Villa Riccio al Flaminio festeggia i 100 anni, ma non li dimostra

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Per festeggiare il complesso edilizio della capitale, i residenti hanno pensato alla ricostruzione della sua lunga storia, auspicabile anche una mostra di documenti

Il 21 dicembre del 1919, domenica e giorno più corto dell’anno, nel quartiere Flaminio di Roma, allora aperta campagna, si svolse la posa della prima pietra del complesso destinato ad ospitare i dipendenti delle Poste e dei Telegrafi. Fu il ministro Vincenzo Riccio ad inaugurare il complesso che avrebbe preso il suo nome. Era una fredda mattina con cielo velato, riportano i giornali dell’epoca. Un centinaio gli invitati arrivati chi in carrozza chi a piedi, chi con le rare automobili, raggiunsero, camminando su un tavolato provvisorio, un luogo designato per la cerimonia dove sarebbe stato costruito un monumento dell’alza bandiera.

   La posa della prima pietra da parte del ministro Vincenzo Riccio

Il progetto prevedeva diverse palazzine con ampi spazi verdi interni, piazzette, cortili e giardini. La Grande Guerra era terminata da poco e negli edifici furono costruite cantine, e locali lavatoio dove venivano lavati e bolliti i panni dei soldati feriti e dei portatori di malattie infettive causate dal conflitto. Ritornando al giorno inaugurale, gli invitati presero posto su un palco sorretto con travi di legno e sormontato da un drappo rosso bordato d’oro a simboleggiare i colori comunali di Roma. Il ministro Riccio prese la parola e portò i saluti del governo. Dopo qualche mese sarebbe diventato ministro dei Lavori Pubblici.

La madrina dell’evento fu una famosa attrice dell’epoca Leda Gys (nome d’arte di Giselda Lombardi, una delle dive più amate dal pubblico dell’epoca) allieva e amante di Trilussa che per l’occasione recitò un sonetto del grande poeta dialettale dal titolo La politica. Alla procace attrice fu offerto un mazzo di rose rosse e gli invitati poi si avviarono verso un bancone apparecchiato con pane casareccio, salame, lonza olive, vino bianco dei Castelli Romani e pasticcini. Cominciò a piovere per cui tutti ritornarono a casa.

Negli anni la zona è mutata completamente. La Cooperativa Vincenzo Riccio (oggi Condominio) è strutturata su otto palazzi a sei piani e sedici palazzine a tre piani e il complesso è prospicente il Lungotevere Flaminio. Villa Riccio, ove chi scrive ha vissuto per trenta anni, nel tempo ha seguito il succedersi dei regimi e dei governi. Nel ventennio, proprio nel luogo dove fu posta la prima pietra, i giovani ogni giorno vi si radunavano per assistere all’alza bandiera. Nel periodo fascista assunse il nome di Cooperativa Costanzo Ciano, poi riportato al nome iniziale dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Grazie alla buona gestione sviluppatasi nei decenni, per la sua posizione, per la serie di palazzi contornati dal verde molto curato e per la piacevolezza del vivere, è diventato un posto elegante abitato da attori, intellettuali, produttori cinematografici. Nanni Loy regista è stato qui sino alla sua morte, come l’attrice Tina De Mola moglie di Renato Rascel il comico degli anni 50 e 60, Giorgio Albertazzi che incontrai una volta nella vicina Via Fracassini all’interno di un ambulatorio medico, il compositore Riz Ortolani che sposò la cantante Katyna Ranieri, l’attrice Bianca Toccafondi che negli anni 50 lavorò nella prima Compagnia Stabile di Prosa Radiofonica quando ancora la televisione era di là da venire.

     Paolo Franzini legge poesia di Trilussa

Totò, al secolo Principe De Curtis, amava passeggiare nei viali alberati e confessava «perché qui trovo una grande pace». Ora vi abitano i figli di Maurizio Costanzo, il produttore cinematografico Carlo Degli Esposti, il maestro Luca Velotti che ha fatto di Villa Riccio il suo laboratorio musicale e che fa parte della band del cantautore Paolo Conte, il maestro Gino Lanzillotta, che nel 1993 ha fondato l’Orchestra Roma Sinfonietta nata dalle ceneri dell’orchestra filarmonica della Rai, per citarne solo alcuni.

Per festeggiare l’importante compleanno del primo secolo di vita della Vincenzo Riccio, la  amministratrice del condominio Marta Lettieri, unitamente a un gruppo di condomine tra cui spicca Luciana Ciorba dell’Officina culturale Villa Riccio, Anna Franciosi, hanno rintracciato il nipote del ministro Riccio, l’ambasciatore dr. Giancarlo Riccio già rappresentante dell’Italia presso Malta, invitandolo per la cerimonia che si è svolta sabato 21 dicembre nello stesso luogo ove fu posata la prima pietra cioè l’Alza Bandiera.

