A Palazzo Braschi a Roma la mostra su Giacomo Matteotti

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Matteotti

Sono passati 100 anni da quel 10 giugno del 1924, quando l’onorevole fu rapito a Roma  e ucciso per ordine del Regime

 

In occasione del centenario della morte del politico socialista Giacomo Matteotti il Museo di Roma Palazzo Braschi, celebra lo statista con una mostra inaugurata il 1° marzo che resterà aperta fino al 16 giugno. L’esposizione ripercorre la vita del leader socialista deputato e segretario del Partito socialista unitario (Psu), dagli esordi giovanili all’affermazione nazionale, dalle battaglie per la democrazia all’opposizione al fascismo, di cui sin dal primo momento, aveva compreso la natura totalitaria fino al brutale omicidio perpetrato dal regime.

La mostra a Palazzo Braschi

Promossa da Roma Capitale, assessorato alla cultura, sovrintendenza capitolina ai beni culturali è a cura del prof. Mauro Canali con la direzione di Alessandro Nicosia, realizzata da C.O.R. con l’associazione Costruire Cultura, il supporto, organizzativo di Zetema Progetto Cultura, patrocinato dal ministero della Cultura e contributo Camera Commercio Roma, Archivio storico Luce, Rai Teche, Fondazione Pietro Nenni e Archivio Audiovisivo Movimento Operaio e Democratico. Ricca di materiali inediti, fotografie e documenti originali, atti istruttori e giudiziari, manoscritti, libri e giornali d’epoca che dettero notizia dell’uccisione e del ritrovamento del corpo di Giacomo Matteotti nella campagna romana. Vengono proiettati, in varie sale, cinegiornali dell’epoca, con immagini che mostrano la tragicità dell’evento, e coloro che lo portarono a termine. L’esposizione è suddivisa in quattro sezioni che ripercorrono la vita di Matteotti e il drammatico passaggio dallo Stato liberale al fascismo.

La storia

Sono passati 100 anni da quel 10 giugno del 1924, quando l’onorevole Giacomo Matteotti, giornalista e politico antifascista, segretario del Psu, fu rapito a Roma e ucciso per ordine del regime. Quel giorno poco prima delle 17 camminava per il Lungotevere Arnaldo da Brescia nei pressi di Piazzale Flaminio per dirigersi a piedi verso Montecitorio, quando fu costretto da due individui e da altri che lo pedinavano, a entrare a forza in un’auto, una Lancia Kappa. Queste persone sarebbero state in seguito identificate in Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveruomo appartenenti alla polizia politica del regime. Il suo corpo fu ritrovato il 16 agosto, nella boscaglia della zona denominata “La Quartarella” nel Comune di Riano a 25 km da Roma.

Chi era Giacomo Matteotti

Era nato a Fratta Polesine (Rovigo) il 22 maggio del 1885. Il padre, commerciante in ferro e rame investì i profitti in case e terreni e in breve la famiglia Matteotti raggiunse una discreta posizione economica. Giacomo ebbe altri sei fratelli ma quattro morirono in tenera età mentre Matteo che era nato prima, nel 1876, e Silvio nato dopo di lui nel 1887 morirono ai primi del 900 per tisi. Giacomo frequentò il ginnasio a Rovigo e  successivamente si laureò nel 1907 a Bologna. Entrò in contatto con movimenti socialisti e divenne ben presto un attivista di spicco. Durante la prima guerra mondiale non fu arruolato perché unico figlio di madre vedova. Assunse una posizione antimilitarista che gli costarono tre anni di confino in Sicilia in una zona montagnosa del messinese.

Nel gennaio del 1916 si sposò con rito civile con la poetessa romana Velia Titta. Nel 1919 fu eletto per la prima volta in Parlamento, rieletto nel 1921 e nel 1924 . Era soprannominato dai compagni di partito “tempesta” per il suo carattere battagliero e inflessibile. Passava ore nella biblioteca della Camera sfogliando libri e relazioni per preparare i suoi discorsi. Nel 1921 pubblicò unaInchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia” nella quale denunciava le violenze delle squadre d’azione per le elezioni del 1921. Nell’ottobre del 1922 fu espulso dal Partito socialista italiano e fondò il Partito socialista unitario di cui divenne il segretario. Nell’aprile del 1924 Matteotti si recò a Londra ove pubblicò un libro nel quale riportava particolari delle violenze fasciste. Fu in Inghilterra che acquisì notizie su tangenti petrolifere a esponenti fascisti da parte di una nota Società petrolifera inglese.

L’impugnazione delle elezioni

Il 30 maggio del 1924 Matteotti prese la parola alla Camera dei deputati contestando la validità delle elezioni tenutesi il 6 aprile precedente. Denunciò le violenze messe in atto dai fascisti, illegalità e abusi per vincere le elezioni. Al temine del discorso si rivolse al collega Cosentino che era seduto accanto a lui dicendogli: «Il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me».

