Il viaggio di Papa Francesco in Mongolia

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Papa Francesco

Alla ricerca di un altro senso globale per tentare di disinnescare il conflitto russo ucraino

La recente visita di Papa Francesco ha un significato fortemente strategico nel contesto geopolitico attuale, anche perché ha inviato un messaggio di “unità e di pace” alla Cina.

 

Si tratta di un tentativo chiaro della Santa Sede per avvicinare l’Asia centrale e non abbandonarla alla Russia o alla Cina, ma anche della ricerca di un altro senso globale per tentare di disinnescare il conflitto russo ucraino, riproponendo una visione all’insegna della fratellanza che può battere ogni inimicizia.

Grande tre volte la Francia, la Mongolia ospita solo tre milioni di abitanti e, senza sbocchi sul mare si trova fra le due potenze che la circondano: la Russia da nord, e la Cina da Sud, con l’equilibrio che si sposta dall’una all’altra parte a seconda del momento storico. Per circa settant’anni, la “Terra del cielo blu” è stata de facto un satellite dell’Unione Sovietica, che le forniva assistenza economica e militare e la guidava nel suo percorso di Repubblica socialista. Di questa esperienza ha risentito la lingua mongola, che viene tuttora scritta con l’alfabeto cirillico. Anche oggi Mosca rappresenta per la Mongolia un partner insostituibile che provvede a soddisfare la quasi totalità della sua domanda energetica.

Dall’altra parte c’è la Cina, che vanta secoli di storia indissolubilmente intrecciata a quella mongola e che oggi acquista circa il 90% del principale prodotto di export, ovvero le risorse minerarie. La Mongolia inoltre è anche destinazione dell’enorme piano infrastrutturale delle Nuove Vie della Seta (Belt and Road Initiative), progetto cinese che combina lo sviluppo economico all’influenza politica, e che per la verità sta vivendo negli ultimi tempi un periodo di stagnazione.

La politica del terzo vicino

Oggi la Mongolia, che pur dipende dalla Russia per le importazioni di energia e dalla Cina per l’esportazione di materie prime, rimanendo neutrale, ha intrapreso una politica di terzo vicinato“, rafforzando le sue relazioni con altre Nazioni, tra cui Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud. Ciò la rende potenzialmente utile per le relazioni tra il Vaticano e Pechino, ma anche con Mosca, dato che Papa Francesco da tempo cerca di negoziare la fine della guerra in Ucraina. Infatti, proprio per il suo ruolo unico di democrazia eurasiatica, la Mongolia era stata proposta come sede di possibili negoziati di pace tra Ucraina e Russia.

Una visita storica

Il viaggio di Papa Francesco fa parte allora di una missione di pace vaticana guidata dal cardinale Matteo Zuppi, che ha compiuto visite diplomatiche a Kiev, Mosca e Washington e al quale il Papa ha anche chiesto di continuare l'”offensiva di pace” del Vaticano a Pechino.

Il viaggio di Jorge Mario Bergoglio è stato relativamente breve, dal 31 agosto al 4 settembre, ed è Papa Francescola prima volta nella storia che un Papa visita la “Terra del cielo blu”, dopo il viaggio del 1999 programmato e poi annullato di Giovanni Paolo II. In Mongolia dei tre milioni di abitanti, coloro che professano la religione cristiana sono soltanto il 2% della popolazione, suddivisi fra cattolici, ortodossi e protestanti, il che implica una comunità cattolica di poche migliaia di individui.

I primi contatti fra i Papi e i grandi Khan delle steppe risalgono a circa otto secoli fa, con l’ambasciata del frate Giovanni da Pian del Carpine (autore della Historia Mongalorum), inviato nel 1245 dal Papa insieme una lettera di pace per le orde mongole che da qualche anno terrorizzavano l’Europa con le loro devastanti incursioni. Gli incontri da allora sono sempre rimasti sporadici, anche per la difficoltà di raggiungere esclusivamente via terra questo Paese sconfinato. In Mongolia risiede oggi un solo vescovo.

Alla ricerca della pace

La pax mongolica“, ovvero “l’assenza di conflitti”, che il Papa ha evocato nel suo discorso davanti alle autorità politiche della Capitale, Ulan Bator, e ai diplomatici accreditati, compresi gli incaricati d’affari di Mosca e di Pechino, rafforza l’idea della Mongolia non come stato cuscinetto tra due superpotenze, ma come «Terzo Vicino» che potrebbe svolgere un «ruolo importante per la pace mondiale».

Durante  la sua prima visita in questo Paese prevalentemente buddista, Papa Francesco ha elogiato lasaggezza” della Mongolia, dove molti abitanti hanno vissuto in armonia con la natura per secoli, chiedendo al contempo di fare di più per proteggere l’ambiente in tutto il Mondo e in questo Paese asiatico, noto per l’inquinamento.

Il rispetto dell’ambiente

Il Pontefice ha chiesto un «impegno urgente e ormai improrogabile per la protezione del Pianeta Terra». La Mongolia è uno dei maggiori esportatori di carbone e l’aria della sua Capitale è regolarmente tra le più inquinateVaste aree del Paese sono inoltre minacciate dalla desertificazione a causa dei cambiamenti climatici, del pascolo eccessivo e dell’estrazione mineraria.

Il Papa ha denunciato anche la corruzione davanti ai leader della Mongolia, dove un grave scandalo nell’industria mineraria aveva provocato manifestazioni su larga scala in dicembre. La corruzione rappresenta «una grave minaccia per lo sviluppo di ogni gruppo umano, nutrendosi di una mentalità utilitaristica e senza scrupoli che impoverisce interi Paesi», ha ammonito Francesco.

Cooperazione interreligiosa

Il Papa ha poi elogiato la grandezza dell’evangelizzazione silenziosa e non proselitistica in atto in Mongolia, portata avanti da «missionari di diversi Paesi che si sentono tutt’uno con la gente, felici di servirla e di scoprire la bellezza del luogo».
«Quanti semi di bontà, nell’ombra, stanno facendo germogliare il giardino del Mondo, quando di solito si sente solo il rumore degli alberi che cadono?» ha affermato.

Ha visto i principali leader religiosi della Mongolia in un incontro interreligioso, ha lodato la grande tradizione buddista e la saggezza che emana da questo Paese, «il cuore dell’Asia. È bello dialogare con questo grande Continente, cogliere i suoi messaggi, conoscere la sua saggezza, il suo modo di vedere le cose, di abbracciare il tempo e lo spazio».

Ispirato dalle distese sconfinate e silenziose della Mongolia,  il Pontefice ha esortato i cattolici ad «allargare i limiti del [loro] sguardo, per vedere il bene negli altri e poter allargare i [loro] orizzonti», senza ritrovarsiprigionieri delle piccole cose». Infine, ha ringraziato i mongoli e in particolare il loro presidente, Ukhnaagiin Khürelsükh (nella foto in alto), per la loro accoglienza.

 

Rossella Vezzosi

Foto © ACI Stampa, Dream Mongolia, Ansa, 123RF

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