Cop28, l’accordo fa acqua da tutte le parti

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Cop28

Mentre la Terra, come certifica Copernicus, stabilisce ogni mese record negativi, alla Conferenza sul clima si è lontani da una soluzione

Lo scorso mese a Dubai si è aperto il Cop28

 

Novembre si conferma il mese più caldo di sempre. Per il sesto consecutivo, la Terra ha stabilito un nuovo record di temperature. Lo ha annunciato Copernicus, il programma sui cambiamenti climatici dell’Agenzia spaziale europea. «L’ultimo semestre è stato davvero scioccante», ha affermato Samantha Burgess, vicedirettrice di Copernicus. «Gli scienziati stanno esaurendo gli aggettivi per descrivere la situazione».

Novembre 2023 ha fatto registrare temperature dell’atmosfera di 14,22 gradi centigradi, circa 0,85 gradi in più rispetto alla media del trentennio 1991-2020 e 0,32 gradi in più rispetto al precedente più caldo nel 2020. Purtroppo anche le emissioni globali di C02 hanno stabilito un nuovo record raggiungendo quota 36,8 miliardi di tonnellate. Lo mostrano i dati contenuti nel Global Carbon Budget elaborato dall’Università di Exeter e compilati ogni anno da un team di oltre 120 esperti, guidato da Pierre Friedlingstein del Global Systems Institute dell’ateneo inglese.

Il dato del 2023 rappresenterebbe un aumento dell’1,1% rispetto all’anno precedente e dell’1,4% in più rispetto al 2019. I livelli di CO2 nell’atmosfera hanno ormai raggiunto una media di 419,3 parti per milione (ppm), con un aumento del 51% rispetto al livello del 1750, prima dell’inizio dell’era industriale. In base a questo trend l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi, fissato dall’Accordo sul clima di Parigi del 2015, è destinato a fallire.

Lo scontro

Al punto 34 della bozza si ribadisce l’invito ai Paesi ad “accelerare gli sforzi verso la riduzione (non eliminazione) dell’energia prodotta dal carbone e l’eliminazione graduale dei sussidi, ma solo quelli inefficienti, ai combustibili fossili. Il 35, però, è quello che guarda (o dovrebbe guardare) più in avanti. Al momento si lavora a due dichiarazioni diverse che riguardano i combustibili nel loro complesso e il carbone.

Cop28Alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, Cop28, a Dubai, in cui si parla di energia, nonostante una nuova bozza di accordo – in particolare sul Global stocktake cioè il primo bilancio degli impegni rispetto agli obiettivi dell’Accordo di Parigi – a cui stanno lavorando i delegati dei 197 Paesi più l’Unione europea – le posizioni dei leader sono ancora molto distanti. Il terreno più spinoso della Conferenza è senz’altro il tema dei combustibili. L’ultima versione di un potenziale accordo prevedeva tre opzioni:

  • un’eliminazione graduale (non riduzione) “ordinata e giusta”. Questo significa un phase-out che tenga conto delle particolari ricadute sociali e che riguardi prima i Paesi industrializzati e ricchi, quelli che storicamente hanno più responsabilità nelle emissioni di gas serra.
  • “Un’accelerazione degli sforzi verso l’eliminazione graduale dei combustibili fossili non abbattuti. Si parla, infatti, di “accelerare gli sforzi verso una rimozione dei combustibili (ma solo quelli senza cattura di Co2), riducendo rapidamente il loro utilizzo (non produzione) in modo da raggiungere l’azzeramento netto delle emissioni di anidride carbonica nei sistemi energetici entro o intorno alla metà del secolo.
  • La terza opzione non è stata ancora scritta. Dunque rappresenta la possibilità di non inserire affatto i combustibili fossili in una dichiarazione finale.

Arabia Saudita contraria

L’Arabia Saudita, che è il più grande esportatore di petrolio al Mondo, ha detto chiaramente che non intende accettare di ridurre gradualmente i combustibili fossili, tanto meno di eliminarli in modo graduale.

Il ministro dell’Energia Abdulaziz bin Salman ha affermato che «non accetterà assolutamente» l’eliminazione graduale nell’accordo finale della Cop28. «E vi assicuro che nessuno, sto parlando dei Governi, ci crede» ha aggiunto in una intervista.

