Diritti umani: in Italia le più colpite sono donne, lgbtqi+ e migranti

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La seconda anticipazione del Rapporto “Il Movimento Femminista Italiano. Indagine conoscitiva, sfide e sostenibilità” condotto da Semia fondo delle donne

 

Diritti umani e libertà: in Italia si discrimina ancora troppo e le più colpite sono donne, persone lgbtqi+ e migranti. In occasione della Giornata internazionale dei diritti umani, la seconda anticipazione del Rapporto “Il Movimento femminista italiano. Indagine conoscitiva, sfide e sostenibilità” condotto da Semia Fondo delle Donne, primo fondo femminista italiano. La presentazione il 14 dicembre alle ore 11 alla Casa Internazionale delle Donne in via della Lungara 19, a Roma.

In un contesto come quello dell’Italia, terza economia europea ed esponente del G7, le donne continuano a fare i conti con molteplici discriminazioni che ne riducono i diritti e le libertà. Problematica è anche la situazione delle persone della comunità lgbtqi+, delle persone razzializzate o delle persone con disabilità, costrette a vivere in una società nella quale le loro voci non sono ascoltate e i loro bisogni sono spesso disattesi.

Nuovi obiettivi

Mentre il terzo settore affronta queste istanze dalle proprie trincee, la teoria femminista contemporanea introduce un potente strumento per studiare, comprendere e trattare esperienzemultipledi violazione dei diritti umani. Il concetto di “intersezionalità”, coniato dalla giurista e teorica femminista Kimberlé Crenshaw, parte proprio dalla premessa che le persone possono sperimentare multiple dimensioni di discriminazione in relazione ai multipli aspetti delle loro identità (genere, orientamento sessuale, razza, religione, disabilità, età, ecc.). L’analisi di tali intersezioni permette un approccio più accurato al riconoscimento dei multipli divari sociali che sono all’origine delle discriminazioni e delle violazioni dei diritti umani delle comunità più marginalizzate.

La dimensione dell’intersezionalità del femminismo italiano è ben riflessa nell’analisi condotta da Semia Fondo delle Donne: su 1.047 organizzazioni mappate come parte del movimento, un ampio segmento si vede oggi impegnato nella promozione dei diritti lgbtqi+ (15%) come missione principale, mentre un sondaggio qualitativo rivela che il 53% delle organizzazioni include la tematica come direttrice intersezionale.donne Le organizzazioni che si occupano di contrasto al razzismo e diritti delle minoranze migranti in ottica femminista sono il 5% del totale ma salgono al 42% quelle che, nella loro pratica quotidiana, approcciano le proprie missioni con attenzione all’intersezionalità etnica.

Purtroppo, meno numerose sono, in Italia, le organizzazioni femministe che si occupano dei temi della disabilità. Il report rivela, dunque, che il movimento italiano si è effettivamente dotato di strumenti di analisi aggiornati e di obiettivi chiari e consolidati sul piano dei diritti. Tuttavia, alcuni dati preoccupanti emergono sulla sua effettiva capacità di conseguire un impatto strutturale e sostenibile.

Le lacune

Sebbene la ricerca condotta non mirasse a valutazioni sull’efficienza delle singole organizzazioni, dai dati aggregati emerge che, nel complesso, quasi il 70% delle organizzazioni mappate sono di piccola dimensione con meno di 15 persone impegnate nelle attività, in capacità perlopiù volontaria. La grande maggioranza sopravvive di autofinanziamento; solo il 38% ha ricevuto fondi pubblici e meno del 15% ha stabilito relazioni con fondazioni italiane.

Il sondaggio ci restituisce un’immagine chiara delle difficoltà che impediscono al movimento un’azione più incisiva: il 61,41% delle organizzazioni lamenta la mancanza di fondi, mentre il 44,56% denuncia carenze di tipo strutturale e organizzativo, mancanza di strumenti di sviluppo strategico, di pianificazione e di sostenibilità, così come l’impossibilità di assumere risorse umane professionali per la gestione di aree strategiche come la raccolta fondi, la progettazione e la comunicazione. Questa condizione di diffusa insufficienza di mezzi – probabilmente accentuata dalla pandemia – mette a dura prova la capacità delle organizzazioni di sopravvivere e operare, aprendo la prospettiva di un progressivo indebolimento del loro ruolo sociale.

Aiuti statali e privati

Ma crescita e rafforzamento del movimento sono anche fortemente limitati dai meccanismi della filantropia stessa. Da una parte, i bandi pubblici, italiani ed esteri, focalizzati sul finanziamento dei “progetti” con una filosofia di riduzione all’osso dei costi di struttura – erroneamente considerati come un indicatore di efficienza gestionale dei beneficiari – impongono meccanismi di selezione e oneri di rendicontazione spesso insostenibili per piccole organizzazioni. Dall’altra, la filantropia privata che, pur potendo investire sulle necessità di crescita e sviluppo dei “soggetti” del settore per aumentarne la resilienza e la sostenibilità, rimane spesso lontana geograficamente e tematicamente dalle realtà delle organizzazioni del territorio. Questa lontananza determina comprensibili fenomeni di scarsa “fiducia” nella congruità del loro operato e, dunque, una tendenza a privilegiare le poche organizzazioni più solide e strutturate.

In un modello che ha molte similitudini con quello del microcredito, i “Fondi delle Donne” o “Fondi Femministi” si inseriscono proprio come una cerniera tra queste realtà. Essi operano in 40 Paesi nel Mondo, in partnership con la filantropia istituzionale, assicurando un approccio professionale e un’azione trasformativa di lungo termine. Vicini al movimento e capaci di intercettare le organizzazioni del territorio – anche piccole e poco strutturate – con un elevato potenziale di sviluppo, i Fondi ne comprendono le sfide e facilitano le soluzioni. Essi offrono finanziamenti flessibili e autonomia decisionale su come meglio investire i fondi anche a realtà che, altrimenti, non passerebbero i criteri di selezione della filantropia istituzionale, associando, laddove necessarie, attività di accompagnamento, mentoring e “capacity building”.
L’assunto alla base del modello è che un movimento femminista ampio, diffuso, sostenibile, creativo e connesso sia capace di trasformare la società dal basso, rendendola più aperta e inclusiva, con al centro i diritti umani e le libertà fondamentali di tutti.

 

Eleonora De Nardis

Foto © Semia, Focus on Africa, inGenere

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Sociologa delle relazioni internazionali, giornalista professionista, scrittrice, attivista per i diritti civili e le pari opportunità. Mi occupo di linguaggio, donne, politiche migratorie, bias e gender. Scrivo su varie testate tematiche e lavoro come ufficio stampa free lance. Vivo a Roma con i miei tre figli.

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