Mihai Bandac racconta Nichita Stănescu

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2030

A 36 anni dalla scomparsa, il noto pittore ricorda l’entusiasmo, gli affanni, l’anima e l’eredità lasciata dello storico amico e grande poeta

Il 13 dicembre 1983 il mondo della cultura perdeva Nichita Stănescu, poeta e saggista rumeno già insignito del prestigioso premio di poesia Struga – tra gli altri vincitori vanno ricordati, ad esempio, Eugenio Montale e Pablo Neruda – e, dopo il crollo del comunismo, eletto membro permanente dell’Accademia Romena.

In occasione dell’anniversario della sua scomparsa, Eurocomunicazione ha incontrato Mihai Bandac, artista classe 1939 molto apprezzato anche nel panorama (e mercato) internazionale, professore di Arti Visive all’Università di Arte Teatrale e CinematograficaIoan Luca Caragiale” di Bucarest e storico amico di Stănescu.

Dalla morte di un appena cinquantenne Nichita, Bandac è sempre stato presente per la sua famiglia, andando dalla madre Tatiana e la sorella Mariana per commemorarlo. «Abbiamo parlato molto di lui, rievocandolo con dolore ma mai in modo patetico». Il primo Natale senza Stănescu è stato particolare, Bandac ha portato l’albero già addobato. Dopo il ricordo commosso, hanno ascoltato dei canti natalizi degli studenti di Mariana, hanno acceso una candela. Più tardi, la serata ha continuato nel laboratorio d’arte del professore, sempre con gli studenti. Una volta ricreata una maggiore riservatezza, «abbiamo riascoltato le registrazioni delle improvvisazioni di testi di Nichita con il musicista Dumitru Fărcaş, La guardia della foresta e molti altri».

L’amicizia tra i due artisti non è mai stata ordinaria. «Era, come si dice, una relazione in senso unico da parte sua al mio laboratorio e, naturalmente, la mia persona». Nichita ha dedicato tante poesie al pittore.

Si incontrano nel 1970, in casa della poetessa Vara Lungu e, dopo il trasloco di Stănescu con la compagna Gabriela Melinescu, diventano praticamente vicini di casa. «Veniva spesso al mio laboratorio e, anche senza preavviso, agli incontri culturali che tenevo lì. È sempre stato accolto calorosamente da tutti gli ospiti». Tra gli intellettuali che frequentavano Bandac ci sono gli scrittori Gheorghe Pituţ, Daniel Turcea, Grigore Arbore, Stefan Stoian, Marin Tarangul, Fănuş Neagu, Ion Drăgănoiu e Nicolae Adam.

Separatosi dalla Melinescu, Stănescu inizia a dormire dove capita, quando va bene dagli amici, sennò all’addiaccio. Finché il collega Constantin Piliuță ottiene dal comune un piccolo appartamento dove far sistemare Nichita. L’attore Ovidiu Schumacher gli rimedia il letto, mentre Bandac si è occupato di una raccolta anonima all’università per gli utensili.

Ma per Stănescu iniziano anche le frequentazioni mondane, lontane dal suo vecchio mondo, che il pittore non approvava perche basate non sull’ammirazione, ma sull’interesse e «derisorie dell’ordinario, che non hanno esitato, dopo la sua scomparsa, a buttare fango sull’aspetto fisico e il suo eccezionale essere nobile e di valore universale».

Per questo, quando si parla di Nichita, è bene discernere le dichiarazioni. Come ha ripetuto più volte Bandac, «non ascoltare più nessuno che parli della vita e della morte del grande spirito e poeta, si deve solo considerare solo ciò che ha comunicato la sua famiglia, la signora Tatiana e Mariana…e ovviamente ascoltare Stănescu stesso».

Uno dei momenti più dolorosi della vita di Stănescu, raccontati da Mariana a Bandac e alla confidente Magda Carianopol, avviene quando un famoso scrittore, vicepresidente dell’Unione di categoria, impedisce l’incontro tra Nichita e una delegazione dell’Accademia svedese responsabile dell’assegnazione del premio Nobel, a cui Stănescu è candidato. È il marzo 1980.

Un anno dopo un attore suo ammiratore lo convince a farsi lasciare per sei mesi la casa di via Căderea Bastiliei assegnatagli dal sindaco Gheorghe Pană su ordine di Nicolae Ceauşescu, per la quale Bandac ha dovuto “offrire” diversi dipinti a quelli della rispettiva rete ICRAL, attraverso l’attivista Petre Șteț, una corruzione che lui definisce di stile mafioso.

Sempre nel 1981, in estate, viene ricoverato nel reparto urologia dell’ospedale Fundeni per delle emorragie provocate da problemi al fegato. Grazie all’intervento del professore, viene preso in carico dal suo collezionista – il famoso chirurgo Gheorghe Călin, un collega del ministro della Salute Eugen Proca, il creatore della Scuola di Urologia in Romania. Le analisi del sangue erano positive. Nell’autunno viene ricoverato nuovamente e Bandac, grande amico, lo visita in modo permanente e porta con la sua famosa Fiat 124 molti scrittori, ammiratori e soprattutto la sua cara sorella, Mariana.

I problemi di salute peggiorano però nel 1983. L’8 dicembre Stănescu chiama Bandac e gli confida che è molto debole e il raffreddore gli dà i brividi. Ma deve comunque andare a Turnu Severin, il critico Alexandru Condeescu lo ha convinto a partecipare al suo matrimonio nel villaggio, in modo che il cospicuo regalo di nozze possa spingere gli invitati ad essere altrettanto generosi. Nichita sente che sta facendo una sciocchezza, «di cui ci dispiaceremo tutti», le condizioni mediche non gli consentirebbero viaggi in treni non riscaldati. Il pittore lo disapprova in modo molto sottile ad andare, ma lui non se ne accorge, spera che l’amico andrà a casa sua a fermarlo.

