Mitraismo nell’antica Roma

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Mitra

Il culto misterico del dio Mitra che ha caratterizzato la religiosità nell’impero romano lasciando traccia di sé anche nel cristianesimo

 

Nei secoli a cavallo della nascita di Cristo si diffusero a Roma diversi culti provenienti dalle Regioni orientali. Tra questi ebbero particolare fortuna il culto di Iside e di Serapide di provenienza egiziana, quello di Cibele, divinità anatolica e quello greco di Dioniso e di Orfeo. Nel I secolo d.C. le legioni romane che avevano combattuto contro i Parti portarono a Roma anche il culto di Mitra, antica divinità di origine persiana.

Cerchia ristretta

Nella mitologia romana Mitra era il dio delle legioni e dei guerrieri. Da Roma si diffuse poi nei luoghi caratterizzati dalla forte presenza militare quindi in Germania, lungo il Danubio, in Britannia, in Gallia, in Hispania e in Africa. La cerchia degli adepti del culto era ristretta: potevano farne parte solo uomini che dovevano sottoporsi a prove iniziatiche particolarmente dure. La struttura interna era fortemente gerarchizzata e l’etica che si osservava era molto rigida. Anche per questo godette di favore soprattutto nell’ambiente militare.

Il dio Mitra era detto onnisciente, infallibile, sempre attento e che mai riposa. La sua nascita veniva celebrata il 25 dicembre, il giorno del solstizio d’inverno. Egli era il dio del Sole Invincibile, il Sol Invictus, il dio della luce, del sole e della giustizia. Tra il 330 e il 335 Costantino sostituì quello che per i romani era il Natalis Solis Invictus che segnava il ciclo dell’anno nuovo, con il Natale cristiano.

Tauroctonia o uccisione del Toro cosmico

Mitra era raffigurato come un giovane, senza barba, in pantaloni e col cappello frigio, un tipico modo di vestire delle zone orientali. Era rappresentato nell’atto di sgozzare un toro. Dall’uccisione del Toro cosmico (la Tauroctonia) scaturiva la vita dell’universo: il terreno veniva irrorato dal suo sangue. La coda del toro terminava infatti con la forma di una spiga, simbolo della fecondità della terra.

Partecipavano alla tauroctonia anche il serpente che voleva avvelenarlo salendo sulla zampa e lo scorpione che ne pizzicava i testicoli.  Entrambi tentavano di impedire al sangue di scorrere giù e originare la vita. Il cane che lo accompagnava rappresentava la fedeltà e traeva forza dal sacrificio nell’atto della suzione mentre il corvo era il messaggero divino che stabiliva il contatto tra Mitra e il sole.

Altri personaggi della scena erano i dadofori Cautes e Cautopates. Il primo raffigurava l’alba e teneva in mano una fiaccola alzata. Il secondo simboleggiava il tramonto e la sua fiaccola era abbassata. Essi rappresentavano il ciclo solare e il ciclo vitale cioè il calore luminoso della vita e il freddo gelido della morte.

Il fanciullo che portava sulle spalle un altro toro mostrava il futuro. Il sole e la luna rimandavano all’idea del cosmo, delle stagioni, della ciclicità. La scena era la rappresentazione del perenne scontro tra il bene e il male, la vita e la morte.

I santuari del culto mitraico

I Mitrei erano i santuari dedicati al suo culto; nella sola Roma se ne contavano oltre 100. Si trovavano perlopiù in ambienti sotterranei, difficilmente accessibili, per ricordare la grotta mitica in cui nacque Mitra oltre che per il carattere misterico, ossia rivolti esclusivamente agli adepti.

Lo schema architettonico era simile per tutti i mitrei: un’unica navata lungo la quale erano allineate delle panche sulle quali i fedeli consumavano il banchetto in onore del dio: acqua o vino e la carne dell’animale ucciso in sostituzione del toro. In corrispondenza del termine della navata si trovava la scena cardine della teologia mitraica, la suddetta Tauroctonia.

Culto misterico

Le notizie giunte sino a noi sono pochissime proprio per il carattere misterico del culto per il quale mancano documenti scritti. Che i gradi di iniziazione fossero sette lo sappiamo per esempio dal Mitreo di Felicissimo a Ostia e di Santa Prisca a Roma. Il mosaico del pavimento infatti raffigura i sette gradi dell’iniziazione che culminano con quello di Pater.

Il poco che conosciamo lo dobbiamo forse più alla volontà da parte dei cristiani di screditarne il culto o cancellarne la memoria. In questa direzione bisogna interpretare l’edificazione di diverse chiese proprio su preesistenti mitrei. Anche gli elementi similari tra i due culti testimoniano l’osmosi particolare nel passaggio dall’uno all’altro. E si può interpretare quello che accadeva nei mitrei proprio alla luce di questa osmosi. L’anello di congiunzione è stato Costantino: aveva compreso che doveva includere tutti i cristiani all’interno dell’orbe romano.

Editto di Tessalonica: la proibizione dei culti pagani

È storicamente noto che nel 300 Costantino si convertì al cristianesimo perché in esso vedeva la grande forza di coesione sociale che gli avrebbe permesso in futuro di governare su un impero più unito. Si ritrovò a gestire due blocchi: da un lato i culti pagani tra i quali grandeggiavano i mitraici che raccoglievano la maggior parte della popolazione maschile di Roma. Dall’altra i cristiani che includevano tutto il mondo femminile. Probabilmente la religione cristiana ha trionfato perché donne e uomini, adulti e bambini, ricchi e poveri, tutti avevano accesso a quel tipo di spiritualità liberatoria.

Con l’editto di Tessalonica del 381 Teodosio dichiarò il cristianesimo religione ufficiale dell’impero proibendo i culti pagani. La religione cristiana della prima ora si scagliò violentemente perseguitando gli adepti al culto mitraico. Dal V secolo d.C. non ci sono più testimonianze del mitraismo a Roma.

 

Veronica Tulli

Foto© BloggingArt, The New Mithraeum, Roma SottoSopra

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Appassionata della vita mi sono dedicata negli anni ai temi della crescita personale, della salute e della sostenibilità, donandomi ai miei cinque figli. Giornalista pubblicista, laureata in Giurisprudenza e in Scienze Religiose, non ho mai tralasciato la mia predilezione per la letteratura, l’inglese e lo spagnolo. E scrivo di tutto ciò per chi, preso da mille incombenze, non ci si può dedicare.

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