Tangenti per sfruttamento petrolio

Sui libri di storia è scritto che Matteotti, sarebbe stato ucciso a causa del discorso del 30 maggio 1924, nel quale aveva denunciato brogli elettorali attuati dal nascente regime Matteottifascista, ma negli anni ’90 questa tesi è stata messa in discussione a seguito del ritrovamento negli Stati Uniti di documenti secondo cui Matteotti fu ucciso perché stava per presentare, alla Camera dei deputati, un nuovo discorso nel quale denunciava uno scandalo finanziario che coinvolgeva Arnaldo Mussolini fratello minore del Duce, e alcuni dignitari di Casa Savoia, per tangenti che la compagnia petrolifera americana Sinclair Oil avrebbe dato allo stesso Mussolini, gerarchi fascisti a lui vicini, e dignitari per ottenere lo sfruttamento esclusivo di tutti i giacimenti di petrolio esistenti in Emilia Romagna e Sicilia per cinquanta anni, e l’esenzione da imposte.

Nella mostra a Palazzo Braschi è presente un manifesto dal titolo “Affarismo, viaggio a Londra e Sincair Oil” nel quale è scritto che il Daily Herald, dopo la morte di Matteotti, rivelava che durante la permanenza del deputato italiano nella Capitale britannica, questi aveva confidato ai colleghi laburisti che “stava per denunciare un grosso scandalo legato alle concessioni petrolifere e al gioco d’azzardo”. Mussolini decise comunque di cancellare gli accordi con la Sinclair Oil nel novembre del 1924.

L’assunzione di responsabilità da parte del Duce

Il 3 gennaio 1925 Mussolini si assunse, da solo, la responsabilità politica, morale e storica di tutto quanto avvenuto. La vedova di Matteotti, Velia e i figli Giancarlo e Matteo non lo accusarono mai né si costituirono parte civile al processo nel 1947 contro gli assassini quando il fascismo non esisteva più, in quanto il regime, aveva preso coscienza della scelleratezza fatta, aveva comprato il silenzio della famiglia con circa due milioni delle vecchie lire trovandosi questa in gravi difficoltà economiche.

Il processo agli esecutori del delitto

Il primo processofarsa per la morte di Matteotti si svolse a Chieti il 24 marzo 1926. Dumini, Volpi e Poveromo furono condannati alla pena di anni 5 e 11 mesi, mentre Malacria e Viola furono assolti. Uscirono dal carcere due anni dopo per una amnistia.

Nel 1947 con la nascita della Repubblica, fu nuovamente istruito il processo. Dumini Viola e Poveromo furono dapprima condannati all’ergastolo ma dopo sei anni vennero amnistiati. In nessuno dei processi venne mai accertata la responsabilità diretta di Mussolini. Il Duce a proposito di questo delitto, una volta disse alla sorella Edvige: «una bufera che mi hanno scatenato contro proprio quelli che avrebbero dovuto evitarla».

C’è da ricordare che quando Matteotti fu sequestrato, aveva con sé una borsa. Se ne impossessò Amerigo Dumini. Quando questi fu arrestato, la borsa fu consegnata al capo della polizia Emilio De Bono che la conservò per venti anni. Questa avrebbe contenuto segreti e preziosi documenti sui rapporti tra re Vittorio Emanuele III e la compagnia petrolifera americana. Nel gennaio del 1944 De Bono fu processato a Verona con l’accusa di alto tradimento. Per cercare di evitare la condanna a morte – poi eseguita l’11 gennaio – De Bono consegnò a Mussolini le carte di Matteotti. Questi documenti sarebbero stati custoditi dal Duce ma sequestrati dai partigiani a Dongo, al momento della cattura di quest’ultimo il 27 aprile 1945.

Nonostante ogni sforzo degli storici per ritrovarli presso gli archivi o il ministero dell’Interno, risultano scomparsi. Forse giacciono dentro uno scatolone, senza alcuna scritta, in un sotterraneo di qualche palazzo del potere coperti di polvere.

 

Giancarlo Cocco

Foto © Giancarlo Cocco, Eurocomunicazione

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Giancarlo Cocco
Laureato in Scienze Sociali ad indirizzo psicologico opera da oltre trenta anni come operatore della comunicazione. Ha iniziato la sua attività giornalistica presso l’area Comunicazione di Telecom Italia monitorando i summit europei, vanta collaborazioni con articoli sul mensile di Esperienza organo dell’associazione Seniores d’Azienda, è inserito nella redazione di News Continuare insieme dei Seniores di Telecom Italia ed è titolare della rubrica “Europa”, collabora con il mensile 50ePiù ed è accreditato per conto di questa rivista presso la Sala stampa Vaticana, l’ufficio stampa del Parlamento europeo e l’ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri. Dal 2010 è corrispondente da Roma del quotidiano on-line delle Marche Picusonline.

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