«Lo hanno trascinato a forza», ricorda Bandac, «hanno anche ignorato la sua richiesta di farlo tornare a Bucarest per essere ricoverato o almeno accudito dalla sorella. Lo hanno fatto ripartire solo il 12 dicembre». Dopo un agonizzante viaggio di ritorno «finalmente raggiunge l’ospedale di emergenza Floreasca. C’è persino un dottore che», nonostante la situazione, «ne approfitta per leggergli le sue mediocre poesie». La notte Nichita rilascia le sue ultime parole, «”dottore sa cosa vedo ora? Verde freddo, verde freddo”… e chiude gli occhi». Nel 1984 Condeescu chiede a Bandac un supporto per la pubblicazione di un libro su Stănescu. «Gli ho chiesto, nel modo più rituale, di non menzionarmi in quel libro».

«Non penso che debba essere tracciata una relazione causale tra le condizioni concrete dell’esistenza di Nichita Stănescu e il valore della sua opera», prosegue Bandac. «La povertà, la mancanza di elementari condizioni di vita diminuiscono la forza fisica e intellettuale della creatività». Lui veniva da una famiglia che si può definire borghese pur senza grandi possibilità materiali e i suoi desideri sono sempre stati indirizzati all’istruzione e alla cultura, come conferma anche la famiglia. «A loro volta questi scopi nobili hanno costituito il supporto a una creatività autentica e universalmente valida».

Ma vale la pena ricordare soprattutto i «momenti da sogno, di sollevamento dell’anima e di volo libero nella stratosfera, come forse solo ai tempi del poeta del XIX secolo Mihai Eminescu». Sulla richiesta del rettore dell’Università di Teatro e Cinema nonché attore e insegnante Octavian Cotescu, Bandac portava Nichita a frequentare le ore di regia e recitazione. Sfortunatamente la pellicola dell’attività è andata persa e «quei momenti unici, irregolari e imprecisi, si estingueranno con il passare dei decenni», afferma con rammarico l’artista.

Nel 1980 Stănescu dimostra la straordinaria popolarità quando è ospite della mostra di Cluj e attira migliaia di persone tra il pubblico. Tanto che il professor Negucioiu il giorno prima dell’evento, prevedendo il grande afflusso di gente, è costretto a fare installare degli altoparlanti all’esterno della Sala delle Esposizioni.

In generale i momenti migliori ricordati da Bandac «sono gli scritti e le narrazioni che rimarranno per sempre nella mia anima e in quelle degli altri», ma anche gli incontri nel laboratorio, a intonare canti popolari delle zone Ardeal, Oltenia, Banat, insieme a poeti e musicisti come Dumitru Fărcaș, Lucreța Ciobanu, Ioan Bocșa, Angela Bucium, Gheorghe Turda, Viorica Flinașu, Florica Ungur, Mariana Drăghicescu. «Poesia, musica, gioia, eccitazione fino all’alba», a banchettare con salsicce, sottaceti e ovviamente l’acquavite di pugne forte.

Diverse storie circolavano anche oltre i confini rumeni. «Negli anni ’70 le giornate trascorse in Italia, a Venezia e Roma, erano leggendarie. Stănescu, accompagnato da Fănuș Neagu e Constantin Chiriță, aveva un entusiasmo raffinato e contagioso, specie quando si trovava davanti al Colosseo, ai dipinti delle tombe etrusche, alla grandezza e alla distinzione di Roma». O ancora i «momenti di euforia e densità spirituale degli incontri al London International Poetry Festival. Resta memorabile una sua risposta alla domanda del giornalista di un prestigioso quotidiano: “dove ti piacerebbe vivere se nascessi di nuovo e potessi scegliere, nel sistema socialista o capitalista?”. “Sicuramente nel terzo!”, replicava Nichita con un sorriso molto significativo».

Restano i dubbi su dove sarebbero potuti arrivare il suo ricordo e la sua reputazione, qualora Stănescu fosse rimasto ancora in vita, fino alla vecchiaia. Quale riconoscimenti avrebbe ottenuto.

Ciò che è certa è la dedica del Festival Internazionale di Ploiești, che si tiene annualmente dal 29 al 31 marzo, giorno del suo compleanno. «È una rassegna con un obiettivo ben consolidato, portato avanti con abilità, eleganza e successo. I contenuti di tutti i partecipanti, opere locali e traduzioni estere, diventano esse stesse validi e autentici documenti per l’approfondimento del suo lavoro e la conoscenza di un’anima bella e assetata».

E poi c’è un lavoro costante, «molte esegesi, più riservate o entusiaste, hanno affrontato il tema, con ottimismo culturale e soprattutto senza pregiudizi. Letterati come Eugen Simion, Nicolae Băciuț, Adam Puslovici, Mircea Coloșenco e altri sono in prima linea per la verità e la valorizzazione dell’opera di Nichita Stănescu. Le nuove generazioni di poeti avranno sempre bisogno di una poesia del genere come visione dei sentimenti».

Raisa Ambros

Foto © Mihai Bandac

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Raisa Ambros
Giornalista pubblicista specializzata in geopolitica, migrazioni, intercultura e politiche sociali. Vive tra l’Italia e l’Inghilterra. Sceneggiatrice, autrice televisiva e conduttrice di programmi TV con un’esperienza decennale in televisione, Raisa è stata parte del team di docenti nel corso di giornalismo “Infomigranti” a Piuculture, il settimanale dove ha pubblicato e svolto volontariato di traduzione. Parla cinque lingue e viene spesso invitata nelle conferenze come relatrice sulle politiche di integrazione.

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