La rivincita dello Sputnik V e la geopolitica dei vaccini

0
853
Sputnik V

Da bistrattato “vaccino dei poveri” in Asia e America Latina a nuova efficace arma per contrastare il Covid-19. Anche in Europa

Quando lo scorso agosto Vladimir Putin annunciò alla stampa che la Russia era il primo Paese al mondo a disporre di un vaccino contro il Covid-19, la notizia venne accolta da forti dubbi e perplessità. Quel nome, Sputnik V, scelto volutamente in onore del satellite artificiale con il quale nel 1957 Mosca bruciò Washington nella corsa allo spazio, lasciava aperti degli interrogativi in molti esperti. Che ritenevano il suo processo di produzione troppo rapido per non nascondere delle insidie. Il sospetto, negli ambienti medici e non solo, era che si trattasse essenzialmente di una mossa propagandistica del Cremlino. Anche i successivi dati presentati a novembre dall’Istituto Gamaleja, dove Sputnik V era nato, che parlavano di una efficacia del 92%, non dissipavano le incertezze sul prodotto.

Oggi però le cose sono decisamente cambiate: l’autorevole rivista scientifica Lancet ha pubblicato i risultati dei test sui 20mila partecipanti al trial di Fase 3, che confermano l’efficacia del vaccino russo pari al 91,6%. In pratica Sputnik V non è da meno dei vaccini di Pfizer-Biontech e Moderna. E impone necessariamente delle riflessioni a una Unione europea il cui piano vaccinale sta procedendo troppo lentamente. A causa dei garbugli giuridici con le aziende produttrici. Se l’Ema desse il via libera a Sputnik V, certo un’arma in più sarebbe a disposizione dei governi europei nella lotta contro il coronavirus.

Fughe in avanti

Prima ancora di una decisione dell’Agenzia europea dei medicinali, l’Ungheria si è già mossa per proprio conto e ha approvato lo Sputnik V il 22 gennaio. Attraverso un processo di autorizzazione di emergenza, Victor Orban ha aggirato le norme secondo cui i nuovi trattamenti derivati biologicamente dovrebbero essere valutati solo a livello centrale dall’Ema. Una mossa che ha messo l’Agenzia sotto pressione, a causa dei ritardi nell’iter di esame di Sputnik V e dei cinesi Sinovac e Sinopharm.

Tra i maggiori critici della lentezza decisionale troviamo il ministro-presidente della Baviera. Il cristiano-democratico Markus Söder ha colto la mossa ungherese per esortare il Regolatore comunitario a stabilire in fretta se i vaccini russo e cinese sono sicuri. Una posizione simile a quella del ministro della Salute tedesco Jens Spahn, favorevole all’utilizzo dello Sputnik in tutta l’Ue qualora ne venisse attestata l’efficacia. Intanto la cancelliera Angela Merkel ha già discusso con Vladimir Putin della possibile produzione dello Sputnik in una struttura tedesca.

Geopolitica dei vaccini

L’Asia centrale, l’Africa del Nord e l’America Latina sono stati fino ad adesso il terreno di conquista per lo Sputnik V, tanto da fargli guadagnare in Occidente l’appellativo (in senso quasi dispregiativo) di “vaccino dei poveri”. Sia per il prezzo basso che per la facilità di conservazione (non richiede complessi frigoriferi industriali che servono invece per quello della Pfizer-Biontech), il vaccino russo è dipinto finora alla stregua di un ripiego.

Eppure a novembre scorso il prestigioso Hadassah Medical Center di Gerusalemme ne aveva ordinato un milione e mezzo di dosi, dopo che la sua sede in Russia aveva riscontrato buoni risultati sui pazienti oggetto del test. Ciònonostante, in questi mesi Sputnik V è presentato all’opinione pubblica occidentale come uno strumento utile solo a Paesi a basso e medio reddito. I quali, non essendo in grado di permettersi costosi accordi commerciali con grandi multinazionali del farmaco nè disponendo di particolari infrastrutture tecniche, erano di fatto obbligati a scegliere un prodotto potenzialmente scadente a discapito della qualità.

Ora però la pubblicazione su Lancet può ribaltare il tavolo e impattare su questi equilibri geopolitici. Altri Paesi potrebbero sentirsi incentivati a rivolgersi a Mosca per avere un prodotto che comporta un vantaggioso rapporto qualità/prezzo. E non parliamo solo di nazioni povere asiatiche o latinoamericane. Se l’Ungheria (che ha appena ricevuto 40mila dosi del vaccino russo) grazie allo Sputnik riuscisse addirittura a sopravanzare gli altri membri Ue nella campagna di vaccinazione, la geopolitica dei vaccini potrebbe mutare anche nel continente europeo. Indipendentemente da ciò che l’Ema deciderà.

 

Alessandro Ronga
(Foto © The Russian Presidential Press Office, Casa Rosada, Wikicommons/Jmarchm, Mos.ru)

Articolo precedenteCon il Covid ci dimentichiamo di molte gravi malattie
Articolo successivoAIFA: segnalazioni confermano un buon profilo di sicurezza dei vaccini Pfizer/BioNTech e Moderna
Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui