Per meditare non dobbiamo andare solo in Oriente

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Meditazione

Controllare la mente per conoscere Dio

La meditazione (dal latino meditatio, riflessione) è una pratica utilizzata per pervenire al dominio delle attività della mente fermando il chiacchiericcio dei pensieri che distraggono e pongono un filtro all’essenza dalla vera realtà della vita.

Per questo bisogna, con sforzo quasi titanico, portare la mente a concentrarsi su di un unico pensiero fino a diventare così totalmente tranquilla e pacifica. Ecco il primo passo fondamentale per il raggiungimento dell’illuminazione.

Analoga alla meditazione è certamente la contemplazione, dove si ottiene la capacità di lasciar riposare la mente nel suo stato naturale definita un autorealizzazione. Le finalità possono essere molteplici: scopo religioso, filosofico o semplicemente la ricerca di un miglioramento delle condizioni psicofisiche.

Una pratica che, pur in forme differenti, è da molti secoli parte necessaria di tutte le maggiori tradizioni religiose.

Nelle Upanishad, scritture sacre induiste compilate intorno al IX – VIII secolo a.C., è già presente la prima informazione chiara sulla meditazione giunta fino a noi. Era indicata con il termine dhyāna nella lingua sanscrita.

L’esotismo arriva in Europa

Fatta questa breve introduzione alla meditazione, alla fine del­l’Ot­to­cen­to, in Europa, si diffuse, gra­zie allo svi­lup­po co­lo­nia­le e alle nuo­ve rot­te com­mer­cia­li, la mistica dell’esotismo con l’arte, la let­te­ra­tu­ra, il tea­tro, la moda, che ar­ri­vavano dal­l’A­sia e dall’Africa, por­tando an­che tradizioni e nuo­ve for­me di pensiero.

Si sco­pri­va, così, che ol­tre l’Eu­ro­pa c’e­ra an­che il Mon­do. I pri­mi a es­ser­ne coin­vol­ti furono, ov­via­men­te, gli in­tel­let­tua­li del­l’e­po­ca. I qua­li die­de­ro im­pul­so a que­sti nuo­vi concetti cul­tu­ra­li, pur con mol­te la­cu­ne.

Al­l’e­po­ca, in­fat­ti, i veri stu­dio­si o ri­cer­ca­to­ri di ci­vil­tà ex­traeu­ro­pee era­no po­chis­si­mi e spesso ave­va­no tra­du­zio­ni som­ma­rie o peg­gio stral­ci di te­sti im­por­tan­ti di let­te­ra­tu­ra o di re­li­gio­ne. Questo causava una gran­de con­fu­sio­ne che por­tò a luo­ghi co­mu­ni duri an­co­ra oggi a mo­ri­re. Così, solo per fare un esem­pio, l’im­men­sa ric­chez­za spi­ri­tua­le e dot­tri­na­le del­l’In­dia è co­no­sciu­ta tut­t’o­ra ge­ne­ral­men­te come la ter­ra dei fachiri o ai san­to­ni.

Per for­tu­na ci fu chi è an­da­to ol­tre e, di que­sta im­men­sa ric­chez­za cul­tu­ra­le, ha sa­pu­to cogliere gli aspet­ti più au­ten­ti­ci e di va­lo­re uni­ver­sa­le, ac­co­glien­do, qua­si su­bi­to, nel­la nostra cul­tu­ra il con­cet­to di me­di­ta­zio­ne. Spe­cial­men­te del­lo yoga, mil­le­na­ria di­sci­pli­na asce­ti­ca in­dia­na, di­ve­nu­ta ben pre­sto per i suoi frut­ti, non solo spi­ri­tua­li, ma, come abbiamo accennato, an­che psi­chi­ci e pra­ti­ci, un pun­to di ri­fe­ri­men­to uni­ver­sa­le.

La banalizzazione di una antica saggezza

Pur­trop­po, come ac­ca­de spes­so nel­le so­cie­tà co­sid­det­te evo­lu­te, ben pre­sto an­che que­sta an­ti­ca di­sci­pli­na si è tra­sfor­ma­ta in mol­ti casi in moda o, peg­gio, in ba­na­liz­za­zio­ne del solo star bene.

MeditazioneOggi, però, lo yoga ha con­cor­ren­ti as­sai agguerriti. Per ri­ma­ne­re nel cam­po bud­di­sta abbiamo ad esempio lo zen giapponese e la cultura ma­ha­ya­na ti­be­ta­na, si­cu­ra­men­te tra le più dif­fu­se e ce­le­bra­te in Oc­ci­den­te.

Per for­tu­na, an­che se da po­chis­si­mi anni, an­che da noi si co­min­cia a ri­cor­da­re che esi­ste, e non cer­to da oggi, ma da se­co­li, anche una importante asce­si me­di­ta­ti­va cri­stia­na.

Quan­do, ad esem­pio, leg­gia­mo te­sti di sa­pien­ti orien­ta­li sul con­cet­to il­lu­so­rio del­l’io, il distacco da ogni cosa su­per­flua non solo ma­te­ria­le, an­che del pen­sie­ro. Quan­do tro­via­mo for­me me­di­ta­ti­ve di pre­ghie­re che in­neg­gia­no, at­tra­ver­so li­ta­nie, al prin­ci­pio su­pre­mo o all’adorazione del Nome di­vi­no. La men­te di un cri­stia­no, an­che poco col­ta, non può non ri­cor­da­re le ope­re dei gran­di san­ti tipo Fran­ce­sco d’As­si­si nel­la spo­glia­zio­ne to­ta­le del pro­prio io per il con­giun­gi­men­to con Dio. Così al­tre pra­ti­che di cui è as­sai ric­ca an­che la chie­sa or­to­dos­sa con la via del­l’e­si­ca­smo. Solo per ci­ta­re al­cu­ni tra cen­ti­na­ia di esem­pi, ma non solo.

