Dalla sussidiarietà al decentramento: tendenze federalistiche nelle Istituzioni Statali Europee

0
946

Tra le esperienze degli ordinamenti statuali di fine novecento, con riferimento alla stabilizzazione del tipo di Stato ovvero dei mutevoli rapporti tra istituzioni centrali e istituzioni periferiche interni ai singoli Stati membri, il federalismo rappresenta uno dei più diffusi leit Motiv istituzionali.

Durante questo periodo si sono, infatti, registrate forti spinte autonomistiche, tanto all’interno di Stati di forte tradizione centralistica quanto all’interno di Stati che già erano decentralizzati.

Tra i primi, la Spagna (dove la provincia basca e la Catalogna hanno acquisito un’autonomia forte e differenziata), la Gran Bretagna (dove la Scozia ha acquisito una ancora più netta conformazione statuale autonoma) e perfino la Francia (Bretagna e Corsica). In questi Stati tali spinte hanno determinato il passaggio da un tipo di Stato unitario centralizzato a un tipo di Stato unitario regionale o federale. Tra i secondi, Stati federali come Cecoslovacchia (scissasi pacificamente nel 1993 in Repubblica Ceca e Slovacchia) e Jugoslavia (frantumatasi nel 2003 in Serbia e Montenegro e dopo una sanguinosa guerra civile, di matrice anche religiosa, che avevano portato alla separazione della Slovenia, Croazia, Macedonia e Bosnia-Erzegovina). Anche l’unità belga ha subito forti scossoni nei primi anni ’90 a causa della contrapposizione tra la comunità fiamminga e quella del vallone.

Nella sua accezione più sensibile agli impulsi internazionali, il federalismo s’identifica con l’esigenza di un riassetto istituzionale rispondente al modello europeo, che trova il suo caposaldo nel principio di sussidiarietà, istituzionalizzato dall’art. 3 B, secondo comma, del Trattato di Maastricht. In base a tale principio, è legittimato l’intervento (appunto, sussidiario) dell’Unione Europea nell’ambito degli ordinamenti nazionali anche in settori di competenza non esclusivamente comunitaria, qualora l’azione degli Stati membri si riveli “insufficiente” e dunque inadeguata a realizzare gli obiettivi prefissati dal Trattato.

Il parametro della sovranità statale intesa come espressione di un superiorem non recognoscens ed esaltato dalla cultura giuridica di fine ottocento e della prima metà del novecento come dogma, risulta ormai inutilizzabile nel mondo delle istituzioni moderne, un mondo talmente globalizzato e interrelato da rendere priva di significato la pretesa statuale di escludere altri soggetti dal territorio nell’esercizio della propria potestà di governo.

Il processo federalista passa, in Italia, attraverso la legge n. 42 del 5 maggio 2009, attuativa dell’articolo 119 della Costituzione così come modificato dalla grande riforma del 2001.

Il nuovo articolo 119 attribuisce, al primo comma, “autonomia finanziaria di entrata e di spesa” agli enti territoriali, e poi passa in rassegna, nei commi successivi, le singole voci tributarie destinate a costituire il gettito delle future “autonomie fiscali-federali”. Esse sono, nell’ordine: i tributi e le entrate proprie, stabiliti e applicati dagli stessi enti; le compartecipazioni al gettito di tributi erariali; le quote del fondo perequativo (destinate ai territori con minore capacità fiscale per abitante); risorse aggiuntive ed interventi speciali destinati. E’ ammesso infine il ricorso all’indebitamento, ma alle seguenti condizioni: che sia destinato a spese d’investimento e con esclusione di ogni garanzia dello Stato sui prestiti.

La legge attuativa dell’articolo 119 affronta dunque le problematiche del federalismo fiscale in un’ottica essenzialmente finanziaria, ma con inevitabili (e pressoché necessari) effetti evolutivi anche sul piano dell’organizzazione istituzionale.

Le disposizioni che fissano i criteri cui si devono attenere i decreti legislativi che dovranno essere adottati dal Governo, riguardano, infatti, i contenuti e le regole del coordinamento finanziario (capo I), i rapporti finanziari tra Stato e Regioni (capo II), le nuove regole della finanza degli enti locali e delle Città metropolitane (capi III e IV), il coordinamento dei diversi livelli di governo (capo VI) ed infine il patrimonio di Regioni ed enti locali (capo VII).

