Gerusalemme, ecco cosa accade in Israele e perché

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Gerusalemme

Esplodono le (ennesime) violenze a Gerusalemme. Mentre da Gaza, Hamas lancia razzi e missili su Israele. Ecco i motivi delle tensioni

All’indomani degli scontri avvenuti a Gerusalemme tra forze dell’ordine israeliane e manifestanti arabi si sono letti decine di articoli sul coro di proteste. Proteste contro la severità della polizia e contro la politica di Israele. Ma cosa è successo in realtà? Cosa ha provocato questi scontri? Chi ha ragione?

Se dare ragione e torto è sempre difficile, fare chiarezza su quello che è accaduto e sta accadendo è possibile. Anzi: è doveroso.

In breve: 4 famiglie arabe di Sheikh Jarrah (situata a Gerusalemme est) rischiano di essere sgomberate da terreni di proprietà ebraica in cui si insediarono ai tempi dell’occupazione giordana, durata dal 1948 al 1967. Queste famiglie sostengono d’averli acquistati dalle autorità di Amman, mentre l’ente ebraico Nahalat Shimon afferma d’averli acquistati dai legittimi proprietari ebrei a cui erano illegalmente sottratti dai giordani.

Il tribunale distrettuale di Gerusalemme ha stabilito che i terreni appartengono legalmente alla parte ebraica. La decisione ha scatenato una serie di furiose proteste e scontri violenti con le forze dell’ordine, mentre il capo militare di Hamas, Mohammed Deif, ha minacciato “pesanti” ritorsioni se dovesse avvenire lo sgombero.

Nel frattempo, Unione europea (vedi video in fondo, ndr) e Onu hanno chiesto a Israele di non procedere con lo sfratto. Domenica, il giudice Daphne Barak-Erez della Corte Suprema israeliana ha esortato le parti a trovare un compromesso. Le 4 famiglie arabe rifiutano di accettare qualsiasi accordo che implichi il riconoscimento della rivendicazione ebraica. E la questione torna alla Corte Suprema.

Sheikh Jarrah: prima israeliana, poi giordana e ancora israeliana

La storia di Gerusalemme est è intricata, ma leggendo attentamente è semplice. Nel 1875, quando non esisteva alcuno Stato, i terreni furono acquistati dagli ebrei a prezzi più alti di 10 volte rispetto alle terre all’epoca vendute nell’Iowa.

Erano terreni desertici e incolti, che vennero bonificati e irrigati dagli israeliani. Nel 1948, con la proclamazione da parte dell’Onu dello Stato di Israele e dello Stato della Palestina (gli ebrei accettarono, gli arabi rifiutarono), gli eserciti di Egitto, Transgiordania, Siria, Libano e Iraq invasero Gerusalemme est espellendo gli ebrei e prendendo possesso di tutte le abitazioni.

Nel 1967, con la Guerra dei 6 giorni – uno scontro difensivo da parte di Israele dopo un accerchiamento di truppe, aerei e mezzi pesanti di Egitto, Siria, Giordania e Iraq – lo Stato ebraico riconquistò Gerusalemme est e altri territori: la prima è tuttora terra israeliana. Gli altri territori, come il Sinai, vennero in seguito ceduti.

Nonostante la riconquista, nessun arabo viene espulso da Gerusalemme est, contrariamente a quanto fecero gli arabi nel 1948 quando fecero una sorta di “pulizia etnica” ai danni degli ebrei.

Palestina: 19 anni sotto il dominio arabo

Ciò vuol dire che gli arabi hanno avuto in mano la Palestina e Gerusalemme est per 19 anni senza però mai creare un loro Stato palestinese. Questo nonostante l’Onu – con la risoluzione n. 181 del 29 novembre 1947 – avesse dato il suo “via libera” con 133 voti a favore e 13 contrari. Perché non è stato creato lo Stato palestinese?

Passano 6 anni e, nel 1973, Sheikh Jarrah venne registrata dall’organizzazione ebraica Nahalat Shimon mentre nel 1982 i residenti riconoscono la proprietà ebraica. La Corte israeliana stabilisce che chi si trova in quella terra debba pagare un canone di affitto.

Nel 2020, il tribunale israeliano decide che gli affittuari devono essere sfrattati perché rifiutano di pagare l’affitto.

Sintesi delle recenti tensioni tra palestinesi e israeliani

Uno dei razzi lanciati oggi da Gaza contro Israele

Lo sfratto delle 4 famiglie arabe è solo un “casus belli” per ulteriori violenze. Violenze che negli ultimi anni hanno avuto nella Striscia di Gaza (in mano araba) il fulcro di intense attività terroristiche.