La riscoperta della meditazione cristiana

Oggi, ab­bia­mo pro­prio al­l’in­ter­no del­le no­stre chie­se, una vi­va­ce ri­pre­sa del­la me­di­ta­zio­ne re­cu­pe­ran­do, ag­gior­na­ta, una via per noi oc­ci­den­ta­li con im­ma­gi­ni che fan­no par­te del vissuto fin dal­l’in­fan­zia.

Un gran­de im­pul­so, pur tra tan­te cri­ti­che, lo ha dato certamente il ge­sui­ta in­dia­no An­to­ny De Mel­lo (scomparso prematuramente nel 1987), re­cu­pe­ran­do ne­gli anni Ot­tan­ta la cultura orien­ta­le e ade­guan­do­la però alla vi­sio­ne cri­stia­na.

Da al­lo­ra, an­che gra­zie ai mi­lio­ni di li­bri ven­du­ti, mol­ti sacerdoti e lai­ci han­no pre­so il coraggio di af­fron­ta­re il tema del­la me­di­ta­zio­ne. Ma non più come eso­ti­smo o solo per un be­ne­fi­cio dal­lo stress quo­ti­dia­no, ma come un’au­ten­ti­ca via cri­stia­na di in­con­tro con Dio. Co­min­cian­do dal­la sem­pli­ci­tà del si­len­zio in­te­rio­re, a una re­spi­ra­zio­ne at­ten­ta e di un at­teg­gia­men­to po­si­ti­vo ver­so se stes­si e, dun­que, ver­so gli al­tri.

L’ap­proc­cio alla me­di­ta­zio­ne cri­stia­na, dun­que, sta pren­den­do sem­pre più spa­zio. Ba­sta navigare su in­ter­net per ve­de­re il fio­ri­re di tan­ti cen­tri che av­via­no il cri­stia­no, con una esigenza au­ten­ti­ca in­te­rio­re, a sco­pri­re con un lin­guag­gio mo­der­no i “se­gre­ti” di una via che è sem­pre sta­ta alla no­stra por­ta­ta di cri­stia­ni.

Ri­vi­ve così l’o­pe­ra di tan­ti san­ti mi­sti­ci cri­stia­ni, finora tra­scu­ra­ti, di sa­per go­de­re del­le illumina­zio­ni che que­sti han­no sa­pu­to of­fri­re, sem­pre se ci met­tia­mo nel giu­sto atteggiamento del­l’a­scol­to in­te­rio­re.

La vera conversione

Anni fa mi di­ce­va un chi­rur­go a pro­po­si­to del­le neo con­ver­sio­ni ver­so al­tre real­tà spi­ri­tua­li: «Vede, tan­ti si con­ver­to­no e vi­vo­no una nuo­va vita. Ado­ran­do al­tre di­vi­ni­tà, pra­ti­can­do le asce­si del­la re­li­gio­ne di nuo­va ap­par­te­nen­za, ma bi­so­gna ve­de­re nei mo­men­ti dram­ma­ti­ci del­la vita cosa sale alle no­stre lab­bra nel chie­de­re aiu­to. Tem­po fa do­vet­ti sot­to­por­re a un de­li­ca­to in­ter­ven­to un pa­zien­te che anni pri­ma si era con­ver­ti­to a un’al­tra re­li­gio­ne. Nel mo­men­to però di en­tra­re in sala ope­ra­to­ria, sa­pen­do cosa lo at­ten­de­va, en­trò nel pa­ni­co e con le la­cri­me agli oc­chi si ri­vol­se alla Ma­don­na di Ca­ra­vag­gio di cui era sta­to de­vo­to ai tem­pi del­l’in­fan­zia».

In­som­ma, nel mo­men­to del vero pe­ri­co­lo af­fio­ra qua­si sem­pre la no­stra più au­ten­ti­ca natura, al di là del­le con­ver­sio­ni spes­so solo este­rio­ri.

Con­ver­tir­si è una cosa se­ria, una chia­ma­ta di Dio a una nuo­va via di rea­liz­za­zio­ne. Bi­so­gna al­lo­ra ve­de­re quan­to essa ar­ri­vi ef­fet­ti­va­men­te nel pro­fon­do del­la no­stra ani­ma. Op­pu­re quanto non con­ti­nui a gal­leg­gia­re sulla su­per­fi­cie del­la no­stra vita. La meditazione, se correttamente eseguita, può darci le risposte che la nostra anima ha sempre cercato.

 

Antonello Cannarozzo

Foto © Ohga, Wikipedia

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Antonello Cannarozzo
Giornalista professionista dal 1982. Nasce come consulente pubblicitario, in seguito entra nella redazione del quotidiano Il Popolo, dove diviene vaticanista ed in seguito redattore capo. Dal 1995 è libero professionista e collabora con diverse testate su argomenti di carattere sociale. In questi anni si occupa anche di pubbliche relazioni e di uffici stampa. La sua passione rimane, però, la storia e in particolar modo quella meno conosciuta e curiosa. Attualmente, è nella direzione del giornale on line Italiani.net, rivolto ai nostri connazionali in America Latina, e collabora con Wall street international magazine con articoli di storia.

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