Sostenibilità e digitalizzazione, la moda si reinventa

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Moda

Il Covid-19 ha scosso molto anche il settore dell’abbigliamento, costringendo i brand a trovare modi alternativi di vendita e non solo…

Un binomio che diventa sempre più attuale quello tra moda e sostenibilità, in un periodo storico dove l’ambiente è tra i principi base di tutto il Mondo. Ma è anche un settore molto colpito dalla pandemia. Ma non per questo si arrende, anzi si arricchisce di nuovi principi.

Lo shopping cambia

Nell’ultimo anno, a causa della pandemia da Covid-19, lo shopping ha subito una vera e propria trasformazione. Il digitale è entrato a far parte della nostra vita da tanti punti vista. Gli appuntamenti settimanali con amici e parenti, ormai, si svolgono online su piattaforme come Skype, Zoom, WhatsApp, Telegram. Inoltre, si lavora in smart working, quindi, anche chi non avevaconfidenzacon la tecnologia oggi si è adattato. E la moda ha fatto altrettanto, le vendite e-commerce sono quasi raddoppiate passando dal 16% al 29% a livello globale.

Per le case di moda e di conseguenza per i negozi di abbigliamento è diventato prioritario gestire le vendite attraverso i social. Questi permettono di mostrare ai clienti la merce a disposizione, dare consigli estetici, farli sentire parte di qualcosa anche se non fisicamente presenti.

Piattaforme dedicate

Inoltre c’è la nascita di vere e proprie piattaforme dedicate alla moda e che, in alcuni casi, ci fanno riscoprire il Made in Italy. È il caso di “Ad Hoc Atelier“, piattaforma di vendita di abiti, accessori e gioielli uomo e donna, 100% Made in Italy. Produzioni di nicchia artigianali e di alta qualità, caratterizzate da un design particolare ed esclusivo.

In Italia, finalmente, è arrivata anche Vinted. Piattaforma europea online C2C, cioè, consiste nello scambio di merci tra utenti privati e il flusso di vendita, dall’ordine al pagamento, è controllato dalla piattaforma di riferimento, tutelando sia il venditore che l’acquirente. Un’app facile e gratuita che semplifica le interazioni tra i membri e l’opportunità di vendere e comprare vestiti e accessori che hanno amato e che non usano più, dando così loro una seconda vita.

Unica nel suo genere, invece, è Sample Lover. Si tratta della prima piattaforma italiana dedicata alle vendite di campionario. In pratica vengono messi a disposizione prototipi e rimanenze che i marchi producono per uso interno e che non sono quindi destinati ai negozi. Sample Lover li seleziona e li rende disponibili agli amanti della moda e del design. Possono essere acquistati online sul sito, ma anche offline attraverso gli eventi-vendita.

Un passo verso un mondo migliore

Importante anche il cambiamento effettuato dalla moda nella sostenibilità. Due le principali motivazioni: la responsabilità che le persone hanno acquisito nei confronti della Terra e l’innegabile inquinamento prodotto dalle industrie del settore. Si stima che la moda sia responsabile di una sconvolgente percentuale globale di emissioni di gas serra. Vanno dal 4 al 10%, e sembra che superino addirittura il livello di emissioni annuali complessive di Regno Unito, Francia e Germania. Purtroppo i brand non stanno facendo abbastanza per diminuire l’inquinamento prodotto. Ma una parte di responsabilità è anche dell’acquirente dato che non tutti utilizzano prodotti biodegradabili per i lavaggi. Quindi le acque risultano altamente inquinate da sostanze nocive che si trovano all’interno dei detersivi. Facciamo attenzione a ciò che utilizziamo!

Certificazioni per una moda più sostenibile

ModaUn bel passo in avanti si sta avendo per quanto riguarda i materiali. Esistono dei Garanti della qualità, cioè certificano i prodotti che poi arrivano al consumatore. La Global organic textile standard (Gots), leader mondiale nella definizione dei criteri ambientali e sociali. La quale verifica la totale assenza di sostanze chimiche non conformi ai requisiti base sulla tossicità e sulla biodegradibilità.

