Commonwealth e gioielli della corona, cosa accadrà dopo Elisabetta II

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Commonwealth

La sovrana è stata, pur tra le controversie storiche, una figura carismatica. Dopo la sua morte, la monarchia sembra avere meno appeal. E le conseguenze possono essere molteplici

Terminato il lungo addio alla regina Elisabetta II, il Regno Unito si chiede cosa accadrà con l’erede al trono Carlo III. Gli interrogativi riguardano sia le vicende interne che internazionali. In particolare sul Commonwealth e i rapporti le ex colonie.

Ruolo interno della monarchia

Commonwealth e gioielli della Corona Elisabetta IIPiù che politico, il ruolo della monarchia britannica è divenuto sempre più simbolico e di rappresentanza, legato alla personalità di Elisabetta II. Non a caso, la BBC stima che i funerali siano stati visti letteralmente da mezzo Mondo, con punte di 4 miliardi di spettatori. Ecco perché, con il passaggio al regno di Carlo III, molte certezze consolidate potrebbero essere messe seriamente in discussione.

Carlo avrà il difficile compito di guidare il Paese in un periodo di forti cambiamenti, a partire dalla recente Brexit. E ci si chiede se sarà in grado di farlo in maniera imparziale, sopra le divisioni partitiche, come la madre.

Relazioni con le ex colonie

Commonwealth e gioielli della Corona Elisabetta IILe reazioni nel Mondo sono state molto sfumate. Gli Stati Uniti hanno tagliato i vincoli con l’ex madrepatria già da oltre due secoli. I due Paesi restano partner strategici, ma il rapporto di forza è sostanzialmente ribaltato.

Più delicata sarà la ridefinizione delle relazioni con le altre ex colonie e la tenuta del Commonwealth. L’organizzazione, la cui partecipazione è su base volontaria, conta circa 2,5 miliardi di abitanti distribuiti in 56 Stati membri. 14 di questi (oltre al Regno Unito) sono reami facenti capo a Buckingham Palace, pur se autonomi di fatto.

Canada, Nuova Zelanda e Australia sono tra quelli formalmente sotto la corona britannica. Per loro, il Regno Unito rappresenta più che altro un’eredità storica e culturale, per quanto molto controversa. Ciò non toglie che la permanenza nel Commonwealth fosse ormai legata alla persona di Elisabetta II, Carlo III non sembra fare così da collante. Presto, anche se sembra non nell’immediato, potrebbero arrivare spinte per la trasformazione ufficiale di questi Paesi in repubbliche.

Sentimento anti-colonialista

Diverso il discorso per Paesi importanti come Nigeria e India o meno di primo piano come la Giamaica e altre isole caraibiche e oceaniche. Qui la percezione dei colonialisti è decisamente diversa e associata a un dominio molto pesante.

Il sentimento antimonarchico è più forte, specie ai Caraibi, dove crescono le richieste di risarcimenti per le ingiustizie razziali e socio-economiche subite. A marzo, il duca e duchessa di Cambridge William e Kate hanno dovuto annullare la visita in una coltivazione di cacao in Belize. Troppo alti i rischi di contestazioni in un Paese indipendente solo dal 1981.

Lo scorso giugno, la ministra per gli Affari Costituzionali della Giamaica Marlene Malahoo ha annunciato l’avvio dell’iter per la transizione verso la repubblica. Processo già completato, alla fine del 2021, dalle Barbados.

I gioielli della corona

Commonwealth e gioielli della Corona Elisabetta IIMa ci sono altre rivendicazioni, meno politiche in senso stretto, che sono seguite alla morte di Elisabetta II. Riguardano la restituzione ai Paesi d’origine di alcuni preziosi gioielli della regina. Il più famoso è certamente il KohiNoor, circa 105 carati incastonati nella croce di Malta che si trova sulla Corona reale.

Noto per essere stato a lungo il più grande diamante mai estratto, originariamente 793 carati, fu prelevato dai britannici dopo l’annessione del Punjab a metà del XIX secolo. Il gioiello fu poi offerto alla regina Vittoria, tagliato e inserito nella corona della regina madre nel 1937.

Negli anni, il Koh-i-Noor è stato reclamato dai Governi di India, Afghanistan, Iran e Pakistan. In particolare dall’India, sin dall’indipendenza del 1947, ma senza che la richiesta fosse seriamente presa in considerazione. Ora l’argomento è tornato d’attualità, ma più che altro sui social network, per cui le reali possibilità di restituzione restano basse. Il valore, anche simbolico, del Koh-i-Noor resta infatti altissimo.

Grande Stella d’Africa

Il Sudafrica si è accodato alle richieste indiane per quanto riguarda la Grande Stella d’Africa, anche noto come Cullinan I. Estratto nel Transvaal nel 1905, originariamente pesava 3106 carati. Il diamante è poi stato tagliato in nove parti e offerto al re Edoardo VII due anni dopo. Il più grande pezzo, appunto il Cullinan I, misura 530 carati e orna lo scettro reale.

Alcuni parlamentari sudafricani hanno chiesto al proprio Governo di mettere pressione al Regno Unito, sia per quanto riguarda il Cullinan che altri preziosi. È stata anche lanciata una petizione, che ha raccolto seimila firme.

Bronzi del Benin

Se per questi diamanti, come detto, la restituzione rimane improbabile, è andata diversamente con i bronzi del Benin, sottratti a fine Ottocento. L’accordo tra Regno Unito e Nigeria, luogo d’origine delle sculture, è stato siglato grazie alla mediazione della Germania, che possiede buona parte della collezione. Il Paese africano, grazie anche all’impegno di Ong, attivisti, artisti, ha avanzato dal 2020 le richieste poi accolte nel 2022.

Ad ora sono rientrate in Nigeria le prime due delle 1130 sculture in avorio, legno, bronzo raffiguranti porzioni di storia locale. Circa metà di queste opere sono ad Amburgo, altre torneranno nei prossimi anni dai musei di tutto il Mondo.

 

Raisa Ambros

Foto © Hindustan Times; NBC News; Sky News; The Royal Family; BBC; rivista Africa

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Raisa Ambros
Giornalista pubblicista specializzata in geopolitica, migrazioni, intercultura e politiche sociali. Vive tra l’Italia e l’Inghilterra. Sceneggiatrice, autrice televisiva e conduttrice di programmi TV con un’esperienza decennale in televisione, Raisa è stata parte del team di docenti nel corso di giornalismo “Infomigranti” a Piuculture, il settimanale dove ha pubblicato e svolto volontariato di traduzione. Parla cinque lingue e viene spesso invitata nelle conferenze come relatrice sulle politiche di integrazione.

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