Considerando solo i primi mesi del 2021, dalla Striscia di Gaza sono partiti razzi a tappeto contro Israele. Di cui circa 600 nelle sole giornate di lunedì 10 e martedì 11 maggio 2021. Dall’agosto 2005, Gaza è sotto il controllo dell’Autorità Palestinese dopo che Israele ha evacuato l’area come segno di distensione. Una volta entrati a Gaza, gli arabi hanno incendiato tutte le sinagoghe e varie infrastrutture, tra cui delle serre che producevano frutta e ortaggi con sistemi di irrigazione molto sofisticati.

Gli ultimi giorni

Nella giornata di martedì 11 maggio, da Gaza sono partiti circa 100 missili che hanno raggiunto il centro di Israele e Tel Aviv, facendo suonare gli allarmi, allertanto le difese contraeree e bloccando parte delle attività israeliane.

Ma non è tutto: con cadenza quasi quotidiana, dai suddetti territori arabi partono dei palloni incendiari che atterrano sempre nel sud d’Israele. Incendiando i terreni e rovinando irreparabilmente ettari di colture, foreste e riserve naturali. Mesi di duro lavoro distrutti in un attimo da un odio cieco.

In risposta ai continui lanci di razzi le forze di difesa israeliane (Idf) hanno contrattaccato colpendo 130 obiettivi. «Abbiamo colpito 15 terroristi, attaccato tunnel vicino alla barriera di confine, la casa di un alto comandante di Hamas e il comando dell’intelligence di Hamas nella parte meridionale della striscia» ha dichiarato Hidai Zilberman, portavoce dell’Idf.

«Abbiamo anche colpito siti di produzione di razzi, depositi di armi, postazioni militari e una base d’addestramento della Jihad Islamica. Nelle prossime ore aumenteremo il livello degli attacchi. Non ci fermeremo finché non avremo esercitato un impatto sostanziale sull’infrastruttura del gruppo terroristico Hamas. Ci vorranno giorni, non ore».

Inoltre l’Idf ha attaccato una cellula di Hamas che si apprestava a lanciare un attacco dalla Striscia di Gaza in direzione di Israele. «Abbiamo appena colpito una cellula di terroristi di Hamas che utilizzavano missili anti-carro a Gaza».

Parlando in lingua araba ai residenti di Gaza, l’Idf ha aggiunto: «Si prevede un’ampia ondata di attacchi, stare lontano dai siti che contengono armi e munizioni di Hamas».

Gli arabi hanno voce in Israele

Mentre gli israeliani non hanno voce nei Paesi arabi e confinanti, e non ne è nemmeno tollerata la presenza, in Israele vivono e lavorano centinaia di migliaia di arabi. Molti dei quali prestano servizio nell’esercito e hanno diritto di voto.

Mentre in Israele si vivono ore “calde”, Human Rights Watch (una Ong che si occupa di diritti umani), ha dichiarato che Israele è uno Stato di apartheid.

Emblematico il racconto di Khaled Abu Toameh, giornalista arabo israeliano: «Se Israele fosse uno Stato di apartheid, a me non sarebbe permesso lavorare per un quotidiano ebraico. Vivere in un quartiere ebraico o possedere una casa. Il vero apartheid è in Libano dove c’è una legge che vieta ai palestinesi di lavorare in più di 50 professioni. Riuscite a immaginare se la Knesset (il parlamento monocamerale d’Israele, ndr) approvasse una legge che vietasse agli arabi di lavorare anche solo in una professione? Il vero apartheid è anche in molti Paesi arabi e musulmani come il Kuwait, dove c’è un mio zio palestinese. Vive lì da 35 anni e gli è proibito comprare una casa. La legge in Israele non fa distinzione fra ebrei e arabi».

Intanto continuano i violenti scontri a Gerusalemme. Al Fatah, che fa capo al presidente dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen, invece di invocare la calma, ha pubblicato sabato un appello per l’aumento degli scontri e della violenza.

Un’ultima notizia: in Israele, Mona Khoury-Kassbari, professoressa araba israeliana, a fine aprile è nominata vicepresidente dell’Università ebraica. Una donna araba israeliana in una posizione di alto livello presso la più antica università in Israele, considerata una delle 150 migliori università del Mondo.

Israele bombardata, spesso nell’indifferenza della Comunità internazionale e nel silenzio dei media

 

 

Andrea Barbieri Carones

Foto © Facebook

Video © Eurocomunicazione

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Andrea Barbieri Carones
Specializzato nel settore del turismo e in quello dell'automotive, Andrea è nato a Milano e ha diviso la sua ventennale attività professionale tra la sua città natale e Roma. Conosce 3 lingue straniere e ha partecipato a fiere, conferenze e convegni in giro per il mondo, scrivendo per diverse testate nazionali. Negli ultimi anni ha pubblicato articoli sull'industria automobilistica e sul turismo d'affari e congressuale, collaborando anche a curare la comunicazione di alcune aziende nel settore dell'hotellerie e della logistica.

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