Il certificato Organic content standard (Ocs). Si tratta di una validazione del contenuto dichiarato dalle aziende di moda produttrici. In merito alla provenienza delle fibre naturali da agricoltura biologica e alla loro tracciabilità lungo tutto il processo produttivo.

Global recycle standard (Grs) con il compito di dimostrare che i materiali dichiarati 100% riciclati siano, effettivamente, ottenuti da scarti lavorati attraverso processi ecologici.

Ultimo, ma non di certo meno importante, il certificato rilasciato dal Forest stewardship council (Fsc). Specifico per il settore forestale e per i prodotti derivati dalle foreste, legnosi e non. Questo, attesta che la materia prima impiegata nel capo d’abbigliamento proviene da foreste gestite in maniera responsabile nel totale rispetto dei lavoratori, degli abitanti e del territorio.

Marchi che più di altri si impegnano

La pioniera della moda sostenibile si può identificare in Stella McCartney. Eh si, lei, vegetariana da sempre, ha lanciato la sua luxury label nel 2011 con l’intento di offrire capi super glam ma prodotti senza derivati animali. E così ha creato lo shaggy deer, il famoso tessuto dell’It Bag Falabella che sembra camoscio ma non lo è. Anche tutti gli altri capi e accessori della sua linea di moda ecosostenibile sono realizzati con fibre naturali o sintetiche.

Materiali green e processi di produzione nel rispetto dell’ambiente contraddistinguono il brand di Mara Hoffman. Diventato famoso soprattutto grazie al suo beachwear cool e nature friendly ineconyl®, un materiale brevettato in nylon rigenerato.

Ma l’Italia non è da meno, infatti tra i brand sostenibili di scarpe, non possiamo non citare Philippe Model. La casa di calzature italiana, ha presentato per la primavera estate 2021, Lyon. Una sneaker a basso impatto ambientale che utilizza materiali animal-free, riciclati e bio-based, come l’ecopelle in fibre di mais, il cotone organico e il poliestere riciclato.

Con Patagonia si rivive lo stile anni 80 ma con una particolare attenzione alla sostenibilità. I suoi piumini hanno una calda imbottitura la cui piuma è 100% tracciabile. La loro realizzazione si discosta totalmente dalla crudele pratica della spiumatura, garantendo l’equo trattamento degli animali.

Ma possiamo parlare di ambiente ed etica anche nominando marchi campioni del low cost come Asos, Zara e H&M. Loro dedicano intere sezioni delle loro collezioni alla moda ecosostenibile. Cioè prodotta con fibre naturali attraverso una filiera protetta, volta a minimizzare gli sprechi, l’inquinamento e lo sfruttamento dei lavoratori.

Iniziative per incentivare i cambiamenti

In Germania, dopo la “Sustainable Cotton Challenge”, focalizzata sul cotone, arriva la “Recycled Polyester Challenge“. In pratica si tratta di una sfida, lanciata nel contesto del progetto Textile Exchange sviluppato nel 2017. Si pone come obiettivo, da un lato, la sensibilizzazione alla produzione sostenibile e, dall’altro, la programmatica call-to-action in linea con i principi della Charter for Climate Action nell’industria del fashion. L’iniziativa persegue in particolare lo scopo di aumentare la quota di fibre poliestere riciclate dal 14% attuale al 45% entro il 2025. Valore che corrisponde 17,1 milioni di tonnellate di materiale tessile.

A questo primo obiettivo, si somma il raggiungimento del 90% di fibre riciclate entro l’anno 2030. 85 brand e fornitori hanno finora aderito al progetto e, tra i partecipanti, si ritrovano grandi marchi internazionali come Adidas, G-Star Raw, H&M, Helly Hansen, JCrew e Lululemon. Queste industrie saranno chiamate a inviare report annuali sul consumo di poliestere al Textile Exchange che, in forma anonima, emetterà una valutazione sulle performance.

E voi cosa farete per contribuire a migliorare la nostra amata Terra?

 

Ginevra Larosa

Foto © Ginevra Larosa, TendiTrendy, LifeGate, Buro.Singapore

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