Nucleare. Stati Uniti, Regno Unito e Australia insieme per la sicurezza

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Cambiano gli equilibri dello scenario geopolitico internazionale. Francia «pugnalata alle spalle»

Stati Uniti, Regno Unito e Australia accomunati dalla volontà di garantire sicurezza, attraverso il nucleare. I tre Paesi stanno creando una partnership di sicurezza trilaterale con l’obiettivo ultimo di confrontarsi finalmente, di nuovo, con la Cina.

Chiare le intenzioni statunitensi. Per Joe Biden «si tratta di investire nella nostra (loro) più grande fonte di forza, le nostre alleanze, e aggiornarle per affrontare meglio le minacce di oggi e di domani». In poche parole: riunire gli alleati e i partner esistenti dell’America in modi nuovi.

Presentano congiuntamente l’iniziativa, il cui nome Aukus deriva dalle iniziali delle nazioni coinvolte, il presidente Joe Biden e i primi ministri Boris Johnson e Scott Morrison.

In nove minuti cambiano gli equilibri dello scenario geopolitico internazionale.

Insieme grazie ai sistemi di collegamento virtuale, raggiungono in videoconferenza i loro Paesi e tutte le emittenti del Mondo. Aukus è il piano congiunto per l’assemblaggio della nuova flotta di sottomarini a propulsione nucleare australiana, che sarà costruita ad Adelaide nei prossimi 18 mesi.

Il progetto renderà l’Australia il settimo Paese nel panorama mondiale dotato di sottomarini azionati da reattori nucleari.

Guerra fredda?

Gli analisti menzionano l’accordo di condivisione dell’intelligence firmato 75 anni fa,  denominato UKUSA, ma comunemente noto come Five Eyes. Pubblicato nel 2010 e definito dal Time tra i documenti più importanti della guerra fredda, esso che «rivela uno dei fondamenti del rapporto speciale che il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno ancora a cuore».

Oggi invece l’alleanza Aukus – che arriva in un momento in cui molte capitali occidentali stanno ricalibrando le loro relazioni con la Cina – ha una forte dimensione tecnologica e di sicurezza.

Nei prossimi tempi ritroveremo spesso il nome Mark Milley. Generale americano pluridecorato, è il presidente dei capi di Stato Maggiore congiunti che dialogheranno per portare a termine il progetto.

Implicazioni

Morrison ritiene – relativamente agli obblighi del trattato internazionale sulla gestione del combustibile nucleare – che «ciò includerà un esame approfondito di quanto dobbiamo fare per esercitare le nostre responsabilità di gestione nucleare qui in Australia».

Precisa poi, per amor di chiarezza, che il suo Paese «non sta cercando di acquisire armi nucleari o di stabilire una capacità nucleare civile».

L’accordo

Prima d’ora, gli Stati Uniti hanno condiviso la loro tecnologia di propulsione nucleare solo con il Regno Unito, in un accordo che risale al 1958, ma quello di oggi è evidentemente un insieme di circostanze unico. La separazione geografica dei tre Paesi non implica, infatti, lontananza di vedute e di obiettivi.

Parlando da Londra, Johnson non esita a definire la triade come «esempio di un’alleanza naturale». Essa creerà «una nuova partnership per la difesa e favorirà aumento di posti di lavoro e prosperità». L’accordo, uno tra i progetti più complessi e tecnicamente impegnativi al Mondo, durerà decenni e richiederà l’impiego della tecnologia più avanzata.

Legami

Fonti britanniche hanno affermato che le conversazioni sull’accordo sull’energia nucleare sono state avviate dagli australiani a marzo. Complessità e durata del patto «legheranno in modo decisivo l’Australia agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna per generazioni», afferma un alto funzionario statunitense.

Si tratta di una decisione fondamentale, che segna la fine di un contratto da 90 miliardi di dollari firmato nel 2016 dall’Australia con la società francese Naval Group.

Francia

«Il Mondo è una giungla», osserva su Twitter l’ex ambasciatore francese a Washington, Gérard Araud. «Alla Francia è stata appena ricordata questa amara verità dal modo in cui gli Stati Uniti e il Regno Unito l’hanno pugnalata alle spalle in Australia. È la vita».

Naval Group, incaricato di costruire 12 sottomarini d’attacco all’avanguardia, ha affermato che il nuovo accordo è stato una “grande delusione“. Lo stesso si era impantanato in superamenti dei costi, ritardi e modifiche al design.

Lo scioglimento del contratto segna una spiacevole battuta d’arresto per il presidente Emmanuel Macron, proprio mentre inizia la corsa per il secondo mandato all’Eliseo.

Cina

Sebbene mai menzionata in modo specifico, la Cina è chiaramente al centro della triplice alleanza, che rappresenta la risposta alla sua spinta espansionistica nel Mar Cinese Meridionale e alla crescente belligeranza nei confronti di Taiwan. Il presidente Biden, a tal riguardo, esprime la sua visione.

«Dobbiamo essere in grado di affrontare sia l’attuale ambiente strategico nella Regione, sia la sua possibile evoluzione, perché il futuro di ciascuna delle nostre Nazioni – e in effetti del Mondo, dipende da un IndoPacifico libero e aperto, duraturo e fiorente nei decenni a venire».