Occorre tuttavia osservare che l’immediata attuazione del federalismo fiscale realizza un passo determinante (e probabilmente senza ritorno) nel processo di completamento dello “Stato delle autonomie” o federale. Invero, una volta che siano stati fatti confluire nei diversi livelli di governo territoriale il potere di prelievo fiscale e tutte le risorse economiche occorrenti per lo svolgimento delle attribuzioni di competenza di tali livelli, il quadro costituzionale assumerà, necessariamente e di conseguenza, una connotazione stabilizzata, non solo in termini economico-contabili ma anche in termini istituzionali.

In altre parole, si presume che la distribuzione delle risorse porti ad una drastica stabilizzazione dell’assetto delle competenze.

Il legislatore italiano del 2009 ha predisposto una vasta gamma di principi e criteri direttivi generali (ben 48, elencati nelle 32 lettere del secondo comma dell’art. 2 della legge), cui dovranno conformarsi i successivi decreti legislativi attuativi della legge delega.

Due tra questi appaiono come i meccanismi centrali e fondamentali: standardizzazione e perequazione, i quali nella legge sono appositamente concepiti per ottenere i risultati della trasparenza e sufficienza nella distribuzione delle risorse, senza però mettere a rischio la produzione e fornitura dei livelli essenziali delle prestazioni da parte dei diversi livelli di governo.

La standardizzazione, ovvero il criterio dell’individuazione dei costi e fabbisogni standard mira a determinare preliminarmente il costo minimo uniforme d’esercizio della funzione, rendendolo equiparabile in ciascun livello di governo. Il costo standard è determinato fissando il livello sufficiente ad assicurare il finanziamento totale della spesa corrispondente all’esercizio di quella funzione, almeno in una Regione o in un ente territoriale: ove il gettito sia insufficiente negli altri livelli di governo, si farà ricorso al contributo perequativo.

L’obiettivo di simili forme di finanziamento è quello di assicurare una copertura finanziaria integrale, e quindi, una sostanziale uniformità, nelle materie di cui alla lett. m) dell’art. 117, 2 Cost., cioè “i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.

La perequazione s’inserisce come meccanismo di finanziamento ulteriore, ove i livelli territoriali non riescano a coprire i fabbisogni standard con le risorse proprie. Questo meccanismo, previsto precisamente dal terzo comma dell’art. 119 Cost. e dall’art. 9 della legge n. 42/2009, persegue l’obiettivo di “ridurre adeguatamente le differenze tra i territori con diverse capacità fiscali per abitante senza alternarne l’ordine e senza impedirne la modifica nel tempo conseguente all’evoluzione del quadro economico-territoriale”.

Un altro punto d’interesse che si rinviene nella legge n. 42/2009 riguarda i meccanismi di monitoraggio del modo di utilizzo delle risorse finanziarie assegnate alle Regioni riceventi dal fondo perequativo. Tra le soluzioni indicate sulla base di un esame comparativo con altri Stati europei è ricompreso il Finanzplanugnsrat tedesco, un organismo trasversale che coordina le finanze della Federazione centrale con i Länder e i comuni, a conferma della continuità del ruolo della funzione pubblica nella gestione a regime del federalismo fiscale.

Francesco Agostino

 

Foto © European Community, 2010

Articolo precedenteI dolci contrasti del Portogallo
Articolo successivoGiovane, vecchia, Repubblica Ceca
Francesca Agostino
Esperto tecnico-legislativo, con pregressa e pluriennale esperienza maturata in ambito parlamentare a supporto dell’attività legislativa di commissioni e gruppi parlamentari di Camera e Senato. Esperienze pregresse in ambito legale maturate presso l’ufficio giuridico dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e la Direzione Affari legali di ENI SpA. Doppia laurea (Scienze Politiche e Giurisprudenza), collabora con enti territoriali a processi di innovazione turistica del Sud Italia. Critico d'arte e letterario, ha ideato e diretto per 6 anni il festival letterario "San Giorgio. Una rosa, un libro". Fondatrice di "Network Mediterraneo", comitato promotore della candidatura del Tramonto sullo Stromboli come patrimonio dell'Umanità, che ha raccolto l'adesione di 18 comuni calabresi e del Consiglio Regionale della Calabria.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui