Parte il negoziato sulla Brexit tra Regno Unito e Ue

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Toni moderati e costruttivi. Ma tante questioni aperte. Soprattutto il risultato elettorale del governo che rende particolarmente debole la posizione del primo ministro May

Comincia con una maratona negoziale di sette ore tra le squadre del Regno Unito e dell’Unione europea, capitanate dal britannico David Davis e dal francese Michel Barnier, la trattativa per l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Sia Davis che Barnier parlano di un “buon inizio”, e citando Winston Churchill il primo, e Jean Monnet il secondo, si dicono “determinati” a raggiungere l’intesa.

Da sinistra Davis (Uk) e Barnier (Ue)

Il governo di Londra, forse perché azzoppato dalle elezioni anticipate, sembra aver digerito la trattativa in due fasi – compiere progressi sufficienti su garanzie per i cittadini, impegni finanziari e frontiere dell’Irlanda (il rispetto dei cosiddetti Accordi del Venerdì Santo del 1998) prima di passare alla seconda fase sulle future relazioni – contro cui si era battuta in un primo tempo. Ma la posizione britannica, annunciata da Davis, è tutt’altro che accondiscendente: la questione della partnership futura fa parte del negoziato e «niente sarà concordato fino a quando tutto sarà concordato», ribadendo anche che la Gran Bretagna «lascerà il mercato unico e l’unione doganale».

Un primo passo avanti potrebbe arrivare già lunedì 26, quando il Regno Unito pubblicherà un documento sulle garanzie per i cittadini che costituirà la base per il negoziato, con Davis che immagina si possa arrivare ad un’intesa sul punto in «tempi ragionevolmente rapidi». Barnier e Davis hanno comunque concordato di fare un incontro negoziale al mese (individuando le prime date del 17 luglio, 28 agosto, 18 settembre e 9 ottobre) usando il tempo tra l’uno e l’altro per elaborare proposte e scambiarle.

Theresa May

In un primo momento ci saranno tre gruppi di lavoro che si occuperanno dei “diritti dei cittadini, conti e altre questioni”, mentre il dossier sulla frontiera irlandese, trattandosi di una questione “più sensibile e complessa”, è stata affidato ai più stretti collaboratori di Barnier e Davis. Su tutta la complessa partita pesa, però, la situazione di indubbia difficoltà politica in cui arranca Theresa May, ancora senza un accordo col Dup. La leader che avrebbe dovuto condurre la trattativa col pugno di ferro, e che invece appare sempre più in bilico dopo la batosta elettorale dello scorso 8 giugno, con le oggettive  difficoltà a formare un governo, la gestione degli attacchi terroristici e l’incendio della Grenfell Tower, che hanno contribuito ad offuscarne la popolarità.

Una fragilità, quella della premier britannica, a cui in molti, nell’Ue, guardano con preoccupazione. Come avverte il capogruppo del Ppe all’Eurocamera Manfred Weber: «Il grosso problema è che non abbiamo idea di cosa vogliono i britannici: sono nel caos». Il timore è che la mancanza di un vero mandato politico della May sulla Brexit possa risultare in una situazione di stallo, che allo scadere dei termini previsti (29 marzo 2019, quando Londra ha inviato a Bruxelles la lettera ufficiale con cui ha attivato l’articolo 50), conduca ad un’uscita non concordata del Paese dal blocco: un’opzione non auspicata dai Ventisette, ma a cui oggi, molto più di dieci giorni fa, si guarda, e a cui ci si prepara. Come testimoniano le parole del capo della vigilanza unica europea (Ssm, Single supervisory mechanism), Danielle Nouy, secondo cui la Bce prepara le banche anche a uno scenario diHard Brexit“.

Fra i tanti nodi quello del “contoche Londra dovrà pagare prima di uscire dal “club Ue”: le stime vanno dai 60 ai 100 miliardi di euro, in virtù degli impegni presi sul bilancio Ue e nelle sue istituzioni finanziarie. E poi, da parte britannica, l’eliminazione di ben 19mila norme europee presenti nella legislazione britannica (Great Repeal Act), dall’agricoltura (Pac, Politica agricola comune) al mercato interno, dalla sicurezza alla libera circolazione, su cui dovrà essere trovata un’intesa nei negoziati tra Ue e Regno Unito in tempo per lo scattare della Brexit il 29 marzo 2019. Senza accordo, infatti, il rischio è che cessino di avere valore legale dall’oggi al domani lasciando il Paese nel caos.

 

Angie Hughes

Foto © European Union, BBC

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Angie Hughes
Scrivere in italiano per me è una prova e una conquista, dopo aver studiato tanti anni la lingua di Dante. Proverò ad ammorbidire il punto di vista della City nei confronti dell'Europa e delle Istituzioni comunitarie, magari proprio sugli argomenti più prossimi al mio mondo, quello delle banche.

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