Doppio binario

Prende forma una narrazione nuova, che vede nella deterrenza il fulcro reale dell’accordo, politico e strategico. Sostenerla e migliorarla attraverso la riapertura del dialogo e della cooperazione non sarà semplice.

L’imminente Conferenza sul cambiamento climatico COP26, ospitata nel Regno Unito a novembre 2021 e realizzata in partnership con l’Italia, sarà un interessante banco di prova. Secondo alcuni, gli Usa e Uk vorrebbero portare la Cina dalla loro parte, per dimostrare la possibilità di avere una relazione competitiva e al contempo di cooperazione.

Biden e Xi si sono recentemente parlati al telefono. È la prima conversazione in sette mesi. Secondo il Financial Times, il presidente americano ha proposto di fissare un incontro faccia a faccia, ma il leader cinese non avrebbe ancora risposto.

Se la strategia degli alleati sia coerente o meno non è al momento di facile da valutare. Certamente, sarà necessario che distinguano con massima cautela le questioni globali come il cambiamento climatico da sicurezza e difesa.

Nucleare

L’Australia insiste sul fatto che non ha intenzione di perseguire armi nucleari e si atterrà al Trattato di non proliferazione nucleare (NPT). Per i critici la decisione potrebbe tuttavia ancora stimolare indirettamente la proliferazione delle armi.

Qualsiasi nuovo sottomarino a propulsione nucleare, alimentato con l’aiuto di uranio arricchito, impiegherà anni, forse più di un decennio, per svilupparsi. Ma una volta in mare, l’obiettivo è mettere la marina australiana – attualmente alimentata a diesel – allo stesso livello tecnologico della marina cinese, la più grande del Mondo.

Collaborazione

Oltre alla cooperazione sulla tecnologia navale, la partnership comporterà un più stretto allineamento delle politiche e delle azioni regionali. Oltre a una maggiore integrazione delle Forze Armate e delle industrie della Difesa dei tre alleati.

I quali intendono anche lavorare insieme sulla guerra informatica e sulle capacità di intelligenza artificiale.

Timori

L’energia nucleare consentirà ai sottomarini d’attacco australiani di rimanere in mare fino a cinque mesi e di operare in modo più silenzioso rispetto alle navi diesel della classe Collins esistenti del Paese, consentendo loro di eludere meglio il rilevamento del nemico.

Alcuni critici dell’accordo avvertono che costituisce un pericoloso precedente per i Paesi che sfruttano una scappatoia nel TNP. Il trattato consente alle Nazioni non dotate di armi nucleari di costruire sottomarini a propulsione nucleare e di rimuovere il materiale fissile di cui hanno bisogno per i reattori sottomarini dalle scorte monitorate.

Monitoraggio

Il monitoraggio è garantito dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica, organismo di controllo globale indispensabile per evitare che i materiali siano utilizzati per fabbricare armi.

«La mia preoccupazione non è che l’Australia faccia un uso improprio del materiale nucleare che gli diamo e utilizzi la scappatoia per costruire armi nucleari», chiarisce James Acton, co-presidente del programma di politica nucleare presso il Carnegie Endowment for International Peace. «La mia preoccupazione è che crei un terribile precedente di cui altri Paesi potrebbero abusare».

«L’Iran è l’esempio più ovvio. Certamente non staremmo fermi e in silenzio se rimuovesse il materiale nucleare dalle misure di sicurezza».

Scenari futuri

David Cullen del Nuclear Information Service, ha dichiarato: «Questo è successo solo una volta nella storia, quando gli Stati Uniti hanno aiutato il Regno Unito a sviluppare i suoi primi sottomarini a propulsione nucleare».

«La cosa interessante è che gli Stati Uniti sembrano aver gettato un osso al Regno Unito consentendo alla Gran Bretagna di aiutare a progettare e costruire i nuovi sottomarini australiani», aggiunge Cullen.

Chiude il suo pensiero con due quesiti: «Come verranno riforniti gli australiani? Vorranno sviluppare la propria capacità nucleare per arricchire il combustibile di uranio?».

Come verranno riforniti o smantellati i reattori australiani ancora non è chiaro.

 

Chiara Francesca Caraffa

Foto © Brendan Smialowski/AFP/Getty Images, Matt Dunham/Getty Images, Christophe Ena/AFP, The New York Times

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Chiara Francesca Caraffa
Impegnata da sempre nel sociale, è Manager del Terzo Settore in Italia, ove ricopre ruoli istituzionali in differenti Organizzazioni Non Profit. Collabora con ETS in Europa e negli Stati Uniti, dove promuove iniziative per la diffusione della consapevolezza dei diritti della persona, con particolare attenzione all'ambito socio-sanitario. Insegna all'International School of Europe (Milan), dove cura il modulo di Educazione alla salute. Cultrice di Storia della Medicina e della Croce Rossa Internazionale ed esperta di antiquariato, ha pubblicato diversi volumi per Silvana Editoriale e per FrancoAngeli.

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