembre, nonostante la repressione di Pechino contro la minoranza musulmana uigura cinese e l’opposizione a Hong Kong.
«È un accordo settoriale. La dimensione dei diritti umani e lo stato di diritto sono oggetto di un dialogo specifico con Pechino, con strumenti specifici». Queste le parole del portavoce della Commissione europea Eric Mamer.
Le manifestazioni di Hong Kong paragonate a quelle americane
Intanto la televisione di Stato cinese, trasmette le immagini del Campidoglio di Washington invaso, sempre il 6 gennaio, dai sostenitori di Donald Trump. I quali rifiutandosi di riconoscere la vittoria del suo avversario democratico, Joe Biden, nelle elezioni presidenziali del 3 novembre, lo hanno preso d’assalto.
Oggi, 7 gennaio, Pechino ha detto di sperare in un “ritorno all’ordine” negli Stati Uniti. Facendo un parallelo tra la situazione odierna a Washington e le proteste a favore della democrazia a Hong Kong nel 2019. Quando le proteste contro il crescente dominio del governo cinese sul Paese, si erano spinte fino all’irruzione dei manifestanti nel “Legco”, il Parlamento locale.
La portavoce del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying ha dichiarato, non senza ironia, che benchè gli eventi di Hong Kong siano stati più gravi, non è morto nessun dimostrante. In contrasto con la situazione negli Stati Uniti, dove la polizia conta quattro morti.
Sottolineando il tono diverso delle manifestazioni contro il potere a Hong Kong e Washington. «La reazione di alcune persone negli Stati Uniti, compresi alcuni media, è completamente diversa», ha affermato senza nominarli. «All’epoca, nel descrivere i manifestanti violenti di Hong Kong, quali parole hanno usato?. “Un grande spettacolo”», ha rimproverato la portavoce.
Rossella Vezzosi
Foto © The pigeon Express, Wikipedia, Coe, Dw
Video © Eurocomunicazione