Vagando per il Piceno, Castel Trosino e il tesoro dei Longobardi

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Castel Trosino

Un borgo medievale senza connessione internet dove è possibile riposare la mente e il corpo lontani da scocciature telefoniche

Castel Trosino è un borgo medievale a pochi km da Ascoli Piceno. Lo si raggiunge con una strada tortuosa partendo da Porta Cartara. Si trova a 418 metri sul livello del mare e sorge sulla sommità di una rupe di travertino che in tempi lontanissimi si distaccò dal Colle San Marco. Si accede al borgo da un solo lato ove una porta, sovrastata da un arco in pietra. In tempi medievali prevedeva un ponte di legno che veniva alzato all’imbrunire per essere poi calato all’alba per evitare che persone di malaffare vi transitassero.

Questa area del Piceno sin dal tempo dei romani è stata considerata strategicamente importante, in quanto conduceva dai valichi dell’Appenino, al mare Adriatico, una direttrice che passava per la strada consolare romana denominata Salaria. Il centro di Ascoli (Ausculum) prosperò grandemente in periodo romano in quanto a Castel Trosino sono presenti acque salmastre che si gettano nel fiume Castellano tingendolo di verde. Si tratta dell’acqua salmacina, alcalina e diuretica con qualità terapeutiche. Uno storico del 1600 ricorda che nel borgo di Castel Trosino si affittavano piccoli alloggi che ospitavano persone che si recavano lì a scopo di cura. In epoca romana furono costruite condutture che portavano quest’acqua terapeutica ad Ascoli, alle Terme del Lago.

L’arrivo dei longobardi

Castel Trosino faceva parte di uno dei castelli posti a difesa di Ascoli, unitamente alla Rocca di Morro, e il castello della Bretta che era sulla strada della Salaria. Durante l’invasione longobarda, nel 578 d.C., fu il re Faroaldo a conquistare e distruggere Rocca di Morro. Quindi i longobardi si insediarono in questa località. Nella storia, da Alboino a Liutprando, furono loro che presero possesso nel VII secolo (d.C.) del territorio Piceno con le province circostanti. Le quali facevano capo al ducato di Spoleto che includeva le Marche e buona parte dell’Italia centrale.

Papa Gregorio I salito al soglio pontificio nel 590, vi restò sino alla morte nel 604, fu l’iniziatore dell’opera di conversione del popolo longobardo dall’arianesimo al cattolicesimo e fautore della pace tra longobardi e Romani.

La casa dell’amante di Manfredi

Il piccolo borgo è organizzato attorno a una via centrale che penetra sino alla Chiesa di San Lorenzo Martire. Dalla stradella principale se ne diramano altre, a sinistra e a destra laterali. Una in particolare così stretta da consentire il transito di una persona alla volta. Un individuo corpulento vi rimarrebbe incastrato. Nel borgo, di auto neppure l’ombra, le strade strette non consentono il loro transito.

Sulla strada principale sorge, caratteristica, laCasa della regina”, rimasta immutata dal XIII secolo. Si tratta di una tipica casa medievale alta circa 5 metri. A piano terra probabilmente vi lavorava un artigiano mentre a quello rialzato vi era un grande stanzone dove viveva tutta la famiglia. Si dice che in questa casa abbia dimorato una bella fanciulla che avrebbe avuto una relazione con Manfredi figlio di Federico II di Svevia che abitò in questo borgo per un certo periodo nel XIII secolo. Manfredi era nato nel 1232 ed era, tra i figli di Federico, quello che più gli assomigliava.

Rifugio di banditi

Nel XV secolo Castel Trosino divenne rifugio di banditi che sfruttando l’amicizia di un signorotto locale copriva le loro imprese. Furono responsabili di gravi danneggiamenti e scorrerie a scapito del contado ascolano. Il 3 settembre del 1495 una azione congiunta tra le milizie del capoluogo piceno e quelle papali assaltò il fortilizio e uccise molti banditi, i superstiti si dispersero.

La scoperta casuale del tesoro dei Longobardi

Nell’aprile del 1893 l’abate di Castel Trosino, Don Emidio Amadio, dette incarico a un contadino di provvedere alla aratura di un terreno in località Santo Stefano per l’impianto di un vigneto di proprietà della parrocchia. Ma furono rinvenute tombe contenenti ricchi corredi risalenti al periodo longobardo. Il lavoro di ricerca, proseguito da maggio a dicembre, portò alla scoperta di ben 239 tombe. I longobardi in un primo momento usavano bruciare i corpi dei loro morti. Passarono alla costituzione dei campi sepolcrali già prima di migrare in Italia. L’uso barbarico dei longobardi era di seppellire con il defunto, i suoi gioielli e i suoi ornamenti del rango di appartenenza, le armi per gli uomini, collane e orecchini per le donne di rango.

Castel TrosinoNella tomba 119 con le spoglie di un cavaliere sono stati rinvenuti numerosi oggetti d’oro e di argento di raffinata fattura. Si trattava di un guerriero a cavallo in quanto sono presenti lì e in altre tombe finimenti equestri, il morso, la sella, le decorazioni in argento delle briglie, gli speroni e le staffe per il guerriero. Giuseppe Colucci nel volumeAntichità Picenenarrava di ritrovamenti di oggetti preziosi in quei terreni avvenuti tra il 1765 e il 1782, cento anni prima della scoperta della necropoli. Degno di segnalazione è che i defunti avevano il capo rivolto a ponente cioè dove tramonta il sole secondo una antica tradizione longobarda.

I ricchi reperti della necropoli di Castel Trosino si trovano ora esposti al museo dell’Alto Medioevo di Roma. Il prezioso corredo del guerriero, probabile primo comandante longobardo, smembrato, è esposto al Metropolitan Museum of Art di New York. Altri pezzi sono al Musee d’Archeologie Nationale a Saint German en Laye in Francia. Una piccola parte del tesoro è esposta ad Ascoli nel locale museo dell’Alto Medioevo.

Ritemprarsi

Come scritto all’inizio, il borgo non ha connessione internet, e vi abitano in inverno, spesso isolate dalla neve, solo venti persone. Nel periodo estivo salgono a cinquanta. Ce lo conferma la titolare de La Taverna dei Longobardi che accoglie i turisti con merende rustiche e piatti tipici della tradizione ascolana. Visitare Castel Trosino non è solo tornare indietro nel tempo ma è ritemprare, con il suo assoluto silenzio, la mente e le orecchie dal convulso e rumoroso traffico delle nostre città.

 

Giancarlo Cocco

Foto © Tripadvisor, Giancarlo Cocco

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Giancarlo Cocco
Laureato in Scienze Sociali ad indirizzo psicologico opera da oltre trenta anni come operatore della comunicazione. Ha iniziato la sua attività giornalistica presso l’area Comunicazione di Telecom Italia monitorando i summit europei, vanta collaborazioni con articoli sul mensile di Esperienza organo dell’associazione Seniores d’Azienda, è inserito nella redazione di News Continuare insieme dei Seniores di Telecom Italia ed è titolare della rubrica “Europa”, collabora con il mensile 50ePiù ed è accreditato per conto di questa rivista presso la Sala stampa Vaticana, l’ufficio stampa del Parlamento europeo e l’ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri. Dal 2010 è corrispondente da Roma del quotidiano on-line delle Marche Picusonline.

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