75° Dichiarazione universale, auguri in 500 lingue

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Dichiarazione

Diritti umani, sfide anche nel Rapporto delle Nazioni Unite: sono 114 milioni le persone in fuga dalle guerre nel Mondo

 

Il 10 dicembre 1948, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. E oggi sono più di 500 le lingue nelle quali è stata tradotta la Dichiarazione universale, dopo 75 anni. Eppure, lungo un percorso di libertà e uguaglianza, dignità e diritti, gli ostacoli sono ancora tanti. Le persone vittime delle guerre nel Mondo, costrette a lasciare le loro case da combattimenti, raid e violenze, sono 114 milioni. Mai così tante. Più vicine o lontane da noi geograficamente, al centro dei notiziari o spesso dimenticate. La conferma di un’emergenza da affrontare e di un impegno da rafforzare oggi, prima che sia troppo tardi.

Il Rapporto non tiene conto di Gaza

Sono il corollario forse, queste vittime, di quella “guerra mondiale a pezzi” su cui già tempo fa ammoniva Papa Francesco. Parliamo di persone in fuga in diversi continenti, che hanno dovuto lasciare villaggi o città, a volte anche il proprio Paese. A contarle una per una è il MidYear Trends Report, uno studio pubblicato dall’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr). Le cifre sono riferite alla fine del settembre scorso e non tengono dunque in conto le persone sfollate a causa delle violenze e dei bombardamenti seguiti agli assalti dei commando dell’organizzazione palestinese Hamas nel sud di Israele del 7 ottobre. E attenzione, perché queste nuove vittime sono tante: circa un milione e 800mila, quasi tutte civili della Striscia di Gaza, una delle Regioni nel Globo più densamente popolate e allo stesso tempo provate dai conflitti.

Nell’evidenziare che i dati globali indicano un aumento di cinque milioni di sfollati e rifugiati rispetto all’inizio del 2023, l’Alto commissariato riferisce che i principali fattori scatenanti sono state le guerre in Ucraina e in Sudan, oltre alle violenze in Myanmar e Repubblica democratica del Congo. Pesa la crisi dell’Afghanistan, continuata dopo la presa del potere dei talebani nel 2021 e aggravata di recente da una serie di terremoti. E adesso c’è la nuova fiammata in Medio Oriente. Quello che invece dovrebbe essere sta scritto nella Dichiarazione. “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti” è l’incipit della Dichiarazione. Composta da un preambolo e da 30 articoli, che sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni persona. Fu adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, anche su impulso dell’ex first lady americana Eleanor Roosvelt, che la definì “la Magna carta dell’umanità”.

Da dove siamo partiti

All’epoca, appena tre anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, i Paesi aventi diritto al voto erano solo 58. Di questi in 48 si pronunciarono a favore del documento. Nessuno si dichiarò contrario, nemmeno il Sudafrica in regime di apartheid, che violava chiaramente diversi articoli della dichiarazione. L’adozione fu la prima testimonianza della volontà della comunità internazionale di riconoscere universalmente i diritti che spettano a ciascun essere umano. Nel tempo a sottoscrivere la Dichiarazione sono stati molti altri Paesi, tutti e 193 quelli membri dell’Onu. In una pagina web dedicata al suo 75esimo anniversario, le Nazioni Unite sottolineano che pochi testi hanno avuto così tanta “influenza”, tenendo fuori la Bibbia o il Corano.

“I suoi principi chiave sono universalità, indivisibilità e interdipendenza” si legge nell’omaggio online: “In altre parole, i diritti umani appartengono a tutti noi, non possono essere classificati in ordine di importanza e non possono reggersi da soli”. Nell’ultimo anno, attraverso un progetto denominato Human Rights Initiative, l’Onu ha coordinato sondaggi internazionali sui temi della libertà e dell’uguaglianza. Tra i temi parte della rilevazione la “tripla crisi planetaria dell’inquinamento, del surriscaldamento globale e della perdita di biodiversità fino al diffondersi dei discorsi d’odio, della disinformazione e della polarizzazione“. Secondo le Nazioni Unite, queste sfide complesse e interconnesse possono essere affrontate solo con una maggiore “cooperazione globale”.

La tesi, ancora, è che il 92% degli Obiettivi di sviluppo sostenibile siano legati a trattati e impegni vincolanti in materia di diritti umani. Parliamo di istruzione, cibo e salute, pari opportunità ed eliminazione della povertà estrema. “Il modo migliore per rispettare l’Agenda 2030“, è stato sottolineato alla vigilia dell’anniversario del 10 dicembre, “è investire tempo e risorse per tutelare la dignità e il valore di ciascuno”.

 

Nicola Del Vecchio

Foto © Unhcr

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