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Per l’occasione l’ambasciatore ha donato agli abitanti del complesso una stele in marmo a ricordo. Come in quel fatidico giorno del 1919 erano presenti un centinaio di condomini. Dopo le parole di circostanza del dr. Riccio chi scrive, ha preso la parola ricordando che durante il periodo bellico, quando la mancanza di derrate alimentare attanagliava i romani, si andava a prendere una tegamella di minestra alla POA – Pia opera di assistenza del Vaticano – nei locali a un centinaio di metri da Villa Riccio, ove negli anni 50 era il Cinema Flaminio e ora sorge il Teatro Olimpico, e che il giorno in cui arrivarono gli americani a Roma (5 giugno 1944) si acquartierarono nella pineta accanto allo Stadio Flaminio ove dispensarono al sottoscritto e altri bambini, pezzi di pane bianco e formaggio che non si vedevano da quattro anni. Il condomino Paolo Franzini ha letto lo stesso sonetto di Trilussa che Leda Gys rappresentò quel giorno che così recita:

Nel modo de pensà c’è un gran divario: mì padre è democratico cristiano,e, siccome è impiegato in Vaticano tutte le sere recita er rosario; de tre fratelli, Giggi ch’er più anziano è socialista rivoluzzionario ;io invece so monarchico, ar contrario de Ludovico ch’è repubbricano. Prima de cena liticamo spesso pè via de ‘sti principi benedetti: chi vò qua chi vò là…Pare un congresso! Famo l’ira de Dio! Ma appena mamma ce dice che so cotti li spaghetti semo tutti d’accordo ner programma.

Si deve alla meritevole intuizione della condomina Luciana Ciorba e Anna Franciosi, l’aver risistemato il poderoso archivio storico che era custodito nella cantina dell’amministrazione ed è Luciana Ciorba che ha trovato il documento che sposta la data della prima pietra dal 19 ottobre 1919 ( come riferiscono alcune recensioni),al 21 dicembre dello stesso anno. C’è una lettera del fascio locale che invitava, per la visita di Hitler a Roma (4 maggio 1938), ad addobbare le finestre con bandiere, una pagina del resoconto delle spese del 1935 riporta la notizia che “tutti i soci e le loro mogli hanno offerto le loro fedi alla Patria, quale atto di protesta contro le infami Sanzioni”.

   L’ambasciatore Riccio scopre la targa nel recinto dell’Alza Bandiera

In altra lettera datata 21 agosto 1945 inviata al Commissariato di P.S. Flaminio, il Presidente del complesso Giacomo Naso, denunciava che in alcune abitazioni si “pratica sfacciatamente il meretricio, tanto da sollevare il risentimento delle famiglie che vi abitano, in quanto vengono ammessi nelle rispettive abitazioni soldati alleati”. Sono state anche trovate delle Azioni della Società Cooperativa Vincenzo Riccio del valore nominale di cinquanta lire che alcuni soci acquistarono nel 1921 per finanziare la costruzione degli edifici. Sarebbe auspicabile che questo interessante archivio storico di lettere, fotografie, documenti possa essere reso fruibile a tutti  nella sala riunioni della Cooperativa.

Infine segnalo ai lettori  che abitano a Roma, che sul Lungotevere Flaminio, angolo Via Donatello fa bella mostra di sé una edicola con la Statua della Madonna e facente parte del complesso. Ha una storia che va raccontata. Fu inaugurata l’8 dicembre del 1957 e dicono i giornali dell’epoca che la costruzione fu finanziata dai soci della Cooperativa Villa Riccio. Fu un “giovane fattorino telegrafico facente parte della rappresentanza inviata dalla amministrazione Poste e Telegrafi a far cadere il velo che ricopriva la statua, mentre canti e invocazioni mariane venivano diffuse da quattro altoparlanti e Mons. Luigi Cardini procedeva alla benedizione della statua, unitamente al parroco della Basilica di Santa Croce al Flaminio poco distante”.

   L’edicola della Madoninna a Lungotevere Flaminio angolo via Donatello

Alcuni anziani  condomini ricordano che durante la Seconda Guerra Mondiale la Basilica era attigua alla caserma Montello e a uno spolettificio e che il parroco Don Emilio Recchia (vedere articolo del 22 gennaio 2017) vi ospitò in quel periodo, un numeroso gruppo di ebrei. Secondo documenti storici della RAF (aeronautica militare inglese) il 19 luglio del 1943 quando gli alleati bombardarono Roma nelle zone del Tiburtino, anche il Flaminio doveva subire la stessa sorte. La cosa non avvenne in quanto, si ipotizza, il Vaticano e Pio XII erano venuti a conoscenza di chi si nascondesse nella basilica e l’ambasciatore inglese ne informò gli alleati che rinunciarono al lancio delle bombe in questo quartiere. Questo fatto potrà essere appurato nel 2020 quando saranno aperti gli archivi segreti vaticani, come promesso qualche mese fa da Papa Francesco.

 

Giancarlo Cocco

Foto © Giancarlo Cocco

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Giancarlo Cocco
Laureato in Scienze Sociali ad indirizzo psicologico opera da oltre trenta anni come operatore della comunicazione. Ha iniziato la sua attività giornalistica presso l’area Comunicazione di Telecom Italia monitorando i summit europei, vanta collaborazioni con articoli sul mensile di Esperienza organo dell’associazione Seniores d’Azienda, è inserito nella redazione di News Continuare insieme dei Seniores di Telecom Italia ed è titolare della rubrica “Europa”, collabora con il mensile 50ePiù ed è accreditato per conto di questa rivista presso la Sala stampa Vaticana, l’ufficio stampa del Parlamento europeo e l’ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri. Dal 2010 è corrispondente da Roma del quotidiano on-line delle Marche Picusonline.

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