Nella bozza ci sono anche le diverse richieste: 106 Paesi vogliono che preveda l’eliminazione dei combustibili fossili mentre 120 sostengono la triplicazione delle energie rinnovabili.Cop28 Sono molte le Nazioni in via di sviluppo che vogliono di più, sottolineando il principio delle responsabilità comuni ma differenziate. Inoltre stanno facendo emergere le difficoltà fiscali legate dovute a debiti nazionali, spesso insostenibili, e richiedono maggiori finanziamenti per la transizione energetica, l’adattamento e le perdite e danni.

Inquinatori presenti in grandi quantità

Da non sottovalutare che alla Cop28 ci sono almeno 2.456 lobbisti dei combustibili fossili, quattro volte in più rispetto alla precedente Conferenza sul clima. Secondo l’analisi della coalizione Kick Big Polluters Out, con i lobbisti che superano in numero tutte le delegazioni nazionali, a eccezione di quella del Brasile, che conta oltre 3mila persone e degli stessi Emirati Arabi (oltre 4mila partecipanti). Ma, come ha sostenuto anche la premier Giorgia Meloni, per ragionare sull’uscita dai combustibili fossili è necessario invitare al tavolo anche chi li produce nel tentativo di ragionare su un vero cambiamento. I leader indigeni presenti alla Cop28 hanno chiesto, con una piccola protesta fatta di cori e cartelli, di “cacciare i grandi inquinatori dalla Conferenza“.

Carbone

Due le opzioni nella bozza, per quel che riguarda il carbone. La prima: una rapida eliminazione, anche se graduale, dell’energia a carbone entro questo decennio con lo stop immediato delle autorizzazioni per nuova generazione di energia da carbone (ma non degli impianti le cui emissioni possono essere abbattute con le costose tecniche di cattura e stoccaggio).

La seconda opzione non è stata ancora scritta ed è quella a cui stanno lavorando i Paesi che remano contro i passi troppi rapidi all’uscita dal carbone. La Cop 28, d’altronde, è anche quella in cui gli Stati Uniti hanno aderito alla Powering Past Coal Alliance, impegnandosi a eliminare gradualmente le centrali elettriche a carbone (che rappresenta circa il 40% delle emissioni di combustibili fossili). Ma, bene intenso, come da copione significa nessuna centrale nuova, a meno che non si possa contare su cattura e stoccaggio ed eliminare gradualmente quelle esistenti (da precedenti impegni assunti si presume nel 2035). Dell’Alleanza fanno parte altri 56 Paesi, oltre a Città, Regioni e organizzazioni in tutto il Mondo. Non ci sono, però, Russia, Cina, India, Giappone e Australia.

Ecologia

Secondo una nuova analisi pubblicata oggi dal think tank Climate Analytics, però, le tecniche di cattura e stoccaggio di carbonio potrebberorilasciare una bomba da 86 miliardi di tonnellate in più di gas serra nell’atmosfera tra il 2020 e il 2050”. Il rapporto calcola, infatti, le emissioni aggiuntive che potrebbero derivare dall’uso continuato di combustibili fossili giustificato dalla scelta della Ccs.

Il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) raccomanda tassi di cattura del carbonio di circa il 95%. Se invece si arriva solo al 50% e le emissioni di metano venissero a monte ridotte a livelli bassi, secondo le stime, si immetterebbero nell’atmosfera più del doppio delle emissioni globali di Co2 nel 2023. Di fatto, l’Agenzia internazionale dell’energia ha costantemente rivisto al ribasso la stima del ruolo della Ccs nella transizione energetica, ipotizzando il 38% in meno nelle sue proiezioni per il 2023 rispetto a quelle del 2021.

Rinnovabili

Nella bozza compaiono anche le rinnovabili, su cui sembrava si fosse chiuso l’accordo. Ma 120 Nazioni sostengono la triplicazione delle energie rinnovabili. Nella bozza, però, ci sarebbero due opzioni.

La prima è quella già nota di triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale entro il 2030, rispetto a quella del 2022. Dunque arrivare a 11mila gigawatt (oggi è a quota 3.400 GW), soprattutto grazie a eolico e fotovoltaico, raddoppiando il tasso medio annuo globale di miglioramento dell’efficienza energetica al 4,1% rispetto al livello del 2022.

La seconda opzione non è ancora scritta e rappresenta la posizione dei Paesi che non danno ancora il loro appoggio all’obiettivo sulle rinnovabili, perché sono poco convinti degli obiettivi che si vogliono mettere nero su bianco sui combustibili fossili, carbone compreso. È il caso della Cina che non appoggia (per ora) la prima opzione, non certamente perché non è in condizioni di correre su questo fronte.

 

Ginevra Larosa

Foto © Consiglio europeo, New Scientist, Gulf Today, GreenPlanner, Vatican News

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