Oltre il caleidoscopio

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Una mostra fotografica al di là del pregiudizio, percorrendo un viaggio tra le difficoltà del quotidiano e la cultura di un popolo

La recente mostra fotografica di Lidija Simlesa, ospitata a Vicenza nel trionfale Oratorio del Gonfalone, raccoglie alcune foto dei suoi viaggi in Africa. L’umanità e la vitalità di Paesi come il Marocco, il Kenya, l’Etiopia o il Mozambico, sono presenti negli scatti che raccontano il quotidiano, trasformandolo in poesia.

 

Chi è Lidija Simlesa

L’artista, nata in Bosnia dopo la guerra, ha lasciato con la famiglia il suo Paese natale, mostra fotograficagirovagando tra l’Europa e gli Stati Uniti. Qui ha conseguito i due titoli accademici in Studi ispanici e relazioni internazionali e successivamente in Antiterrorismo e Non proliferazione. Attualmente lavora per il ministero della Difesa americano; la sua attività la porta spesso in Africa e ne è sempre più affascinata. Ma la sua prima esperienza fu piuttosto sofferta. Conobbe il Kenya unendosi a una organizzazione non governativa che entrò in contatto con la realtà delle ragazze madri. Molto toccata dalla condizione di queste donne avviò con loro una attività che le aiutasse: vendeva negli Stati Uniti le bamboline realizzate dalle giovani dando poi loro il ricavato.

Dietro l’obiettivo

Il suo continuo viaggiare ha sviluppato in lei una profonda curiosità per l’umanità in quanto tale. Attraverso i suoi scatti vuole far emergere la ricchezza culturale e la dignità di popoli tanto diversi che nell’immaginario collettivo sono solo poveri.

Una nonna che macina il caffè e la sua nipotina incuriosita dallo scatto della fotografa. Un giovane etiope fieramente assorto. Una ragazza ritratta di spalle con gli abiti sgargianti della festa che evidenzia la potenza della femminilità. Una donna che semplicemente cammina, portando sulla schiena un bambino secondo il costume africano. Il momento di riposo di un gruppo di cammelli e dei cammellieri che commerciano sale. Il poetico gesto di due mani infantili: l’una che guida l’altra nell’insegnare a dipingere una tavoletta. Il timido gesto di una ragazza che si copre il volto mostrando le mani ornate dal mehndi, la tipica decorazione benaugurante realizzata con l’henné. E poi il mare, i paesaggi, le saline, gli animali. Sono queste solo alcune delle tante fotografie esposte alla mostra.

L’antinomia suscitata dalla Terra africana

Il rapporto dell’artista con la Terra africana si è evoluto nel tempo. L’iniziale sentimento fu di curiosa attrazione mista al senso di fastidio per la povertà e l’ingiustizia evidente ovunque. Poi nei viaggi successivi ne rimase sempre più coinvolta e sedotta. Progressivamente dietro alla prima immagine di miseria la fotografa ha cominciato a conoscere la vita consueta dei genitori che rimproverano i figli, degli adolescenti che si baciano. Perché l’uomo ha sempre le stesse caratteristiche, al di là dello stato sociale e culturale di appartenenza. Ha quindi imparato a comprendere la vitalità, la cultura e la dignità di questa gente che anche se povera, rivendica orgogliosa l’onorabilità della propria esistenza.

Oltre il caleidoscopio, oltre se stessa

I viaggi nel Continente africano hanno condotto Lidija a un percorso alla scoperta di sé. Partendo dalla sua condizione di bosniaca “giudicata” dal Mondo, che della sua Terra natale conosce solo le dominazioni lungo la storia, la guerra e Tesla, oggi l’artista ha l’intento di rivendicare la dignità di ogni persona. La sua fotografia, nata 4 anni fa, vuole difendere la gente, portare luce a ogni persona.

Guardare questo Continente negli scatti di Lidija è come contemplarla attraverso un caleidoscopio. Tutto è fluido, vivo e colorato nella staticità riarsa della terra. Domina il colore del fango seccato sui corpi e della terra su cui le figure compiono i loro gesti ordinari. L’Africa che vuole raccontare l’artista nella mostra fotografica è quella che va oltre i pregiudizi di un occidente che ne lega l’immagine alla povertà, all’immigrazione e alle guerre.

La straordinarietà della vita, valore assoluto

Le foto presenti all’esposizione mostrano la grande considerazione che l’artista ha dei diversi modi di vivere. Non esistono barriere linguistiche o culturali tra lei e i soggetti delle sue foto. C’è una impercettibile intimità che li lega, nessuna gerarchia. La sua macchina fotografica documenta l’intensa umanità, la forza, la luce, dietro ai volti di uomini e donne considerati da un superficiale senso comune come “altro”. L’artista inquadra l’esistenza come valore assoluto. Fotografa le mani che più di tutto parlano della vita. Ritrae gli anziani che sono come libri di storia. Rappresenta il genere umano dove tutto urla vitalità. Come lei stessa ha affermato: «Il mio obiettivo della fotocamera serve come una lente per ingrandire lo straordinario che si trova nell’ordinario».

 

Veronica Tulli

Foto© Veronica Tulli, Eurocomunicazione

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Appassionata della vita mi sono dedicata negli anni ai temi della crescita personale, della salute e della sostenibilità, donandomi ai miei cinque figli. Giornalista pubblicista, laureata in Giurisprudenza e in Scienze Religiose, non ho mai tralasciato la mia predilezione per la letteratura, l’inglese e lo spagnolo. E scrivo di tutto ciò per chi, preso da mille incombenze, non ci si può dedicare.

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